Negli ultimi dodici mesi il sistema dei partiti ha ricevuto in elargizioni private 47 milioni di euro e, tra i donatori, ci sono 400 aziende e molti imprenditori di edilizia, sanità e università private. Così la fine del finanziamento pubblico ha abbandonato i partiti impoveriti in mano a interessi particolari

E alla fine, per dare una mano a Carlo Calenda, sono scesi in campo anche i signori del cemento. Un bonifico da cinquemila euro è arrivato da Nicolò Rebecchini, erede di una dinastia di costruttori romani che da decenni naviga tra affari e politica. Mentre Pietro Salini, patron del gruppo Webuild, il campione nazionale delle grandi opere, ha versato diecimila euro. I loro nomi, però, non compaiono nell’elenco pubblico dei finanziatori di Calenda, candidato sindaco, poi sconfitto, della Capitale. Nell’ultima settimana di settembre, pochi giorni prima del voto, i due imprenditori si sono fatti avanti dietro lo schermo di società personali: Athena partecipazioni, che fa capo a Salini, e Monte della Breccia, amministrata da Rebecchini. Tutto regolare, perché la legge non impone di rendere noti gli azionisti delle società che erogano i contributi. E così, se si scorre la lista dei finanziatori della politica consultabile sul sito del Parlamento, ci si imbatte in decine di sigle anonime e spesso diventa difficile individuare il mandante del pagamento.

 

L’Espresso ha analizzato e rielaborato le mille pagine di documenti che registrano le donazioni a partiti e movimenti politici. Un file sterminato, compilato sulla base di quanto previsto dalle norme varate a gennaio del 2019 con l’evocativo titolo di “Spazzacorrotti”. Studiate per mettere ordine nella giungla dei finanziamenti, le nuove regole hanno solo in parte risolto il problema. Gli obblighi di rendicontazione sono stati estesi anche alle fondazioni, sempre più utilizzate come collettori di donazioni, ma la norma è rimasta in gran parte inattuata perché solo una ventina di enti hanno fin qui risposto all’appello e ne mancano migliaia. Tutto questo mentre le indagini della magistratura, da Firenze (fondazione Open di Matteo Renzi) a Genova (Change del presidente ligure Giovanni Toti), alimentano i sospetti di finanziamenti illegali. La norma del 2019 ha anche imposto nuove modalità di rendicontazione: tutti gli oboli devono essere pubblici e tracciabili, ma alla fine gli intrecci tra politica e affari, tra interessi privati e il legittimo sostegno agli ideali dei partiti, si perdono nelle migliaia di pagine messe sul sito del Parlamento. E il finanziamento della politica diventa così un grande bazar: secondo l’elaborazione de L’Espresso, tra l’agosto del 2020 e settembre scorso scorso, il sistema dei partiti ha ricevuto circa 47 milioni di euro, in gran parte sotto forma di contributi versati dagli stessi parlamentari. Gli elenchi però comprendono anche le erogazioni di oltre 400 aziende e imprenditori. Per dare un metro di paragone, l’intero sistema del 2 x mille ai partiti vale meno di venti milioni di euro l’anno.

 

Speciale
Il motore di ricerca dei finanziamenti privati ai partiti italiani
3/12/2021

Cari leader

Dati alla mano, i movimenti nati da poco per iniziativa di politici che si sono messi in proprio, tagliando i ponti con i partiti, sembrano essere il nuovo affare. Il già citato Calenda ha raccolto più di un milione e mezzo di euro suddivisi tra Azione e il suo comitato per le Comunali di Roma. Il ligure Toti, leader di Cambiamo!, ha incassato circa 660 mila euro, mentre la campagna elettorale di Beppe Sala, appena rieletto alla guida di Milano, è stata finanziata da circa 400 mila euro di contributi privati. Le ambizioni di questi nuovi leader hanno trovato il sostegno concreto di decine di imprenditori, professionisti, banchieri. Un flusso di denaro che ha coinvolto grandi nomi di Confindustria e dei salotti buoni della finanza. Oltre a costruttori del peso di Salini e Rebecchini, si è mobilitato per Calenda anche il mondo della moda con Patrizio Bertelli, patron di Prada, insieme agli Zegna e ai Loro Piana. E poi Luca Garavoglia della Campari con il presidente di Federacciai, Alessandro Banzato, un big della siderurgia come Giovanni Arvedi e i Merloni della Ariston, appena sbarcati in Borsa, Gianfelice Rocca della Techint e i petrolieri Brachetti Peretti. Tutti hanno inviato bonifici tra 10 e 50 mila euro, ma c’è anche chi ha preferito dividere in due l’impegno. Stefano Achermann, il consulente di banche e assicurazioni che di recente si è messo in società con Fedez, ha contribuito alla campagna elettorale di Calenda a Roma (duemila euro) e a quella di Sala a Milano (duemila euro). Il primo cittadino della metropoli lombarda, reduce da una lunga carriera da manager, ha incassato generosi contributi provenienti dagli ambienti finanziari che frequenta da sempre. Non per niente la lista dei suoi sostenitori comprende Federico Sarruggia di Permira e Roberto Notarbartolo di Villarosa, ex Mediobanca, l’immobiliarista Daniel Buaron e Marco Drago, che guida il gruppo De Agostini. Ben introdotta nel mondo della finanza è anche Stefania Bariatti, avvocato e docente universitaria di dichiarate simpatie renziane, presidente fino all’anno scorso del Monte dei Paschi di Siena. Bariatti ha contribuito con mille euro al comitato di Sala, il sindaco che l’ha nominata nel consiglio di amministrazione di A2a, l’azienda energetica quotata in Borsa e partecipata dal comune di Milano.

 

La Lega batte il Pd

Il sistema Lega, con le varie articolazioni regionali del movimento guidato da Matteo Salvini, è quello che incassa di più, dall’alto dei suoi 13 milioni di euro. Il Pd si deve invece accontentare del secondo posto con una cifra di poco superiore ai 9 milioni, mentre Fratelli d’Italia ha registrato movimenti finanziari per circa 3,4 milioni, davanti a Forza Italia che si è fermata a quota 2,2 milioni. Caso a parte è quello dei Cinque Stelle, a cui sono andati in totale circa 4,6 milioni inclusi i fondi destinati all’associazione Rousseau di Davide Casaleggio. Il movimento nato e cresciuto sull’onda delle campagne contro il finanziamento pubblico della politica in questi giorni ha completato con un referendum la sua trasformazione in partito violando anche l’ultimo tabù, quello del rifiuto dei contributi erogati tramite il versamento del 2 per mille dei cittadini.

 

I grandi partiti possono contare sulla rete di sezioni regionali e locali, capaci spesso di attirare interessi particolari. La Lega con le sue 35 articolazioni sul territorio ha raccolto quasi 5 milioni di euro e al partito di Salvini ultimamente guardano con molto interesse alcune catene commerciali del settore mobili. Giovan Battista Carosi, patron di Mondo Convenienza, lo scorso 6 settembre ha donato 50 mila euro, il 27 luglio altri 50 mila li ha invece dati la Giessegì, industria mobili del Maceratese che Salvini ha visitato in uno dei suoi tour elettorali: il patron Gabriele Miccini lo scorso marzo ha chiesto alla Lega di sostenere la riapertura immediata dei negozi di mobili. In Liguria, la Green Up, il 2 settembre 2020, ha invece erogato alla sede regionale del Carroccio 15 mila euro: la società gestisce la discarica di Bossarino nel Savonese ed è amministrata da Flavio Raimondo, manager anche della Ecosavona che ha sponsorizzato la squadra di calcio di Vado, la Vadese: «Abbiamo accolto l’appello della sindaca Monica Giuliano». Sindaca targata Lega.

 

Il Pd di Enrico Letta a livello nazionale raccoglie meno di 3 milioni, ma il grosso lo gestiscono le 100 sezioni locali che hanno ricevuto oltre 6 milioni di euro, tra dubbi e potenziali conflitti di interesse. Solo per fare un esemio, ai dem di Rimini il 21 settembre la società immobiliare Sias e la Costruzioni meccaniche Paglierani hanno donato quattromila euro ciascuna. Pochi giorni prima, la giunta di centrosinistra di Santarcangelo di Romagna, in provincia di Rimini, aveva dato il suo ok definitivo alla variante per la costruzione di un supermercato nei terreni della Paglierani. A proporre la variante, come segnalano i documenti depositati in Comune, è stata la Sias.

 

Negli ultimi mesi anche Fratelli d’Italia ha attirato gli interessi crescenti del settore privato. Il maggiore donatore di Meloni è il colosso della sanità privata Gruppo Villa Maria che ha il suo cuore in Emilia Romagna ma progetti di espansione anche nel centro Italia e ha erogato 50 mila euro. Sempre nello stesso settore opera la Euroclinic srl che ha donato diecimila euro lo scorso agosto. La Aep (Attività edilizie pavesi) ha versato invece 45 mila in due tranche: l’azienda ha realizzato negli ultimi anni alcuni store di Esselunga, tra cui quello di Lodi che ha visto il partito di Meloni in prima linea per supportarne la costruzione, con tanto di raccolta di firme tra i cittadini per sostenere la bontà del progetto. Anche diverse associazioni imprenditoriali puntano a Fratelli d’Italia. Confartigianato Marche ha versato 12.500 euro pochi giorni dopo la proclamazione di Francesco Acquaroli di Fdi come governatore delle Marche. Ma il partito di destra piace anche alle associazioni datoriali come Confagricoltura, Confapi e Coldiretti che hanno donato tra i mille e i quattromila euro. Meloni per molti rappresenta il futuro carro del vincitore e nel dubbio meglio farsi subito avanti, soldi alla mano.

 

Silvio and friends

Forza Italia, partito azienda per eccellenza, sopravvive grazie al suo azionista unico Silvio Berlusconi, che si è fatto carico degli oltre 90 milioni di debiti bancari accumulati dalla sua creatura politica, altrimenti destinata alla bancarotta. Nell’ultimo anno, l’obolo di Berlusconi, 100 mila euro dalla Fininvest e altrettanti da suo figlio Luigi, ha dato un contributo decisivo per sostenere le casse esauste del movimento, ma insieme all’ex premier si sono fatti avanti anche altri donatori. Il primo della lista, con 95 mila euro versati nel settembre scorso, è il fondatore dell’Università telematica Niccolò Cusano (Unicusano), Stefano Bandecchi. Al secondo posto troviamo invece l’ex presidente di Confindustria, l’imprenditore campano Antonio D’Amato. Entrambi, come vedremo, hanno ottimi motivi per aprire il portafoglio.

 

Origini toscane, un passato da militante di estrema destra, il patron di Unicusano aveva versato 40 mila euro anche nel 2020. Nel frattempo, il partito di Berlusconi è andato al governo e Bandecchi si è messo in scia. Un video postato su Instagram lo ritrae mentre si intrattiene nelle stanze del ministero dell’Agricoltura con il sottosegretario Francesco Battistoni, 54 anni, senatore di Viterbo che ha fatto carriera sotto l’ala protettrice di Antonio Tajani. Nell’aprile scorso, Bandecchi ha annunciato che l’amico Battistoni lo aveva nominato suo «consigliere economico-industriale. Nel sito del dicastero agricolo, però, non c’è traccia di questo incarico. In compenso, a Roma molti ricordano la foga con cui nel gennaio del 2020 il futuro sottosegretario berlusconiano incalzò l’allora ministro dell’Università Gaetano Manfredi per ottenere la cancellazione di una norma che penalizzava gli atenei telematici. Compresa l’Unicusano del sodale Bandecchi, gran finanziatore di Forza Italia.

Anche per D’Amato il sostegno del partito di Berlusconi si è rivelato molto utile per difendere i profitti dell’azienda di famiglia. L’imprenditore campano controlla la Seda di Arzano, alle porte di Napoli, un gruppo che ha fatto fortuna grazie al packaging, scatole e contenitori di ogni genere che servono a confezionare i prodotti più diversi, compresi cibi e bevande. E nei mesi scorsi D’Amato si è speso molto contro la direttiva dell’Unione Europea che minacciava di mettere fuori mercato i contenitori monouso in carta, compresi quelli rivestiti da una pellicola di plastica. Il patron della Seda, 700 milioni di fatturato, ha attaccato la Commissione di Bruxelles, paventando il rischio di un «fondamentalismo ambientalista» che finisce per danneggiare la crescita economica. Sulla stessa linea si è schierata anche Forza Italia, che da anni chiede di allargare le maglie della direttiva denominata Single use plastic (Sup). Obiettivo raggiunto: il 5 novembre scorso il governo di Roma ha varato un decreto legislativo che recepisce solo in parte le regole stabilite a Bruxelles, salvando, tra l’altro, i prodotti con rivestimenti in plastica inferiori al 10 per cento del peso. Forza Italia ha vinto. E D’Amato, dall’alto dei 110 mila euro donati al partito di Berlusconi, ringrazia sentitamente.