
Nelle stanze vaticane, c’è la certezza che l’indagine determinerà un prima e un dopo nella storia. Per la prima volta il punto di rottura è incarnato da un pontefice che non teme il pubblico giudizio sugli affari sporchi della Chiesa.
Un ostacolo alla velocità dell’indagine è la cavillosa giurisdizione svizzera. Secondo quanto circola in ambiente giudiziario elvetico, ad esempio, la rogatoria richiesta dalle autorità vaticane è in forte ritardo e le perquisizioni avvenute nel corso degli scorsi mesi nei confronti dei finanzieri Raffaele Mincione ed Enrico Crasso (protagonisti della gestione economica di Becciu) sarebbero nulle o parziali. Vale la pena ricordare infatti che, per la giurisdizione svizzera, l’indagato può scegliere quali documenti fornire agli inquirenti tra quelli richiesti: ad esempio Mincione si è riservato di non consegnare alcun fascicolo o dato richiesto, provocando il ricorso del procuratore dell’accusa, che sarà discusso a gennaio del 2021; Crasso invece ha scelto di fornire elementi parziali, tra cui la registrazione della conversazione che ha determinato l’arresto di Gianluigi Torzi. Il broker molisano che era stato chiamato da Fabrizio Tirabassi, uomo della segreteria di Becciu per tentare di chiudere l’affare del palazzo di Londra poi diventato un tentativo di estorsione ai danni del Vaticano.

Le autorità giudiziarie vaticane in questi giorni stanno ricostruendo gli ulteriori flussi di denaro movimentato sia da Becciu che dalle persone a lui vicine. In particolar modo gli inquirenti stanno scandagliando le partite di giro della cassa della segreteria di Stato, ovvero quegli investimenti fatti con i soldi della Santa Sede che sono transitati nella società che li gestiva, la Sogenel di Enrico Crasso. Risulta che la segreteria di Stato ha investito, per tramite di quest’ultima, 1,5 milioni nel fondo Anteo (comparto Ifirvoa) gestito da Valeur Capital. Il piano di investimento sarebbe dovuto aumentare nel corso del tempo ma, non appena la vicenda del Palazzo di Londra è precipitata, l’investimento è stato liquidato. Il fondo in questione, lanciato nel febbraio del 2018 come si legge da un prospetto di Valeur Capital, ha base in Lussemburgo e mirava a «conseguire rendimenti assoluti pur mantenendo bassi livelli di volatilità».
Questo investimento - l’ultimo di una serie a essere confermato, nonostante le smentite dei giorni scorsi - apre la partita della ricostruzione complessiva dei flussi di denaro in uscita. L’intenzione degli investigatori di scardinare le resistenze del mondo finanziario alle richieste di trasparenza che provengono dalla Santa Sede.
La struttura degli investimenti, la sua poca trasparenza e la collocazione in piazze finanziarie che non rispondono a un mercato comune di regole come Svizzera e Malta, avranno come conseguenza, anche in caso di eventuali condanne, la difficoltà di recuperare le risorse.
L’altro filone di indagine riguarda la vicenda del presunto dossieraggio ai danni del cardinale George Pell, già Prefetto dell’Economia, che coinvolgerebbe l’ex cardinale Becciu. Su questo aspetto si attendono i risultati della rogatoria rivolta alle autorità australiane. Un possibile preludio all’indagine internazionale richiesta dall’avvocato del cardinale australiano e su cui lo stesso Pell avrebbe ricevuto il via libera da parte di Papa Francesco in occasione dell’incontro avvenuto tra i due lunedì scorso in Vaticano. L’inchiesta internazionale avrà il compito di unire i tanti indizi e le responsabilità eventuali, oltre a cercare di capire se lo stesso Becciu abbia inviato dei soldi in terra australiana.

Nell’ultima settimana, infatti, un’altra persona a lui vicina ha fornito nuovi elementi sulla rete di potere che Becciu avrebbe intessuto nel corso di questi anni. Gli inquirenti indagano sul settore sanitario, e sui rapporti con Malta, fecondati da investimenti e depositi bancari per conto della Segreteria di Stato. Una trama di interazioni che potrebbe arrivare alla gestione delle evacuazioni dei migranti dalla Libia verso Malta.
Una situazione intricata e non di semplice risoluzione che però fa emergere quasi l’esistenza di una sorta di Stato Vaticano parallelo dotato di una diplomazia a parte, dove personaggi come Cecilia Marogna sarebbero stati a libro paga per molto tempo, di un sistema economico e di una gestione di cassa autonomi anche rispetto alle direttive centrali. La figura di Papa Francesco sarebbe stata usata per accreditarsi con gli interlocutori e per poi giustificare operazioni contrarie allo spirito evangelico di questo pontificato.
Per questo motivo gli investigatori hanno iniziato anche a integrare le carte dei primi due filoni di Vatileaks che hanno terremotato il finale del pontificato di papa Ratzinger e i primi anni di quello di Bergoglio. Anche questo fa capire quanto questa indagine stia andando a toccare alla radice i meccanismi più profondi del potere vaticano con l’obiettivo di destrutturare non solo un modus operandi deteriore che ha fatto perdere fedeli alla Chiesa, e credibilità e peso politico allo Stato più piccolo del mondo.