Al via il processo vaticano al Cardinale Angelo Becciu. Alla sbarra tra gli altri anche i finanzieri Enrico Crasso, Gianluigi Torzi e Raffaele Mincione e la presunta esperta di intelligence Cecilia Marogna
Oltre ventimila pagine di atti depositati per ricostruire la presunta truffa legata all’acquisizione del palazzo di Sloane Avenue a Londra che ha portato alla depredazione di 400 milioni di euro delle finanze vaticane
L’appuntamento per l’apertura del dibattimento è per martedì 27 luglio in una sala ricavata dai Musei Vaticani, data l’ingente mole degli indagati coinvolti (10), gli atti, i testimoni e la ragnatela di società, non sarebbe bastata l’esigua aula del tribunale Vaticano. Un processo che segna la fine di un’epoca di non perseguibilità intorno ai reati finanziari dentro la Santa Sede e di fatto mette alla sbarra un sistema di potere sopravvissuto anche al cambio di pontificato tra Ratzinger e Bergoglio. Un sistema che secondo gli investigatori avrebbe avuto ai vertici il cardinale sardo Angelo Becciu e che si sarebbe avvalso di una struttura parallela a quella consentita dai regolamenti per imporre e strutturare affari non in linea con l’etica vaticana.
IL DOSSIER: ECCO IL SISTEMA BECCIU
Papa Francesco, che tolse le prerogative cardinalizie a Becciu, in tutto questo tempo fatto di indagini dolorose ha dimostrato determinazione e ha finalmente mandato in soffitta l’idea nell’opinione pubblica di un pontificato simbolico, dove le riforme rimanevano lettera morta.
Alla sbarra con Becciu andranno Enrico Crasso, Raffaele Mincione, Cecilia Marogna, Gianluigi Torzi, Monsignor Mauro Carlino, Fabrizio Tirabassi, l’avvocato milanese Nicola Squillace, Tommaso Di Ruzza e René Brülhart con accuse a vario titolo che vanno dal peculato alla truffa passando per l’appropriazione indebita. Un processo che vedrà oltre le storie di corruttela e peculato che costituiscono l’ossatura del dispositivo di rinvio a giudizio, il dibattimento porterà alla luce il metodo di gestione del potere degli uomini dell’ex numero tre del Vaticano.
Dalle chat acquisite dai cellulari di Enrico Crasso, già gestore delle finanze degli Affari Generali della Segreteria di Stato, si ricostruisce il tessuto relazionale esistente tra lui e Becciu, entrambi per tutta la durata dell’inchiesta hanno sottolineato di non aver avuto mai rapporti, se non di natura ufficiale. Realtà totalmente smentita dai carteggi online tra i due; come si legge negli allegati dell’inchiesta infatti i due agiscono in regime di assoluta complicità, definendo strategie e cercando di sminare il campo con una sorta di sala stampa vaticana alternativa che si snoda nelle chat dove i due si scambiano informazioni e pareri tra cui la convinzione che dietro le rivelazioni sulle movimentazioni economiche degli Affari Generali vi siano giornalisti “foraggiati da Raffaele Mincione”. Il tentativo di indirizzare una narrazione pubblica intorno alle vicende del palazzo di Sloane Avenue a Londra si salda poi nelle conversazioni con l’idea che la magistratura non arriverà fino in fondo, un atteggiamento costante in tutti i protagonisti della vicenda, che in tutti questi anni hanno giocato a scaricare reciprocamente la responsabilità sugli altri, facendo della strategia del “tutti colpevoli nessun colpevole" una sorta di mantra teso a salvare le varie casse ancora piene di soldi in giro per il mondo. In questo senso va riposta particolare attenzione secondo gli inquirenti ai due conti correnti personali di Enrico Crasso nelle filiali UBS di Miami e del Connecticut dove avrebbe di fatto spostato i soldi delle sue società coinvolte nello scandalo vaticano. Anche per questo motivo le Autorità Finanziarie americane hanno aperto un fascicolo che anticiperebbe l’istituzione di un’inchiesta federale. Notizie similari giungono dalla Svizzera, dove gli inquirenti procedono le operazioni di setaccio dei conti e delle società che si sono rapportate con la Sogenel, il Fondo Centurion e la galassia di altre sigle che compaiono nell’inchiesta. I magistrati elvetici, che hanno fornito puntuali indicazioni alle autorità vaticane, stanno riavvolgendo il filo dello storico delle transazioni e dei rapporti, cronologia che porterebbe indietro le lancette del tempo a prima dell’affare londinese e illuminerebbe la partita dell’acquisto di derivati azionari portato avanti da Lorenzo Vangelisti e Alessandro Noceti con la filiale di Lugano di BNP e Deutsche Bank e con istituti finanziari a Singapore. Una donna, in passato consulente esterna dello IOR avrebbe raccontato agli investigatori di intere giornate dedicate all’acquisto e alla rivendita di derivati, da parte di Vangelisti che come un rider girava per il tempo della sua permanenza a Roma dentro una vettura che diveniva un salotto mobile dove prelati, lobbisti e finanzieri si alternavano. Un giro di affari estraneo a quello degli affari della segreteria di Becciu, ma che gli inquirenti elvetici tengono in considerazione per ricostruire il modus operandi del mondo finanziario intorno ad Enrico Crasso e per comprendere se vi siano maturati altri illeciti
I vari blocchi di interesse degli ex membri della segreteria del presule sardo, tra cui Fabrizio Tirabassi e Monsignor Mauro Carlino, come abbiamo raccontato in precedenza, spaziavano dagli affari immobiliari a quelli sanitari, arrivando a gestire cartolarizzazioni e rapporti con cooperative come la OSA di Giuseppe Milanese, a cui ricordiamo fu concesso un prestito obbligazionario e l’ospedale Fatebenefratelli di cui Gianluigi Torzi “acquisì” i crediti sanitari con la società Sunset ltd. Crediti mai pienamente ripagati all’ospedale che anche per questa manovra gestionale avventata da parte dell’Ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio si trova in cattive acque, tanto da essere stato messo in vendita e che come abbiamo raccontato vede il forte l’interesse del Gruppo San Donato, capitanato da Angelino Alfano e da Kamel Ghibri. Proprio ad un incontro con Angelino Alfano in qualità di rappresentante del gruppo San Donato fa riferimento l’ex sottosegretario Giancarlo Innocenzi Botti, a capo della JCI società della galassia Torzi, che arriverà a cercare di ricomprare il palazzo di Sloane Avenue con Marco Simeon e l’ex ambasciatore Giovanni Castellaneta, in una chat con il broker molisano scrive: “Ieri sono stato lungamente con Angelino Alfano, che come sai è presidente del gruppo San Donato (Rotelli) e board member di Bonelli Erede Pappalardo. Penso che possano venire fuori buone opportunità”.
Anche per questo motivo Papa Francesco qualche giorno fa, nell’inedito Angelus dal Policlinico Gemelli, dove si trovava per un intervento di stenosi diverticolare al colon (la biopsia inoltre ha escluso qualsiasi ipotesi di patologia tumorale), ha tolto dal mercato ospedali ed indotti sanitari gestiti dalle congregazioni religiose, il Pontefice ha dichiarato a braccio e con sguardo severo che: “nella Chiesa succede a volte che qualche istituzione sanitaria, per una non buona gestione, non va bene economicamente e il primo pensiero è venderla. Ma la tua vocazione, Chiesa, non è avere quattrini, ma fare il servizio: salvare l’istituzione gratuita”.
Un nuovo filo rosso che Bergoglio sembra aver spezzato sul nascere, un nuovo segnale a coloro che vedevano con la chiusura dell’inchiesta sul cardinale Becciu un punto di arrivo. Francesco sembra avere intenzione non solo di completare il ciclo di riforme ma di riformare la sanità vaticana togliendola dal ricatto della politica e della finanza, perché oltre la verità, per Bergoglio anche una sana ed etica gestione delle finanze, rende liberi.