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Da Dublino al Delaware via Jersey: così Airbnb sfugge alle tasse. E ora anche alla Brexit

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I ricavi della piattaforma degli affitti on line affluiscono in alcune holding con base in paradisi fiscali. I manager della mutinazionale preparano il trasferimento della filiale di Londra. Per timore dell'uscita del Regno Unito dalla Ue

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 A causa delle “incertezze sui possibili futuri sviluppi legati all’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea” parte delle attività verranno trasferite in un altro Paese Ue. Questo, in sintesi, è quanto si legge nel bilancio 2018 di Airbnb Payments Uk, la società con base a Londra che riceve il denaro incassato nel Vecchio Continente dalla piattaforma turistica on line. Dall’esame dei conti depositati poche settimane fa si scopre che alla filiale britannica del gruppo fanno capo qualcosa come 1,5 miliardi di euro. La destinazione ultima di questo fiume di soldi si trova nei forzieri della Airbnb Ireland Unlimited Company, che ha affidato alla consociata londinese l’incarico di gestire la propria liquidità.

La scelta dell’Irlanda come sede della holding non è ovviamente casuale. Tutto si spiega con il favorevole trattamento fiscale che il governo di Dublino, a determinate condizioni, garantisce alle holding delle multinazionali straniere. Di fatto, però, è la società di Londra che svolge la funzione di “cash collector”, come spiega la relazione di bilancio della Airbnb Payments Uk. Giocando di sponda tra Inghilterra e Irlanda, che a loro volta accentrano i ricavi del resto d’Europa, i manager del gruppo americano riescono a ridurre al minimo il conto delle imposte.

In questo collaudato schema finanziario c’è spazio anche per il paradiso fiscale di Jersey, l’isoletta nel canale della Manica dove ha sede Airbnb International Holding. Le carte ufficiali segnalano che nei conti di questa società sono stati accreditati 464 milioni di dollari, pari a circa 420 milioni di euro. Le cose cambiano, però. E ora la Brexit minaccia di dare un taglio al ricco bilancio della filiale londinese. Così, per mettersi al riparo dalle ricadute negative dell’addio di Londra alla Ue, il gruppo statunitense ha deciso di trasferire parte del suo business in un altro Paese dell’Unione. Dove esattamente? I documenti pubblici non forniscono una risposta precisa a questo interrogativo, ma si può comunque formulare un’ipotesi basata su dati concreti. Circa un anno fa, per la precisione il 12 dicembre del 2018, è stata costituita Airbnb Payments Luxembourg, che ha nel proprio oggetto sociale anche la gestione di pagamenti elettronici.

È noto che il Granducato offre un trattamento fiscale privilegiato alle grandi società straniere. Si può quindi ipotizzare che parte delle attività destinate a lasciare Londra in caso di Brexit saranno affidate alla neonata filiale lussemburghese. Se così fosse, dopo Irlanda e Gran Bretagna, la multinazionale degli affitti on line riuscirebbe a trovare un altro porto sicuro, questa volta nel cuore dell’Europa. A prima vista, il trasloco ha un solo obiettivo: pagare meno tasse. E del resto anche Airbnb come altre grandi aziende del mondo internet, come Google, Amazon o Booking.com, è al da anni al centro di critiche e controversie perché riesce a pagare pochi spiccioli di imposte su ricavi e profitti multimiliardari.

Il gruppo di Usa ha sempre respinto le accuse. «Rispettiamo le disposizioni di legge in materia di tasse in tutti i diversi Paesi in cui operiamo», questa in breve la versione dei fatti accreditata dal gruppo Usa. A fine ottobre però si è aperto un nuovo fronte in Gran Bretagna dove il Fisco ha aperto un’indagine preliminare sui conti di Airbnb Uk, la società che, almeno sulla carta, si occupa delle attività di marketing e promozionali sul mercato britannico, mentre la già citata Airbnb Uk Payments gestisce la liquidità raccolta nel resto d’Europa. Per il momento le autorità inglesi non hanno mosso nessuna accusa specifica, ma la vicenda, di cui ha di recente riferito la Bbc, riporta d’attualità la questione della presunta elusione fiscale proprio mentre Airbnb si prepara a sbarcare in Borsa a Wall Street.

Gli investitori internazionali hanno fin qui mostrato grande interesse per una società che in gergo viene definita “unicorno”, per riassumere in una parola la rarità di un’azienda allo stesso tempo giovane - è nata solo nel 2008 - dalla velocissima crescita in termini di ricavi e di notorietà del marchio.

In realtà, i bilanci di Airbnb sono finora rimasti un segreto ben custodito dai top manager guidati dall’amministratore delegato Brian Chesky, che ha fondato il gruppo a San Francisco quando aveva 27 anni insieme al suo compagno di studi e di appartamento Joe Gebbia, a cui si è poi aggiunto Nathan Blecharczyk.

Non sono mai stati pubblicati conti aziendali dettagliati. Di tanto in tanto vengono divulgati dati parziali che riguardano l’andamento delle vendite o dei profitti. Per gli analisti diventa quindi complicato farsi un’idea precisa del valore e delle prospettive della società.

Di recente, per esempio, è stato annunciato che i ricavi hanno toccato un miliardo di dollari nel secondo trimestre di quest’anno, in aumento di circa 300 milioni rispetto allo stesso periodo del 2018. Di questo passo, il 2019 potrebbe chiudersi con fatturato vicino a 5 miliardi di dollari, in crescita di quasi il 40 per cento sui dodici mesi precedenti. Airbnb dichiara di aver realizzato profitti nel 2017 e nel 2018, ma non sono disponibili dati sull’ultima riga di bilancio, l’utile al netto di ammortamenti, interessi e tasse. Sui mercati c’è grande attesa per la quotazione in Borsa della piattaforma di turismo on line, a tal punto che in questi giorni vanno a ruba i diritti a sottoscrivere le azioni di Airbnb. Non è ancora chiaro quando avverrà lo sbarco in Borsa, ma migliaia di investitori hanno già pagato circa 150 dollari per prenotare un singolo titolo. Come dire che Airbnb vale qualcosa come 42 miliardi di dollari. Una valutazione sulla fiducia, o a scatola chiusa, visto che i bilanci della società restano un mistero.

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