Inchiesta
Gomorra nera: fascisti, camorra e mafia Capitale
Rapporti con i clan e Massimo Carminati, droga, corruzione. Per i camerati romani l’ideologia è una copertura. Utile agli affari. Legali e no
Dio, patria, famiglia. E affari. Business sporchi, camuffati da attività legali. Denaro che arricchisce i neofascisti romani e i loro complici. Una rete di aziende che porta lontano. Dal capo romano di Forza Nuova, il partito dell’estrema destra fondato da Roberto Fiore, si arriva fino al cerchio più stretto di Massimo Carminati, il “Cecato” ex Nar a capo di mafia Capitale, e ai fiancheggiatori della camorra capitolina. Un mosaico di storie apparentemente diverse, ma che in realtà hanno più di un punto di contatto. Duce, soldi e crimine, un intreccio che parte dalle curve e cresce nei quartieri popolari. Una miscela che ha penetrato il tessuto economico della città. Svastiche e malavita organizzata, un binomio in parte raccontato sull’Espresso della settimana scorsa, e che in questa seconda puntata si arricchisce di nuovi scenari criminali. L’ideologia e la politica c’entrano poco. Dietro agli slogan razzisti, alle ronde notturne, al “Prima gli italiani”, al grido di “Roma ai romani”, c’è in realtà una convergenza di interessi che ha a che fare molto più con il denaro che con l’ideale. Volti e nomi che ritornano nella cronaca giudiziaria passata e recente di Roma e del Paese. Droga, rapine, truffe, corruzione, riciclaggio e conti svizzeri anonimi nel quale versare i quattrini sporchi della banda nera.
La trama di questo romanzo criminale inizia nel maggio 2016. E sulla scena da protagonista troviamo Giuliano Castellino, il leader romano del partito neofascista Forza Nuova denunciato per l’aggressione ai giornalisti dell’Espresso il 7 gennaio scorso al cimitero del Verano, dove un manipolo di neofascisti di Forza Nuova insieme alla nuova Avanguardia Nazionale di Stefano Delle Chiaie (risorta sulle ceneri del movimento sciolto per decreto nel ’76 con la legge Scelba) si erano dati appuntamento per commemorare le vittime della strage impunita di Acca Larentia. Castellino è stato denunciato per l’aggressione e perché ha violato la sorveglianza speciale, che gli proibisce, tra le altre cose, di partecipare a manifestazioni pubbliche. Non pago, nonostante la sorveglianza speciale, sabato 12 gennaio - a cinque giorni dai fatti del Verano - era, insieme a Roberto Fiore, in testa al corteo che ha attraversato le strade della Magliana.
Giuliano Castellino di Forza Nuova
Castellino ha sposato la causa forzanovista dopo aver partecipato e fondato vari gruppi dell’estremismo nero. È amico di noti camerati quali Maurizio Boccacci, tra i capi del disciolto Movimento politico occidentale, e di “Marione” Corsi, l’ex Nar intimo di Massimo Carminati. Il leader di Forza Nuova, però, si è ritagliato un ruolo anche nella politica più istituzionale, quando ha fatto parte della Destra di Francesco Storace. In quel periodo, fino al 2013, ha sostenuto la candidatura a sindaco di Gianni Alemanno. Due anni dopo Castellino verrà fermato con un etto di cocaina. Per il giudice, tuttavia, quella quantità rientrava nel consumo personale. Dopo l’esperienza con Storace si è unito alle truppe di Roberto Fiore. E ultimamente si è avvicinato molto alla nuova Avanguardia Nazionale di Delle Chiaie e Vincenzo Nardulli. Curioso questo matrimonio politico.
Un frame da un video dei Carabinieri riguardante l'operazione di sequestro di beni per un valore di circa 10 milioni di euro da parte dei carabinieri del Comando provinciale di Roma che hanno smantellato un'organizzazione di matrice camorristica attiva nell'area sud-est della Capitale, 10 febbraio 2015
Chissà cosa ne pensa il suo superiore gerarchico Roberto Fiore. Fiore, infatti, ha un’idea ben chiara di Delle Chiaie e di Avanguardia Nazionale. E lo ha spiegato il 31 ottobre scorso davanti ai giudici della corte d’Assise di Bologna, quando è salito sul banco dei testimoni nel processo sulla strage di Bologna che vede alla sbarra l’ultimo Nar sospettato dell’eccidio: Gilberto Cavallini. «La storia di Terza Posizione, è una storia antitetica a tutti gli altri movimenti, come Avanguardia Nazionale, Ordine Nuovo... Lontana da tutte queste strutture, e qualsiasi collegamento con questa organizzazione veniva visto con sospetto. Figurarsi dai Servizi Segreti...», Fiore risponde così alle domande sui rapporti con Avanguardia. Infine è netto nel rifiutare ogni tipo di legame con Delle Chiaie, il “comandante” di allora e quello di oggi: «Recentemente si era aperta una finestra per l’incontro, ma l’ho sempre rifiutato. Io ho un mio percorso, lui ne ha un altro, meglio che non ci incontriamo mai». Queste perplessità le avrà mai confessate al suo colonnello romano Castellino, che con l’Avanguardia 2.0 di Delle Chiaie ci va a braccetto? Nella stessa udienza del 31 ottobre un altro testimone viene sentito in aula sugli intrecci tra le sigle dell’eversione di destra. Si chiama Fabrizio Zani e ha spiegato come «i vertici di Ordine Nuovo e i vertici di Avanguardia Nazionale, erano manifestamente collegati ai servizi segreti Italiani». L’affermazione ha suscitato la curiosità dell’avvocato di parte civile Andrea Speranzoni, che incalza il teste, il quale rivela un dettaglio suggestivo:«I militanti di Avanguardia Nazionale avevano normalmente in tasca dei numeri di telefono, quando venivano fermati dalla Polizia, facevano chiamare quel numero e venivano immediatamente rilasciati».
Alla luce di queste testimonianze, fin qui inedite, appare quantomeno curioso che il sotto capo di Forza Nuova, Giuliano Castellino, si sia avvicinato al movimento di Delle Chiaie. Del resto la carriera di Castellino è piena di coincidenze curiose. A partire dal legame di sangue che lo unisce alla famiglia Ovidi. Ha sposato una delle sorelle di Corrado Ovidi, personaggio del milieu della criminalità romana e in passato membro del neofascista Movimento politico occidentale. Un rapporto della Digos del 17 giugno 2002 firmato dall’allora responsabile della Digos Franco Gabrielli, oggi capo della Polizia, fotografa bene il contesto in cui sono inseriti Ovidi e Castellino. All’epoca Corrado si trovava in carcere e chiedeva al fratello il libro “La guerra di Hitler” e alcune videocassette sul mondo dell’estrema destra. A chi chiederle? A Castellino, si legge nella nota della polizia.
La truffa del patriota
Un mondo tra ideologia estrema e criminalità in cui Castellino è inserito da tempo. L’indagine che lo coinvolge sulla truffa al sistema sanitario nazionale è solo l’ultima delle grane da cui si dovrà difendere. Per raccontare la frode da oltre un milione architettata da Castellino e i suoi complici è utile partire dalla fine. Dal 28 ottobre scorso, quando Castellino ottiene la scarcerazione. Quel giorno lui e i suoi seguaci decidono di festeggiare. Si ritrovano in un pub del loro giro, nell’elegante zona Prati, a due passi dal Vaticano. La proprietaria era Ramona, sorella di Castellino. Tra fumogeni e applausi bloccano il traffico, per poi esporre uno striscione: Bentornato Giuliano. Il re è tornato, e su di lui pesa il sospetto di aver corrotto un dipendente delle Asl e di essere a capo di una banda. Infatti, nell’avviso di conclusione indagine della procura di Roma - del 20 dicembre 2018 - le ipotesi di reato contestate agli indagati dai pm Paolo Ielo e Alberto Pioletti sono associazione per delinquere, truffa, riciclaggio, autoriciclaggio, corruzione. La somma sottratta con il raggiro alle casse della Regione Lazio ammonta a un milione e trecentocinquantamila euro. Frutto di una truffa ai danni del sistema sanitario. Soldi pubblici, di quegli stessi italiani di cui i neofascisti vorrebbero tutelare la sicurezza e gli interessi. Un raggiro ben architettato da un’associazione per delinquere, sospettano i pm, che ha tra i promotori Castellino. Che per arricchirsi sulla pelle della collettività, si è avvalso di personaggi in rapporti con la mala capitolina fatta di vecchi fascisti, vicini alla camorra, al capo di mafia Capitale e a trafficanti di armi iraniani. Tra i nomi sotto inchiesta anche alcuni “spalloni”, professionisti nel valicare i confini nazionali con il denaro da mettere al sicuro in anonimi conti svizzeri.
Insomma, l’inchiesta “Gluten Free” condotta dai carabinieri del Nas di Roma del comandante Maurizio Santori è un intrigo non del tutto risolto. Castellino e soci hanno costituito una serie di attività commerciali di facciata destinate alla vendita di prodotti alimentari senza glutine. Insieme al capo romano di Forza Nuova, tra gli ideatori dell’associazione per delinquere ci sono Giorgio Mosca e Marco Palmeri. Mosca si occupava di individuare gli esercizi commerciali dove creare i falsi punti vendita ed era amministratore di due società coinvolte nell’inchiesta. Insieme a Castellino e Mosca, a capo dell’associazione c’è anche Marco Palmeri. Nato in Olanda, 34 anni, Palmeri «in ragione delle disponibilità economiche e delle capacità imprenditoriali, ha fornito all’associazione i mezzi economici e materiali per iniziare a proseguire l’attività». Ma quello di Marco Palmeri non è un nome nuovo per i magistrati di Piazzale Clodio. Il suo nome lo troviamo, non come indagato, negli atti dell’inchiesta “Tulipano”, che ha portato all’arresto dei “Napoletani della Tuscolana”, il clan mafioso del boss Mimì Pagnozzi, vicino a Michele Senese, uno dei quattro re di Roma. Don Mimì è stato condannato a 30 anni nel processo d’appello. Insieme al capo clan è stato arrestato il suo “braccio destro”, che si occupava di estorsioni e del traffico internazionale di droga. Sostanze che poi inondavano i quartieri bene e quelli periferici. Per girare liberamente nelle zone a traffico limitato di Roma utilizzava un pass per invalidi di Fabrizio Palmeri, padre di Marco. Ma il vice di Pagnozzi non è l’unico dei “Napoletani della Tuscolana” vicino a Palmeri.
Quel mondo di mezzo
Tra questi c’è anche Massimiliano Colagrande, detto “Small”. Il cassiere di Pagnozzi, Colagrande si è fatto le ossa nell’estrema destra, conosce il gruppo di ex Nar fedeli a Massimo Carminati. Infatti, Colagrande, è citato nelle informative dei Carabinieri che hanno dato il via all’inchiesta sul “mondo di mezzo”. Di lui parla il collaboratore di giustizia Roberto Grilli, lo skipper coinvolto nel business della coca: «Nella seconda metà degli anni ’90 Colagrande disse che svolgeva attività di traffico di stupefacenti»,è il racconto del pentito. Colagrande, inoltre, è stato partner d’affari di un personaggio dal profilo degno di una spy story al centro, nel 2016, di un’inchiesta della finanza e dell’ Fbi sul traffico internazionale di elicotteri, reti wireless e tubi per lanciare ordigni che violava l’embargo con Libia e Iran. Marco Palmeri è socio al 50 per cento di Massimiliano Colagrande nella Sama srl, società di manutenzione di edifici e giardini, sequestrata il 6 febbraio 2015 dai giudici di Roma nell’ambito dell’inchiesta sulla camorra. L’azienda di Palmeri e Colagrande è stata poi confiscata nell’aprile 2017. Colagrande è stato condannato in appello a 24 anni nel processo sulla camorra Capitale del boss Pagnozzi. Nelle indagini sul sistema criminale messo in piedi da Carminati, il Ros sottolinea anche l’intraprendenza di Colagrande, il socio del partner d’affari di Castellino nella truffa sulla celiachia. I detective sottolineano che in quel periodo Colagrande si dava un gran da fare per individuare «attività commerciali da rilevare nella Capitale». Non solo. Nei dettagliati dossier del Ros emergono anche i contatti con ex consiglieri e tecnici dei municipi della città.
Insomma, il giro del neofascista Castellino porta lontano. Lega storie diverse che si saldano con la militanza nella destra estrema. Collante di questa criminalità è l’ideologia neofascista legata ai soldi. E così i nomi si ripetono. Come quello di Luigi Ciavardini, membro dei Nar, condannato nel 2007 in via definitiva per la strage di Bologna. Lui si è definito “l’ottantaseiesima vittima della strage” suscitando la rabbia dei familiari che hanno perso i propri cari il 2 agosto 1980. Dal 2009 gode del regime di semilibertà ed attivo nelle carceri con la coop Gruppo Idee. Si occupa di progetti per i detenuti. La compagna dello stragista si chiama Germana De Angelis, sorella di Marcello (ex Terza Posizione, deputato nel 2008 con il Pdl e fondatore della band fascio rock 270 bis) e di Nanni, il militante ritrovato morto in cella dopo l’arresto nel 1980 in seguito alle retate del dopo strage di Bologna. Secondo gli investigatori che hanno arrestato il camorrista Pagnozzi e Colagrande, tra quest’ultimo Ciavardini e De Angelis «esistevano rapporti di natura commerciale». E in effetti, all’Espresso risulta che nel 1999 la donna ha ceduto le quote di un ristorante del centro di Roma proprio a Colagrande, che in quel periodo, secondo il pentito Grilli, trafficava in cocaina. Grilli, durante il processo ha ritrattato le accuse. Il motivo di questo passo indietro lo ha spiegato in una delle udienze di mafia Capitale: «Se parlo sono un uomo morto». Omertà nera.