«La camorra sversava i rifiuti a Malagrotta». Il pentito attacca Cerroni
Il Supremo è stato indagato dalla Procura di Roma anche per 'concorso esterno in associazione camorristica', ma il filone è stato archiviato. Il collaboratore di giustizia Vassallo all'Espresso: «Nel Lazio i criminali avevano rapporti con il ras della discarica romana
All'inizio dell'anno ha preso carta e penna e ha scritto al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Si è rivolto al Capo dello Stato con queste parole: “Ho seguito il suo discorso di fine anno come faccio fin dal primo intervento radiofonico del Presidente Einaudi nel 1949”. L'oggetto della missiva era l'emergenza rifiuti a Roma. Il mittente è l'avvocato Manlio Cerroni, proprietario della discarica di Malagrotta e a capo di una holding del settore, che per risolvere le crisi frequenti nella raccolta del pattume della capitale ha proposto l'utilizzo di due impianti di proprietà uno a Guidonia e uno a Roma. Soluzioni per evitare 'il disdoro' in cui versa la città e in attesa che chi “oggi governa – scrive l'avvocato - trovi ed attui quelle soluzioni prospettate che al momento sono solo proclami e parole”. E su questo l'avvocato non ha per niente torto, al momento in regione Lazio sono arrivati due proposte di impianto da parte del comune, con tempi lunghi e alcune criticità. La raccolta differenziata è ferma al 44 per cento, aumentata di appena un punto e mezzo nel 2017, ma la sindaca di Roma Virginia Raggi promette che entro il 2021 si arriverà al 70 per cento. Mentre la giunta promette, Manlio Cerroni si propone come salvatore della Patria firmando missive dirette al Capo dello Stato.
L'indagine per camorra Quello che non c'è scritto nella lettera e che l'Espresso può rilevare è che la Procura di Roma ha indagato l'anziano avvocato Manlio Cerroni per concorso esterno in associazione camorristica. Un procedimento, per il quale la Procura ha chiesto, lo scorso anno, e ottenuto, l'archiviazione, ma che racconta rapporti e relazioni commerciali della holding di Cerroni.
Nell'indagine vengono riportate le dichiarazioni dell'ex pentito Nunzio Perrella, ascoltato dal pubblico ministero Alberto Galanti, nel 2014, e gli atti della relazione, datata 2000, della commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti.
L'ex collaboratore Perrella, primo camorrista a pentirsi nel 1992, aveva già raccontato al cronista in passato che al centro del sistema rifiuti c’era Manlio Cerroni, uno dei capi del grande affare, uno dei signori della ‘monnezza’. Perrella ricorda che la sua azienda smaltiva rifiuti a Pianura, quartiere napoletano, nella discarica di proprietà dei Di Francia e dei La Marca, ma anche a Roma. In particolare ha ricordato che i La Marca gli dissero di andare scaricare a Malagrotta, discarica di Cerroni, così risparmiava sulla benzina. Le aziende dei La Marca hanno gestito la discarica di Pianura, a Napoli, un vero disastro ambientale. Nel procedimento viene richiamata anche la relazione della commissione parlamentare di inchiesta del 2000 nella quale venivano ricostruiti rapporti e cointeressenze societarie dove emergeva anche la galassia Cerroni.
Gli incontri con Chianese, il re dell'ecomafia Perrella ha confermato di aver scaricato rifiuti urbani, ma anche fanghi nella discarica di Cerroni. L'anziano avvocato ha chiarito che in quegli anni, fine anni ottanta e inizio novanta, un comparto della discarica di Malagrotta era autorizzata, dal 1984, a ricevere anche rifiuti tossico-nocivi.
L'Espresso ha sentito al telefono anche il collaboratore di giustizia Gaetano Vassallo, il ministro dei rifiuti del clan dei Casalesi, non ascoltato dalla Procura di Roma, che ha confermato il racconto di Perrella e aggiunto altri particolari, completamente inediti. “Nel Lazio c'erano amici miei che tenevano le discariche come Antonio Nocera, a Guidonia, quest'ultimo portava i rifiuti ospedalieri nella mia discarica. A Roma, invece, l'avvocato Cipriano Chianese era in rapporti con il Cavaliere, il cavaliere è Manlio Cerroni, l'avvocato”. Vassallo spiega che il punto di contatto tra Cerroni e Chianese erano i La Marca e continua: “Io mi sono incontrato con l'avvocato Manlio Cerroni e Cipriano Chianese a Roma in un hotel ristorante all'Eur. Erano gli inizi degli anni novanta. Se avevamo difficoltà scaricavamo anche nel Lazio. Se Chianese aveva difficoltà scaricava a Malagrotta. Cerroni conosceva Chianese, sapeva che noi eravamo imprenditori”. Chianese, poi è stato arrestato e condannato a 20 in primo grado, considerato l'inventore dell'ecomafia in Campania.
La Procura di Roma: condannate Cerroni “un passo dall'associazione mafiosa” Manlio Cerroni, che ha incassato l'archiviazione, ha sempre spiegato che lui non ha mai avuto rapporti con imprenditori in odore di camorra e sempre agito correttamente rispettando le norme per il bene della città. Archiviato il procedimento penale, da un punto di vista amministrativo le sue aziende hanno ricevuto una interdittiva antimafia, confermata dal Consiglio di Stato, e per questo gli impianti sono gestiti da un commissario.
Cerroni, però, scansato questo guaio giudiziario, deve affrontare ben tre processi. Quello principale, per associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti e alla truffa, è ormai agli sgoccioli, dopo la requisitoria del pubblico ministero Alberto Galanti. Una requisitoria durissima che ha denunciato il monopolio, in regione Lazio, di Cerroni che vedeva la politica asservita all'impero dell'avvocato e pezzi di pubblica amministrazione prostrati ai piedi dell'imprenditore. Una rete rimasta in sella per decenni attraverso meccanismi illeciti messi sotto accusa dalla Procura che ha chiesto 6 anni di carcere per Cerroni, considerato a capo dell'associazione a delinquere. Nella requisitoria viene evidenziato che quando le scelte non erano gradite a Cerroni partiva la “Rappresaglia nei confronti delle amministrazioni pubbliche e in una intercettazione Cerroni disse 'Io sono come il Po che ha dato da mangiare a tante persone, ma quando si arrabbia fa il Polesine(evocando l'alluvione, ndr)'”.
Ma quando ha chiuso la requisitoria il pm Galanti ha fatto proprio riferimento all'associazione di stampo mafioso con queste parole: “Quello che abbiamo ricostruito sta con un piede e mezzo nel 416 bis (l'associazione di stampo mafioso, ndr). Abbiamo il controllo totale di un settore di attività economica, abbiamo il totale condizionamento delle istituzioni deputate al controllo e alla gestione, abbiamo un'omertà assoluta. Tutto questo finalizzato a mantenere il controllo assoluto. Chi devia è fuori”. Altre indagini sono state aperte anche sul polo aziendale di Guidonia riconducibile a Cerroni il quale si difende e toccherà nelle prossime udienze proprio agli avvocati degli accusati spiegare le ragioni dell'innocenza dei propri assistiti.
Intanto gli impianti dell'anziano avvocato, nonostante tutto, continuano ad evitare alla Capitale di finire sotto un tappeto di rifiuti. La spazzatura di Roma non finisce solo nei Tmb dell'avvocato, ma anche in altri impianti della sua holding. Un viaggio continuo lungo l'Italia che arricchisce gli imprenditori e impoverisce i romani che pagano la tassa sul pattume tra le più alte di Italia. E Cerroni resta ancora il Supremo.