'Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra si sono date appuntamento a Berlino per la caduta del muro. Dalla notte del novembre 1989, in cui i berlinesi dell’est si riversarono a ovest, le maggiori mafie italiane, invece, si spostano a est. Investono in modo massiccio i capitali mafiosi in imprese legali, alterando le leggi del libero mercato. Un mosaico cominciato trent'anni fa, e ora ricostruito da questa inchiesta giornalistica realizzata con il patrocinio europeo di Journalismfund, non profit che ha come obiettivo quello di promuovere e gestisce progetti di giornalismo investigativo cross border.
«Arrivavano con valigette piene di contanti, volevano comprare edifici e terreni agricoli. I funzionari la ritenevano una cosa curiosa, ma non era nulla di illegale all’epoca - ricorda Bernd Finger ex investigatore capo della BKA, l’ufficio federale della la polizia criminale.- All’epoca non ci furono indagini, nulla di quello che veniva registrato era illegale».
Finger racconta per la prima volta ai giornalisti le infiltrazioni legate al meccanismo di privatizzazione. La Treuhand o Treuhandgesellschaft era un’azienda fiduciaria incaricata dal governo della DDR in transizione di vendere le proprietà pubbliche della Germania Est. I suoi dipendenti, estremamente impreparati alla mole di lavoro che avevano davanti, furono soggetti a pesanti critiche, minacce, accuse di corruzione. La Treuhand continuò comunque nel suo sforzo di cambiare l’economia della Germania Est, arrivando a vendere compagnie a ritmo di 20 al giorno. Era incaricata di privatizzare 22mila imprese, due terzi delle foreste, 8mila compagnie, innumerevoli edifici, e il 28% dei terreni agricoli.

Fu un'opera di privatizzazione senza precedenti. Alle accuse di avere un approccio morbido sulla corruzione, l’allora presidente della Treuhand rispose: «Non è evitabile quando si lavora con migliaia di aziende - sbottò Birgit Breuel, presidente dal 1991 - Se si prendessero altrettante aziende della Germania ovest e si revisionassero, si troverebbe corruzione anche lì». Le mafie italiane questo lo capirono presto e cominciano ad acquistare. «Nei periodi di transizione economica, di crisi congiunturali o strutturali, si sono presentate occasioni prontamente sfruttate dalle organizzazioni criminali di tipo mafioso per trarre motivi di più ingenti profitti, di ulteriore arricchimento, di più profonda penetrazione nell'economia e nella finanza».
Sono le parole pronunciate da Piero Grasso, allora a capo della Direzione nazionale antimafia, nell'audizione del 25 febbraio 2009 davanti alla Commissione parlamentare antimafia. I primi a vedere nel territorio tedesco un campo fertile per gli investimenti furono i mafiosi di Cosa Nostra. «Ricordo – continua Grasso durante l'audizione – un'intercettazione telefonica raccolta il giorno della caduta del muro di Berlino nel corso della quale un mafioso diceva al suo corrispondente a Berlino Ovest di recarsi subito a Berlino Est per comprare. Alla richiesta di chiarimenti del suo interlocutore il mafioso rispose che doveva comprare tutto quello che capitava: pizzerie, discoteche, alberghi».
Gli investimenti di Cosa Nostra in territorio tedesco, secondo quanto riportato dal pentito Gaspare Mutolo alla Commissione parlamentare antimafia, cominciano già negli anni Ottanta. «Quando si parlava della legge di Pio La Torre – racconta il pentito riferendosi a quello che poi è diventato il 416 bis –, siamo nei primi mesi del 1982, Madonia (Nino, boss del mandamento di Resuttana, alleato dei Corleonesi, ndr) ci consigliò, a me e a Micalizzi, poiché sapeva che lavoravamo a pieno ritmo con l'eroina, di non correre rischi. Ci disse che, se avessero approvato questa legge, ci avrebbero tolti i soldi e ci proposero di investirli in Germania dove c'era tranquillità». E precisa: «La maggior parte degli investimenti consiste in terreni».
La 'ndrangheta è sicuramente la mafia più attiva in territorio tedesco. E proprio la caduta del muro di Berlino è stato il momento in cui ha fatto il salto di qualità. Ma gli atti giudiziari al riguardo sono pochi perché la ‘ndrangheta all’epoca era ancora vista come una mafia di serie B. Molte risposte potrebbero trovarsi, invece, nei documenti della Treuhandgesellschaft presenti nell’archivio di Stato di Berlino: se si allineassero tutti si conterebbero 70 chilometri di polverosa carta ingiallita. Il vincolo legale che per 30 anni rende secretati i documenti, non permette di accedere a nomi e date. Alcuni protagonisti però sono emersi da atti informativi della polizia italiana e tedesca. Come Spartaco Pitanti, proprietario di numerosi ristoranti nella Germania Est, compresa, per un periodo, la pizzeria ‘Da Bruno’, dove a Ferragosto del 2007 ci fu la strage di Duisburg, epilogo di una lunga guerra di ‘ndrangheta, iniziata a San Luca, in Calabria, e terminata in Germania. Il nome di Pitanti e del suo socio Domenico Giorgi compaiono in diverse relazioni della BKA e nuovamente nella recente inchiesta Stige, condotta dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri.
La loro attività di ristorazione, “Il Convento” di Kassel, viene indicata, insieme a una decina di altre attività commerciali, come “intestate o comunque collegate ad esponenti della cosca o a persone vicine alla cosca”. Allo stato si tratta solo di ipotesi investigative, che dovranno trovare conferme nei processi ancora in corso. Certo è che Pitanti, al momento della sua morte, avvenuto nell’ottobre scorso, non aveva mai ricevuto condanne per questioni legati alla criminalità organizzata. Nemmeno i clan della camorra si sono lasciati sfuggire gli investimenti della Germania Est.
«A seguito della caduta del muro di Berlino – spiega il pentito Guglielmo Giuliano – l'associazione che fa capo ai Licciardi, Contini e Mallardo (l'Alleanza di Secondigliano, ndr) ha iniziato a operare nei paesi dell'est e in particolar modo nella ex Germania dell'est. Utilizzando canali facenti capo a napoletani che già si trovavano in Germania, è iniziato un vero e proprio monopolio nella commercializzazione di abbigliamento in finta pelle - oltre che - a trapani di marca Bosch taroccati».
Un vero e proprio colpo al cuore del 'made in Germany'. A partire dalla caduta del muro di Berlino, viene messa in piedi dalla camorra una rete capillare di attività commerciali, presenti in tutto il territorio tedesco. «I negozi in questione – spiega il collaboratore di giustizia Gaetano Guida – spesso sono gestiti da prestanome ma sempre servono in realtà come riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite ma anche come coperture di ulteriori attività criminali quali il traffico di droga e armi e la copertura di latitanti. Questi negozi sono presenti in tutta la Germania, ad esempio a Berlino, Amburgo, Francoforte, Dortund, Dusseldorf, Lipsia».
Così come succede nel nord Italia, anche in Germania – e all'estero in generale – le differenti organizzazioni criminali non entrano in contrasto tra loro, ma collaborano, stringono alleanze, si spartiscono, più che i territori, le attività economiche da portare avanti. In questo modo dalla caduta del muro a oggi le mafie italiane sono cresciute e si sono insediate indisturbate in territorio tedesco. Anche perché una presenza così forte e capillare trova un contrasto solo parziale: in Germania non esiste il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso. Un discrimine non da poco dal momento che in Italia può essere punita la semplice appartenenza all'associazione anche se chi vi appartiene non commette altri reati. In Germania servono reati fine per poter perseguire una persona.
Un altro fattore di debolezza ancora più grave, se si considera che larga parte delle attività della criminalità organizzata in Germania è di tipo economico, è rappresentato dalla normativa sul sequestro dei beni è differente. È necessario che l'accusa dimostri l'esatta provenienza da uno specifico reato: prova che diventa molto difficile da portare davanti a un giudice nel momento che in territorio tedesco vengono riciclati i capitali accumulati illecitamente dalle cosche, ma in vario modo e spesso in altri Stati. Alcuni passi verso il miglioramento del contrasto si stanno compiendo, per esempio con l'ultima risoluzione Onu approvata a Vienna e con una nuova normativa sul sequestro dei beni a livello di Unione Europea che entrerà in vigore nel 2020.
Ma mentre le mafie si internazionalizzano velocemente, gli accordi bilaterali hanno tempi molto più lenti. Anche perché troppo spesso 'ndrangheta, Cosa nostra e camorra vengono viste all'estero come una questione fra italiani. Anche se questi italiani ormai sono diventati cittadini tedeschi ed è anche l'economia teutonica a essere messa a repentaglio.
Questo articolo è parte del lavoro d'inchiesta che ha vinto il bando per il giornalismo investigativo del Journalismfund.eu