Pubblicità
Inchieste
novembre, 2020

La cricca del Vaticano prova ad accusare papa Francesco per salvarsi

21/10/2020 Citta' del Vaticano, Aula Paolo VI, udienza del mercoledi' , nella foto papa Francesco mentre esce
21/10/2020 Citta' del Vaticano, Aula Paolo VI, udienza del mercoledi' , nella foto papa Francesco mentre esce

Il gruppo affaristico che operava intorno all'ex cardinale Becciu vuole chiamare in causa direttamente il Pontefice. Mentre emergono le trame intorno alle nomine all'ospedale Bambin Gesù

I giorni passano e cambia la strategia difensiva dell’«associazione a delinquere», come la definiscono le carte dell’inchiesta, nata attorno alla compravendita del Palazzo di Sloane Avenue a Londra e che ha depredato le casse della Segreteria di Stato e l’Obolo di San Pietro. Ora si cerca di alzare il tiro e si tenta di incolpare direttamente Papa Francesco di ogni decisione presa sulla gestione della compravendita dell’immobile londinese.

 

Un disegno difensivo che vede come protagonista proprio l’ex cardinale Angelo Becciu, che nella conferenza stampa dopo le dimissioni auspicò che il Santo Padre agisse in piena autonomia, quindi non condizionato da esterni, e che prosegue con Monsignor Mauro Carlino, prelato pugliese, segretario e braccio destro dell’ex porporato di Pattada. Carlino, classe 1976, leccese, era il vero filtro tra il mondo esterno e Becciu, con il quale prendeva tutte le decisioni di indirizzo che riguardavano la gestione dei denari della Segreteria di Stato, i rapporti da tenere e le strategie da attuare. Secondo gli investigatori vaticani, di monsignor Carlino è da notare «non solo la particolare disinvoltura con la quale si muove nelle alte sfere della gerarchia dello Stato, ma anche l’incessante attività con personaggi del mondo della finanza per realizzare nuove iniziative di tipo imprenditoriale».

 

Non un prete qualsiasi, don Mauro Carlino. Da una parte la passione per gli incontri giusti, la pianificazione finanziaria, i pranzi e le cene con le persone che contano. Dall’altro l’immagine di sacerdote attento alle questioni dello Spirito con dirette settimanali su YouTube in cui commentava le omelie di Papa Francesco da Santa Marta, il Vangelo del giorno e le principali questioni teologiche, direttamente da sotto il cupolone di San Pietro.

 

Gli investigatori vaticani lo collocano al centro di un meccanismo affaristico assieme a Luciano Capaldo, socio di Gianluigi Torzi, il broker molisano accusato di estorsione ai danni della Santa Sede e a Fabrizio Tirabassi, impiegato “infedele” della Segreteria di Stato che, grazie a consulenze, raggiri e doppi giochi ha incamerato una fortuna enorme, sequestrata in vari conti correnti bancari. Proprio i soldi di Tirabassi fanno comprendere come il palazzo di Sloane Avenue e la giungla di personaggi, società, vasi comunicanti, finanzieri e figure losche siano solamente uno dei tanti affari dell’ex sostituto Becciu e dei suoi uomini.

 

Dalle indagini risulta centrale il ruolo degli affari nel settore della sanità a cui Carlino e Tirabassi tenevano in modo particolare e che avrebbe di fatto favorito l’ascesa, grazie al placet di Enrico Crasso, gestore delle finanze della Segreteria di Stato, del ruolo di Giuseppe Maria Milanese, presidente della cooperativa Osa. La società nel 2016 - come abbiamo già raccontato - ha emesso un prestito obbligazionario, remunerato a un tasso di interesse del 7 per cento con scadenza nel 2023, per un importo complessivo di 9,9 milioni di euro, sottoscritto da nove investitori qualificati, tra cui la Segreteria di Stato per una quota di 2,3 milioni di euro al 30 settembre 2019. In questa operazione, come riportato dagli inquirenti, sono intervenuti a vario titolo oltre allo stesso Milanese, anche monsignor Carlino «a cui era stato proposto inizialmente un investimento a titolo personale, e Fabrizio Tirabassi, che risulta in rapporti con la Osa e con Milanese fin dal 2015». Quest’ultimo rapporto si sostanzierà anche in una consulenza tra la cooperativa e Tirabassi stesso, nel marzo 2017, con un incarico molto generico: «Prestare consulenza ed assistenza in relazione all’attività imprenditoriale svolta dalla Osa. L’attività di assistenza e consulenza prestata riguarderà in particolare: messa a disposizione del know how. Le parti definiranno un programma di massima, individuato anche verbalmente, diretto ad indirizzare l’attività secondo le aspettative e le esigenze previste della Osa».

 

Ma la Cooperativa Osa, nel 2016, sottoscrive un accordo commerciale anche con la società Sogenel SA di Enrico Crasso, alla quale affida «l’analisi e la gestione del recupero dei suoi asset di credito, al fine di ottimizzare la sua gestione finanziaria», con una commissione variabile. Nelle carte degli inquirenti, si trova ad esempio un bonifico fatto dalla Osa in favore della Sogenel di Crasso nell’agosto del 2016 dell’importo di 40 mila euro per «saldo vostra fattura del 29/6/2016». Emergerebbe quindi anche in questo caso il palese conflitto di interesse, con fini corruttivi, che Enrico Crasso ha messo in piedi nell’arco degli anni. Di fatto il finanziere italo-svizzero con una mano elargiva prestiti con i soldi del Vaticano e con l’altra incassava consulenze private per averli fatti ottenere: un meccanismo consolidato che nel corso dei decenni gli ha permesso di incamerare ricchezze enormi, che gli stessi inquirenti per loro ammissione non riescono a quantificare.

 

La Cooperativa Osa, inoltre, si avvarrà di Gianluigi Torzi e Luciano Capaldo e della loro società Sunset Credit Yield Limited con l’obiettivo di cartolarizzare i crediti con varie Asl pugliesi per un ammontare complessivo di 24 milioni di euro. Un’operazione che sembra non essere stata perfezionata con Torzi e Capaldo per via di una segnalazione, giunta da un consulente interno, sulla scarsa affidabilità del broker molisano e del suo assistente.

 

Si ritrova peraltro anche qui la longa manus di Enrico Crasso che, come riportano gli atti della Segreteria di Stato sulle trattative, successive al dicembre 2018, con la Gutt Sa (società di Torzi che avrà un ruolo centrale nella fase finale del palazzo londinese), indica di sottoscrivere almeno otto o nove milioni di crediti sanitari pugliesi gestiti dalla Osa e da Giuseppe Maria Milanese. Questa circostanza è presente anche in due mail trovate in bozza nel computer di Fabrizio Tirabassi, messaggi dai quali sembrerebbe che la buona riuscita di questa vicenda possa favorire anche lo sblocco della compravendita del palazzo di Sloane Avenue. Infatti Tirabassi spingerà per far entrare Torzi, anche grazie alle pressioni dello stesso Milanese, nella gestione dell’affare del palazzo di Londra.

 

C’è da registrare che il duo Torzi-Capaldo ha gestito anche la cartolarizzazione di crediti sanitari per conto della Casa Generalizia dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio-Ospedale Fatebenefratelli di Roma, operazione che sarebbe stata segnalata alla Unità di informazione finanziaria di Banca d’Italia come sospetta dai revisori dei bilanci del nosocomio romano.

 

L’oggetto della segnalazione sarebbero tre contratti di cessione dei crediti vantati dall’ospedale nei confronti della Asl Roma 1. Le due società coinvolte avrebbero avuto fee e profitti totalmente fuori mercato, compresi tra i 7 e i 10 milioni di euro. Nelle more di questa operazione si intravede già il primo indizio di legame tra Torzi e il finanziere Raffaele Mincione: la società Sierra One SPV Srl, anche lei coinvolta nell’operazione creditizia del Fatebenefratelli, risulta infatti aver emesso Asset Backed Securities - ossia titoli aventi come sottostante i crediti cartolarizzati - sottoscritti tra l’altro anche da Athena Capital Global, facente capo a Mincione.

 

Appare evidente, scrivono gli investigatori, che Giuseppe Maria Milanese, Fabrizio Tirabassi, Monsignor Mauro Carlino, Gianluigi Torzi, Luciano Capaldo «abbiano lavorato “in associazione” sull’attività di cartolarizzazione dei crediti sanitari da diversi anni, e che il coinvolgimento della Gutt Sa nella transazione tra la Segreteria di Stato ed Athena per l’acquisto dell’immobile a Londra costituisca una manovra ben pianificata per realizzare una ingente depredazione di risorse finanziare della Segreteria di Stato che non ha eguali».

 

Ma non ci sono solamente gli affari, i soldi e le movimentazioni interbancarie: la cupola che gestiva la Segreteria di Stato ha influenzato le nomine all’interno del Bambin Gesù. A farlo sono proprio Fabrizio Tirabassi e Giuseppe Maria Milanese, che si incontrano regolarmente secondo gli inquirenti a partire dal giugno del 2016. Milanese e monsignor Mauro Carlino si frequentavano, anche fuori dagli affari. Un’amicizia fatta di cene, incontri e svaghi comuni come la passione calcistica per la Juventus che seguono insieme in varie occasioni.

 

Tra i vari nomi segnalati per assunzioni poi avvenute al Bambin Gesù, c’è quella di Stefano Calamelli, il cui curriculum vitae viene inviato da Tirabassi a Milanese il 7 settembre 2016. Secondo gli inquirenti, Tirabassi si incontra poi con Calamelli a Firenze il 29 dicembre del 2017: un mese dopo, ovvero il 29 gennaio del 2018, la presidente dell’ospedale Bambin Gesù, Mariella Enoc, nomina Calamelli direttore di una nuova area creata ad hoc, “Libere professioni Sanitarie e Convenzioni Area Sanitaria” che, come si legge dal sito dell’ospedale romano, si occupa di garantire tutti i processi che riguardano le prestazioni sanitarie a pagamento con gli enti convenzionati. Una nomina che racconta il potere del duo all’interno del nosocomio romano: successivamente, il Bambin Gesù assegnerà alla cooperativa Osa l’appalto dei servizi infermieristici e sociosanitari messi a gara per il triennio 2018-2020.

 

Il sodalizio tra Tirabassi e Milanese, con la benedizione di Becciu e Carlino, procederà a gonfie vele, tanto che la Mito Group, che cura la comunicazione della Osa, realizzerà con assegnazione diretta il sito per l’Obolo di San Pietro. Lo stesso Becciu conferirà con Monsignor Carlino e permetterà a Giampiero Milanese di avvicinarsi al Papa in più occasioni. La millantata vicinanza tra il Pontefice e Milanese permetterà a quest’ultimo di accreditarsi nei confronti di ambienti sanitari vicini alla Santa Sede, come l’Istituto Giuseppe Toniolo, che ha potere di nomina di tre consiglieri di amministrazione all’interno del Policlinico Agostino Gemelli di Roma. Proprio Milanese, nelle scorse settimane, era stato proposto da Guido Carpani per occupare una casella del cda del Policlinico.

 

Carpani è una figura chiave per comprendere lo spesso strato di commistioni tra Becciu e le questioni sanitarie: infatti il manager, vicepresidente dell’Istituto Toniolo, già consigliere di amministrazione della faraonica clinica “Mater Olbia” (voluta fortemente dall’ex porporato di Pattada e pronta a chiudere i battenti dopo aver dissestato bilanci), già capo di gabinetto della ex Ministra alla Salute Giulia Grillo, è il vero uomo di fiducia dell’ex sostituto Becciu. La nomina di Milanese è saltata, ma non invece Carpani. Milanese e Becciu, secondo fonti interne alla Sede, non avrebbero ancora dismesso i propositi di arrivare ad occupare il Bambin Gesù.

 

Il teorema accusatorio della cricca che componeva l’«associazione a delinquere», che ha depredato le finanze vaticane e che, come abbiamo visto, tenta di accusare Bergoglio, appare l’ultima speranza per non veder saltare i tanti affari che tutti i protagonisti di questa vicenda hanno tuttora aperti tra sanità, gestioni immobiliari e crediti finanziari.

 

Papa Francesco, con le sue progressive riforme, sembra dire “non praevalebunt”.

 

Si ribadisce che il Dott. Giuseppe Maria Milanese non è stato mai indagato dal Tribunale dello Stato del Vaticano per i fatti di cui in articolo e che ha partecipato al processo nella esclusiva qualità di persona informata sui fatti.

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità