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Matteo Renzi e Open: i nuovi nomi. E quegli 800mila euro dall'imprenditore (poi candidato)

di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian   28 novembre 2019

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L'Espresso ha letto i nuovi documenti dell'inchiesta che sta terremotando il Giglio Magico. Gianfranco Librandi, ex deputato Pd passato con Italia Viva, ha donato alla fondazione cifre da record. Anche l’ex socio di Bisignani ha girato ad Open 100mila euro. E spunta un altro prestito per Renzi: 20mila euro da Carrai

Oltre al prestito di 700 mila euro per comprare casa Renzi, c’è molto di più nella saga finanziaria del Giglio magico cresciuto politicamente all’ombra della fondazione Open. Ed è proprio Open, presieduta fino alla sua chiusura nel 2018 dall’avvocato Alberto Bianchi, la cassaforte nella quale sono affluiti i soldi di importanti donatori. Imprenditori, armatori, finanzieri: operazioni e nomi al centro dell’indagine della procura di Firenze, condotta dalla guardia di finanza, sulla base di un rapporto dei detective dell’antiriclaggio di Bankitalia.

E se i magistrati romani indagano sull’ex tesoriere renziano Francesco Bonifazi e la Fondazione Eyu (organismo del Pd finito nei guai per le donazioni avute dal costruttore Luca Parnasi), nei giorni scorsi la procura di Firenze ha perquisito decine di imprenditori e finanziatori di Open: tranne Carrai e Bianchi, nessuno per adesso risulta indagato. Renzi ha gridato al complotto sui social, attaccando i pm di Firenze che stanno cercando prove per capire se davvero la fondazione (beneficiaria in sette anni di donazioni per quasi 7 milioni) fosse «un’articolazione di partito». E se si siano commessi reati gravi come finanziamento illecito alla politica e traffico di influenze. Senza dimenticare l’ipotesi secondo cui Open potrebbe aver fornito ad alcuni parlamentari carte di credito poi usate per spese personali.

Inchiesta
La villa di Matteo Renzi comprata col 'prestito' da 700 mila euro del finanziatore di Open
27-11-2019
Vedremo. Al netto del rilievo penale dell’inchiesta, tutto ancora da dimostrare, le carte consultate dall’Espresso evidenziano come gli investigatori si stanno concentrando su alcuni passaggi di denaro effettuati da alcuni protagonisti della vicenda. Transazioni che potrebbero imbarazzare non poco il senatore e il suo Giglio magico. Un mese e mezzo prima di ricevere i 700 mila euro dai Maestrelli, per esempio, Renzi ha ricevuto, il 24 aprile 2018, un altro “prestito infruttifero” da 20 mila euro da Carrai. Marchino, come lo chiamano gli amici, è un sodale di vecchia data di Renzi: suo ex capo di gabinetto alla provincia di Firenze e poi membro del consiglio direttivo di Open, fu nominato nel 2009 (quando Renzi era il dominus delle municipalizzate fiorentine) presidente di Aeroporti di Firenze. Dove siede ancora oggi.
 

Marco Carrai


Oltre a Carrai, baricentro delle indagini è Alberto Bianchi, l’ex numero uno della Fondazione. È stato indagato per traffico illecito di influenze e finanziamento illecito a causa di consulenze ottenute dal gruppo Toto Costruzioni Generali. Contratti legati a un contenzioso da 75 milioni di euro che gli imprenditori avevano con Anas ma che, questa l’ipotesi dei magistrati, nascondevano in realtà un sistema per «dissimulare» il finanziamento alla politica, e in particolare alla Open: parte importante dei soldi dei Toto ottenuti da Bianchi sarebbe stata infatti girata dall’avvocato sia alla Open (200.838 mila euro) sia al Comitato per il Sì, creato dai renziani per la campagna referendaria di fine 2016, che ne ricevette 200 mila a titolo di «contributo volontario». Bianchi ha negato ogni addebito, spiegando di non essere un facilitatore dei Toto. E ha spiegato di aver versato i soldi alla fondazione che presiedeva solo come semplice prestito, restituito quasi per intero tra dicembre 2017 e febbraio 2018. Di certo Bianchi avrebbe ricevuto, il 2 agosto 2017, 100 mila euro anche dal Comitato nazionale “Basta un sì”.

LIBRANDI, “MISTER 800 MILA”
Anche P. D, altro imprenditore vicinissimo a Renzi, è indagato. Ma in un’inchiesta parallela. Reati ipotizzati: appropriazione indebita e riciclaggio. D, leggendo le carte dei giudici del Riesame, avrebbe ricevuto dal gruppo Toto una somma importante (se Bianchi ha avuto quasi 3 milioni di euro, D arriva a 4,3 milioni) «in parte per operazioni di compravendita di quote societarie effettuate dalla società Immobil Green prive di valide ragioni economiche e, in effetti, dissimulatorie di un mero trasferimento di denaro». Per i giudici anche la società di D (che ha ricevuto da Open per prestazioni varie centinaia di migliaia di euro) ha poi bonificato oltre 120 mila euro al Comitato “Basta un sì”.
 

Alberto Bianchi


Ora L’Espresso ha scoperto altre anomalie. Su uno dei conti della Open aperto il 15 febbraio 2017 presso la Cassa di risparmio di Firenze (conto 1000/862) sul quale è delegato ad operare Bianchi, ci sono movimenti in entrata per circa 1,7 milioni di euro. Quasi tutte le donazioni provengono da pochi centri di interesse: 300 mila euro dai Maestrelli e dalle loro aziende; tre bonifici per complessivi 160 mila euro arrivano proprio dal Comitato Basta un Sì, e sono giustificati con la causale “restituzione finanziamento” (in effetti, sul conto del comitato referendario, si scopre che la Open aveva girato tra ottobre e novembre 2016 200 mila euro a titolo di contributo). Ma il finanziatore più munifico è, a sorpresa, un parlamentare. Gianfranco Librandi, tra febbraio 2017 e giugno 2018, ha regalato alla fondazione renziana la bellezza di 800 mila euro, attraverso la Tci Telecomunicazioni Italia e la Tci Elettromeccanica, due società a lui riferibili. Librandi è un ex berlusconiano, nel 2013 eletto alla Camera con Scelta Civica, il partito fondato da Mario Monti e di cui Librandi è stato tesoriere. È pure uno dei più generosi finanziatori della politica: in 9 anni, dal 2008 al 2017, ha donato 499 mila euro un po’ a tutti i partiti dell’arco parlamentare. Da onorevole è rimasto poco in Scelta Civica, spostandosi prima nel Misto, per approdare poi al Pd nel luglio del 2017. Un autentico trasformista che Renzi ha voluto a tutti i costi nelle liste del partito per le politiche del marzo 2018: l’imprenditore Librandi, che ha finanziato Open con una somma monstre quasi doppia rispetto a quanto girato nel corso degli anni ai vari partiti che ha via via aiutato, è stato rieletto con il Pd in una comoda circoscrizione lombarda.

Tuttavia la folgorazione per i Dem è durata poco. Qualche settimana fa ha lasciato Zingaretti e ha seguito Renzi e Italia Viva. «Il sistema delle “erogazioni liberali”» sospetta la banca che segnala i movimenti sospetti alla Uif, potrebbe essere «utilizzato anche in funzione di tramite, per interrompere la riconducibilità di somme di provenienza illecita agli effettivi titolari con finalità di riciclaggio, oppure il passaggio di denaro di cui illecita sia eventualmente la finalità corruttiva».

Librandi, dunque, risulta così essere nettamente il primo contributore di Open, superando di slancio Davide Serra, l’armatore Vincenzo Onorato e Alfredo Romeo, poi in ottima posizione ci sono non solo i Maestrelli, ma pure la famiglia Aleotti. I patron della casa farmaceutica Menarini in una sola settimana, tra il 15 e il 23 febbraio 2018, hanno versato nelle casse della cassaforte di Bianchi e Renzi otto bonifici, per un totale di 300 mila euro. I Menarini, famiglia fiorentina, sono tra gli imprenditori perquisiti martedì mattina dalla Guardia di Finanza.

A sorpresa, tra i grandi finanziatori di Open, spunta anche Vittorio Farina. Non un imprenditore qualunque, ma il “re degli stampatori” ed ex socio del faccendiere Luigi Bisignani. Farina ha donato a maggio 2017 alla Open 100 mila euro, quattro mesi prima che la Guardia di Finanza lo arrestasse per bancarotta fraudolenta della Ilte, (Bisignani ne è stato dirigente fino al 2011), la società che stampava giornali, periodici e le Pagine Gialle. I pm hanno chiesto il suo rinvio a giudizio a giugno di quest’anno. Nulla di nuovo, per i renziani: come chiosano gli investigatori specializzati in flussi finanziari, una parte consistente dei finanziamenti di Open «deriva da donazioni di imprenditori privati che, spesso, sono coinvolti in vicende giudiziarie legate ad illeciti di natura fiscale-finanziaria». Pecunia non olet.