Dopo aver dimostrato le presunte lacune nella manutenzione, nella valutazione del rischio crollo e nella progettazione da parte di Autostrade, a pagina 86 della relazione, la commissione accusa la concessionaria di aver nascosto gli aspetti critici del ponte. Un'applicazione corretta delle norme, scrivono i commissari di Toninelli, presuppone che «la commissione relatrice del comitato tecnico amministrativo (organo presieduto dal provveditore alle opere pubbliche del ministero, ndr) apprezzi la particolare rilevanza e complessità del progetto e le segnali al provveditore, come di fatto non è avvenuto nel caso in ispecie a cagione delle parti celate negli elaborati di progetto (relazioni di calcolo, processo di verifica e dati di monitoraggio)».
LE ACCUSE DEL MINISTERO
Sostenere che il progettista abbia celato, cioè nascosto, documenti o dettagli obbligatori per legge significa attribuirgli un reato. «Peraltro», aggiunge la relazione firmata dall'ex funzionario dei servizi segreti Alfredo Principio Mortellaro, oggi membro del Consiglio superiore dei Lavori pubblici, dal suo collega Gianluca Ievolella, dal consigliere della Corte dei conti, Francesco Lombardo, e dai professori di Tecnica delle costruzioni delle Università di Roma Tre e Chieti-Pescara, Camillo Nuti e Ivo Vanzi, «il mancato apprezzamento degli elementi di cui sopra e in particolare delle criticità contenute negli elaborati di progetto non espressamente evidenziate, non ha consentito al Provveditorato di Genova di segnalare alla Direzione generale per la vigilanza sulle concessionarie autostradali la necessità di disporre affinché la società concessionaria esercitasse i poteri limitativi e/o interdittivi del traffico sul viadotto».
E ancora: «Per quanto riguarda le funzioni consultive svolte dal comitato tecnico amministrativo del Provveditorato emerge, nel caso concreto, che esse non si sono potute espletare in modo compiuto a causa della omissione della segnalazione delle criticità non riportate con la dovuta evidenza negli elaborati progettuali presentati da Autostrade per l'Italia. Questa mancata valutazione ha comportato l'espressione di un parere contenuto in considerazioni fuorviate e fuorvianti, mentre invece il progetto, presentato come semplice retrofitting, ad un'attenta analisi del suo reale contenuto avrebbe potuto essere, come tale, restituito per elaborazione e completamento».
LA SMENTITA DEI DOCUMENTI
Sono dichiarazioni, quelle esposte nell'atto ispettivo avviato dal ministro Toninelli, che sembrano anticipare la difesa degli indagati piuttosto che accertare il perché il ministero non abbia vigilato e abbia approvato ciecamente l'impostazione della società concessionaria. Ma è andata davvero come scrivono?

Dalle carte che L'Espresso ha potuto visionare, sia la relazione di calcolo sugli stralli sia quella sulle travi del viadotto sono state regolarmente consegnate alla Direzione ministeriale per la vigilanza che le ha poi trasmesse al Provveditorato per la valutazione. Sono gli elaborati "Str001" e "Str002". I due documenti obbligatori del progetto erano sicuramente a disposizione dei funzionari e dei tecnici ora indagati: il capo della Direzione vigilanza, Vincenzo Cinelli, il provveditore Roberto Ferrazza, gli ingegneri del ministero Salvatore Buonaccorso e Giuseppe Sisca e gli esperti esterni, Mario Servetto e Antonio Brencich, professore del dipartimento di Ingegneria dell'Università di Genova.
Le due importanti relazioni di calcolo risultano infatti al punto 5 “Elenco degli elaborati costituenti il progetto”, trascritto nel verbale della famosa riunione del comitato tecnico del Provveditorato che il primo febbraio 2018 approva l'intervento di Autostrade per l'Italia. Verbale che termina con questo giudizio generale: «Complessivamente il progetto esecutivo esaminato appare ben redatto e completo in ogni dettaglio. Lo stesso risulta studiato in modo metodologicamente ineccepibile non solo alla luce delle verifiche delle strutture esistenti, degli effetti di degrado constatati, dei rinforzi, ma anche tenendo in considerazione la grande mole dei dati di monitoraggio e controllo raccolti via via negli anni precedenti». Firmato: Ferrazza, Buonaccorso, Sisca, Servetto e Brencich. Una valutazione smentita dal crollo del 14 agosto e dai 43 morti, uomini donne e bambini caduti nel vuoto o schiacciati dai pilastri di calcestruzzo.
LA PROCURA A CACCIA DI DATI
Il monitoraggio è un altro aspetto che la Procura sta cercando di approfondire. Il 25 ottobre 2017 il Politecnico di Milano consegna ad Autostrade lo studio più aggiornato, in termini di tempo e di tecnologie impiegate, sulle risposte del ponte Morandi ai carichi. L'indagine è firmata dal professor Carmelo Gentile, coautore nel 2000 con il collega di Università Pier Giorgio Malerba, oggi consulente della Procura di Genova nell'inchiesta sul disastro, e con il loro maestro Francesco Martinez, del manuale di progettazione e manutenzione “Ponti e viadotti: concezione, progetto, analisi, gestione”. Gentile scopre che tutti e quattro gli stralli del pilone numero 10, i tiranti di acciaio e calcestruzzo che sostengono il piano autostradale, vibrano localmente alle sollecitazioni meccaniche con una frequenza uniforme di circa 1,5 hertz. Un hertz equivale a un impulso al secondo. Ma i due stralli lato Sud della pila 9, ora crollata, replicano con frequenze più alte: rispettivamente 1,831 e 1,904 hertz. Sul lato Nord della pila 9, invece, l'indagine sui modi di vibrare degli stralli non riesce a isolare nessuna frequenza locale.
Un musicista sa che due chitarre costruite con corde e materiali pressoché identici devono suonare le stesse note. A Genova però due sistemi bilanciati uguali nella struttura e nella forma suonano “note” differenti: come per gli strumenti a corda, a frequenze più alte corrisponde uno sforzo maggiore dei due stralli del pilone 9, cioè una tensione maggiore dei tiranti fatti di calcestruzzo e cavi di acciaio. La differenza di frequenza con la pila 10 è enorme: in percentuale è una variazione del 27 per cento. Poiché i piani autostradali dei due sistemi bilanciati hanno lo stesso peso, è molto probabile che fino al 14 agosto la diversità di comportamento tra le due strutture sia nascosta proprio negli stralli: un maggiore sforzo della pila 9 poi crollata, causato dalla rottura o dalla riduzione per corrosione dei cavi interni, oppure dovuto alla mancata iniezione di cemento, o a tutte e due le condizioni.
LA MUSICA NASCOSTA
La spiegazione a questo punto potrebbe essere ciò che i commissari del ministero scrivono a pagina 34 della loro relazione consegnata a Toninelli il 14 settembre. È una frase ripresa dal risultato delle indagini diagnostiche eseguite nel biennio 1991-92, quando viene poi ristrutturata soltanto la pila 11: «Dall'analisi visiva dello stato degli stralli delle pile 9 e 10, è apparso che la maggior parte delle guaine indagate non erano iniettate, i trefoli mostravano estese corrosioni e alcuni cavi presentavano trefoli laschi».
Ogni struttura risponde infatti alle sollecitazioni meccaniche con una propria “musica” che dipende sia dai materiali di costruzione, sia da forma e dimensioni. Se cambiano le frequenze della musica, significa che anche il ponte che le origina è mutato al suo interno. Ma nemmeno il Politecnico di Milano considera allarmistico un ventisette per cento di differenza. Nessuno pensa che quelle frequenze tanto diverse siano dovute a un proporzionale deterioramento strutturale che sta provocando uno sforzo maggiore proprio nel pilone numero 9. E, senza la condivisione di informazioni essenziali sulla corrosione interna che secondo Gentile società Autostrade non gli ha mai fornito, l'indagine di uno dei più quotati dipartimenti di Ingegneria europei termina con il semplice invito a eseguire nuovi “approfondimenti teorico-sperimentali”. Nel frattempo il ponte è crollato.