Il presidente del Coni possiede delle quote di una società sui cui terreni potrebbe essere costruita la pista di bob. Mentre continua la sua battaglia per riprendersi quello che il vecchio governo gli aveva sottratto

Essere Giovanni Malagò è una disciplina sportiva in cui primeggia soltanto Giovanni Malagò: capo del Comitato olimpico italiano con affaccio sul terzo mandato; membro del Comitato olimpico internazionale con aspirazioni indefinite; presidente della Fondazione che organizza le Olimpiadi invernali di Milano e Cortina del 2026; presidente onorario, dopo un fulgido ventennio, del circolo canottieri Aniene di Roma che ostenta atleti pluridecorati. Con così vaste onorificenze e così promiscui incarichi, Malagò s’è scordato di informare i colleghi della Fondazione olimpica che a Cortina d’Ampezzo ci scorrazzava da ragazzo e conosce un po’ di amici e conserva un po’ di tessere: è socio del benemerito Sci Club 18 con una quota simbolica nella società Servizi 18 (0,11%) proprietaria degli immobili, ma soprattutto è affiliato al Tennis Country Club con lo 0,19% di Sopiazes srl.

Lo Sci Club 18 è l’apoteosi del generone romano, principesco e ammiccante, che d’inverno sfoggia pellame imbottito nella candida Cortina. Sopiazes srl è una società che gestisce impianti sportivi attraverso concessioni pubbliche nell’omonima località di Sopiazes: l’accordo col Municipio per l’area dell’esclusivo Tennis Country Club, che ingloba anche un centro benessere, è in scadenza il 31 dicembre 2021. Il Tennis Country Club è un riferimento per i tennisti veneti o vacanzieri e ha ospitato tornei del circuito internazionale Atp, si trova a ridosso della leggendaria pista da bob dei Giochi del ’56 intitolata a Eugenio Monti.

Il consiglio di amministrazione della Fondazione - che rappresenta sport, governo, regioni, province e comuni coinvolti nell’evento - ha già discusso della pista da bob per le Olimpiadi. Un gruppo più esiguo, con ignominia per il patrio ardore, preferisce non sprecare denaro e disputare le gare in Austria o in Germania; un gruppo più ampio, in onore del patrio ardore, smania per investire sull’antico tracciato, ormai in disuso, su cui volava il “rosso” Monti. Il presidente Malagò sta con la maggioranza, come sempre, e sta in mezzo al destino del Tennis Country Club che col ritorno del bob a Sopiazes rischia di scomparire, trasferirsi, ridursi o almeno aprire un negoziato, se non proprio un contenzioso per resistere. Decidere sulla pista Monti vuol dire decidere anche sul Tennis Country Club. Siccome si tratta di “partecipazioni di piccolissima entità” che risalgono alla gioventù, è la versione di Malagò, il presidente non ha rivelato le sue connessioni con Sopiazes srl e Servizi 18 né al consiglio della Fondazione né agli organismi di controllo. Però lo stesso Malagò ha promosso e sottoscritto l’articolo 10 del regolamento interno che serve a prevenire i conflitti di interesse: «I componenti del Cda, che direttamente o indirettamente, abbiano un interesse in una determinata operazione della fondazione, devono darne tempestiva ed esauriente informativa».

Tempestivo non fu, chissà se sarà esauriente. Perché su Cortina d’Ampezzo e sui 5.700 abitanti sta per cascare una montagna di denaro e il modello circolo Aniene - la cattedrale delle relazioni in apparenza casuali, i Mondiali di nuoto ’09 insegnano - è assai fastidioso. La gioventù, poi, è un concetto astratto. Malagò non ha smesso di frequentare Cortina. Gli amici non perdono le vecchie abitudini e non ci si perde di vista.

Inchiesta
Malagòpoli, l'incredibile rete di potere di Giovanni Malagò
11/10/2016
Marzio Perrelli, il vice presidente di Sky nonché ex banchiere di Hsbc, amico fraterno di Malagò, è ancora iscritto allo Sci Club 18 e al relativo elenco degli “azionisti” di Servizi 18. Non lontano ha casa Massimo Bochicchio, ex collega in Hsbc e amico di Perrelli. Entrambi sono clienti del circolo Aniene. Bochicchio è il finanziere denunciato dall’allenatore Antonio Conte per una truffa milionaria. In epoca di Hsbc, Marzio nominò Malagò consulente per l’Italia, invece l’amico Giovanni ha tentato invano di piazzarlo in Lega Calcio. La Fondazione sostiene che il conflitto di interessi, protocolli olimpici alla mano, diventi “rilevante” mentre si consuma, cioè alla firma di un contratto o all’alba di una trattativa. Però Malagò conta nella Cortina che conta e potrebbe non accorgersi di un conflitto di interessi che si sta consumando e, questione principale, non potrebbe accorgersene la Fondazione. Un sorso di trasparenza e passa la paura.

Nonostante il vuoto di memoria sulla società Sopiazes srl, nelle prime riunioni della Fondazione, per fortuna Malagò si è ricordato di indicare l’unico e insostituibile comunicatore delle Olimpiadi: sé stesso. Ai consiglieri ha imposto un documento con cui si impegnano a chiedere il permesso al presidente Malagò, e in subordine all’amministratore delegato Vincenzo Novari, per interviste o convegni anche se non toccano argomenti «sensibili e riservati»; poi ha «rimesso al presidente Malagò il compito di rappresentare la fondazione presso terzi, assicurando in tal modo che essa comunichi verso l’esterno con una sola voce». Ed è pure una bella voce, non soltanto sola. Al terzo e ultimo cda, finalmente Malagò ha stabilito il compenso per l’ad Novari: 450.000 euro di base più bonus di 100.000 all’anno fino al 2026. Ci sono le premesse per dei magnifici Giochi.

L’ossessione di Malagò, però, è la riforma dello sport di Giancarlo Giorgetti. Il leghista non sovranista, ex sottosegretario a Palazzo Chigi del governo Conte I, gli ha scippato la cassa dello sport e l’ha consegnata a un’azienda del ministero del Tesoro che si chiama Sport e Salute, diretta prima da Rocco Sabelli e adesso da Vito Cozzoli, già capo di gabinetto del ministro Luigi Di Maio. Il Coni non distribuisce più denaro statale alle federazioni sportive che eleggono il suo presidente. Non ne detiene più la vita e la morte. La riforma relega il Coni a un ruolo di mero preparatore delle missioni olimpiche, mentre lascia al governo la guida completa dello sport. Malagò ancora non se ne capacita. E con maestria si riprende ciò che reputa suo. All’inizio ci provò - addirittura con due lettere - invocando al Comitato olimpico internazionale (Cio) severe sanzioni contro l’Italia: per l’ingerenza del governo, arringava Malagò, si profila l’esclusione dai Giochi di Tokyo o l’addio alle Olimpiadi di Milano e Cortina. Il Cio adora Malagò, certo, e gli va in soccorso, ma tollera l’Iran che ha giustiziato un campione di lotta e accetta persino che al timone del Coni bielorusso ci sia la famiglia del despota Lukashenko, padre capo e figlio vice. Per una volta l’Italia potrebbe apparire innocente.

Il governo giallorosso ha ridestato l’orgoglio di Malagò e riavviato il circuito dei contatti dell’Aniene, che piace a gente che si piace, sia di destra o di sinistra. Con il supporto di Italia Viva di Matteo Renzi e del Pd di Nicola Zingaretti e la copertura al centro di Gianni Letta, Malagò è riuscito a instaurare un discreto rapporto con Vincenzo Spadafora, il ministro per lo Sport dei Cinque Stelle. Il Movimento un tempo era fra i suoi irrimediabili avversari, per esempio con l’ex sottosegretario Simone Valente. Entro novembre va approvato il testo unico che attua la legge delega di riforma dello sport del 6 agosto 2019. Sembra uno scioglilingua, in realtà è un classico modo per decidere e poi decidere di nuovo domani.

Ogni giorno Malagò ricuce un brandello di impero e sottrae territori a Sport e Salute. Al Coni pare necessario avvalersi di 238 dipendenti, il triplo della Francia, il quadruplo della Gran Bretagna, otto volte la Spagna. Nient’altro che un espediente per ricreare una struttura ben ramificata, che ripristini il comando sulle federazioni e le associazioni sportive, che non rinunci alla Scuola dello sport o all’Istituto di medicina sportiva. Al leghista Giorgetti e al pentastellato Valente è toccato il privilegio di impensierire il padrone del Coni per un anno o poco più, quel che basta per mostrare un suo lato vulnerabile. Malagò ha mezzo governo fra i suoi seguaci e mezzo apparato pubblico fra i suoi interlocutori: accademici, burocrati, funzionari, da sempre arruolati a titolo gratuito nelle sezioni disciplinari del Coni. Alessandro Pajno, ex presidente del Consiglio di Stato è alla Commissione di garanzia; l’attuale presidente aggiunto, l’ex ministro Franco Frattini, è al vertice del Collegio. Alla fine Malagò potrà appuntarsi l’ennesima medaglia. È stato solo un brutto spavento.

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