L’Unione europea vuole il gasdotto con la Spagna per fare di Roma l’hub di smistamento nel continente e liberarsi dai ricatti di Putin. Ma gli amministratori locali frenano. Giani (Toscana): «Abbiamo già una piattaforma e presto avremo una nave, prima di altre cose il governo deve discutere»

Compreso che le buone intenzioni non sono sufficienti a emanciparsi dalla dipendenza energetica dalla Russia, l’Europa incita la Spagna e l’Italia a unirsi con una semplice tubatura in acciaio, il fu vituperato gasdotto, per trasportare gas metano. Per i loro interessi. E per quelli del continente. Ogni giorno il guerrafondaio Vladimir Putin ha la manopola del gas puntata alla tempia degli europei. Questo negoziato fra Roma e Madrid lo indebolisce. I ministri italiani - l’ultimo Luigi Di Maio (Esteri) - dicono che l’Italia ha prenotato ovunque miliardi di metri cubi di gas per sottrarsi al ricatto di Mosca, il principale fornitore, ma non dicono che la disperata spesa di un bene conteso fa aumentare i prezzi e di conseguenza i costi per le famiglie e le imprese.

 

Il metano liquefatto (gln) che arriva con le navi dagli Stati Uniti, per esempio, oltre a inquinare, va stoccato in porto o in mare. Il noleggio di una nave è di circa 200 mila euro al giorno, più sensato e però più laborioso è l’acquisto che oscilla dai 350 ai 400 milioni di euro. Tant’è che la Germania ne ha affittate 4 per 10 anni con 3 miliardi di euro.

 

Con grosso apporto di manutenzione, e non è un dettaglio gratuito, ogni nave riesce a lavorare 5 miliardi di metri cubi di gas in un anno. L’azienda statale Snam, di proprietà di Cassa depositi e prestiti, ne ha adocchiate un paio. Il fabbisogno italiano lo scorso anno ha superato i 75 miliardi di metri cubi. Algeria, Angola, Congo, Qatar, Libia, Stati Uniti: ci si sbraccia per vendere metano a Roma, però non ci sono le infrastrutture.

 

Quello che manca all’Italia, i rigassificatori, la Spagna ne ha in abbondanza. La penisola iberica da Lisbona a Barcellona è la porta d’ingresso per le esportazioni degli americani. Il governo di Madrid dispone di 6 rigassificatori capaci di trattare almeno 50 miliardi di metri cubi di gas e non sono funzionanti a pieno carico, anzi neppure per la metà. Siccome la Spagna ha il carbone, il nucleare, il solare, l’eolico, il consumo di metano è di soltanto 32 miliardi di metri cubi, di cui una decina proviene dalla coppia di gasdotti che la collegano ai giacimenti algerini. Perciò Madrid ha il bisogno, e dunque l’occasione, di sfruttare la sua batteria di rigassificatori.

In passato la Spagna ha tentato di incrementare le spedizioni di metano nella confinante Francia che ne riceve già 7 miliardi di metri cubi attraverso i Paesi Baschi e la Navarra. L’ambizione era di immettere altri 10 miliardi nel mercato europeo col progetto Midcat concepito dalla spagnola Enagas e dalla francese Terega (di cui l’italiana Snam è azionista al 40 per cento). Parigi non ha accettato intromissioni nelle sue politiche energetiche, rivolte soprattutto al nucleare, e si è affrettata a tramortire il Midcat. E nemmeno la Germania di Angela Merkel ne era entusiasta poiché impegnata ad avvinghiarsi ancora di più ai rifornimenti di Mosca. Secondo le istituzioni e la burocrazia, che a volte appaiono sinceramente autoironici, il Midcat era inutile perché l’epoca del metano era conclusa e nessuno l’avrebbe più richiesto.

 

Adesso la Spagna socialista di Pedro Sanchez ha il privilegio di avere a Bruxelles il socialista Josep Borrell - che era già ministro quando Sanchez studiava all’università - nel ruolo di commissario europeo per la politica estera. Il gasdotto è innanzitutto un prodotto di politica estera, in special modo se per la costruzione si può accedere ai finanziamenti europei come previsto dal piano europeo “Repower”. Rilevante l’apporto del diplomatico italiano Stefano Sannino, già ambasciatore presso l’Unione europea e più di recente in Spagna, segretario generale del servizio europeo per l’azione esterna, cioè degli uffici del commissario Borrell.

 

In questa fase di angoscia collettiva, di paura di spegnere le fabbriche e non di regolare i condizionatori (citazione di Draghi), i francesi non hanno motivo di essere contrari e invece i tedeschi, che sono di fatto sottomessi al metano di Putin, hanno motivo di essere sostenitori di qualsiasi opera di condivisione energetica. I protagonisti sono sempre Enagas e Snam che collaborano già da tempo e che entro l’autunno aspettano lo studio di fattibilità per enunciare le caratteristiche del gasdotto: lunghezza attorno ai 700 km di tubi sottomarini, partenza a Barcellona e approdo in Toscana (forse Livorno), portata auspicata di 30 miliardi di metri cubi, 3 miliardi di euro di investimenti, tipologia b31.12 e dunque adattabile all’idrogeno, l’attesa stimata per il varo è di tre anni scarsi da settembre.

 

La cornice diplomatica sembra perfetta. Lo spagnolo Sanchez ne ha parlato con Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, e quindi col collega italiano Mario Draghi. Persino il Copasir, il comitato parlamentare che vigila sull’intelligence, ha espresso il suo pubblico apprezzamento. Allora è fatta. No, tutt’altro.

 

Sperimentare una integrazione così avanzata nel settore energetico rafforza l’Unione. E di riflesso agita chi la osteggia. Un tema che verrà (e già viene) utilizzato dai politici locali è di facile previsione: il gasdotto conviene agli spagnoli, non agli italiani. La risposta immediata è: sì. Però la risposta ignora gli eventi degli ultimi mesi: ciò che è utile lì in Spagna è poi utile e conviene pure qui in Italia. Madrid ha la necessità di «stappare» i suoi rigassificatori e Roma ha l’opportunità di differenziare le sue fonti energetiche e di trasformarsi in centro per lo smistamento del metano in Europa.

 

La società per la gestione del gasdotto sarebbe di pari quota o addirittura a guida italiana di Snam, il metano che entra in Europa da Portogallo e Spagna sarebbe distribuito dalle reti di Snam che da Masera in Piemonte possono raggiungere la Scandinavia. Il controllo tecnico di altri 30 miliardi di metri cubi di gas può garantire a un Paese povero di materie prime una “autonomia” energetica e un vantaggio concreto per abbattere i prezzi.

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Questo non è lo scenario migliore per la salute della Terra, certo. Questa non è una cura immediata, ovvio. Questa non è una scelta libera, senz’altro. Questo è un modo, però, per evitare che Putin possa spegnere l’Italia quando e come gli pare. Con qualche clausola, come premette il dem Eugenio Giani, presidente della Toscana a L’Espresso: «Noi ci impegniamo ad avere sempre un atteggiamento positivo quando di mezzo ci sono le esigenze nazionali. Ne discutiamo. La nostra regione già da anni ha una piattaforma al largo di Livorno e si sta valutando l’ipotesi di collocare una nave rigassificatrice al porto di Piombino per un periodo limitato. Nessuno mi ha informato del gasdotto con la Spagna, non mi oppongo con pregiudizi, ma ripeto che la Toscana va consultata e va cercato un luogo adatto a ricevere i tubi. Altrimenti i cittadini potrebbero non spiegarsi perché tutto sia concentrato da queste parti». Francesco Ferrari, sindaco di Piombino di Fratelli d’Italia, ha già contestato la nave rigassificatrice nel mare della città con due argomentazioni: danneggia il traffico turistico di un porto appena ristrutturato, deturpa il paesaggio con i suoi trecento metri di lunghezza.

 

Snam è in procinto di comprare due navi per collocarle nell’Adriatico e proprio nel Tirreno per rivolgersi ai carichi provenienti da ovest e da nord poiché il metano africano sbarca in Sicilia e quello azero in Puglia col Tap.

 

Una nave sarà accolta davanti alle coste ravennati, nessuno fa obiezione, e un’altra spetta ai toscani. «Io non sono sfavorevole. Se è una situazione provvisoria e come sembra necessaria, non possiamo rifiutare. È un nostro diritto poi trattare sugli investimenti statali per strade, bonifiche, incentivi e definire i minimi particolari. Lo stesso vale per il gasdotto. Più complicato illustrare ai cittadini ordini calati dall’alto», aggiunge il presidente Giani. La Toscana è una prova impegnativa e anche rivelatrice per il governo italiano.

 

Se l’Italia non è sovrana nell’energia e, peggio ancora, è suddita di Mosca, lo si deve alle decennali esitazioni nel pensare, elaborare, attuare una strategia comune, nazionale, valida per più di una campagna elettorale. La posizione geografica attribuisce alla Toscana un sovrannumero di compiti: una piattaforma in mare, una nave da trecento metri e probabilmente un gasdotto. La trasparenza è un dovere. Impettirsi e celebrare le razzie di gas e tacere del resto, invece, è l’ennesimo esercizio di propaganda. Prima o poi da tassare severamente.

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