Nuovi equilibri
Con la Destra al governo balneari e tassisti puntano a salvarsi da Bolkestein e concorrenza
Draghi corre per blindare la norma sulle concessioni di beni pubblici varata in agosto. Con poche speranze di farcela e parecchi frenatori nella sua stessa squadra. Così le lobby puntano a nuove proroghe e i fondi del Pnrr sono a rischio
Se il governo Meloni sarà la falla decisiva sotto la linea di galleggiamento dell’Ue, si vedrà presto. E non da improbabili fughe fra le braccia della Russia ma dai particolari della vita governativa poco seguiti da pubblico e cronisti.
Il governo Draghi sta correndo per portare a casa entro la legislatura i decreti attuativi della legge 118 sulla concorrenza. La norma è stata approvata il 5 agosto ed è entrata in vigore il 27 agosto dopo mesi di battaglia contro categorie protette di varia estrazione come tassisti, balneari, gestori di impianti idroelettrici, aziende di smaltimento rifiuti e concessionari portuali.
In nome dell’antiquata direttiva Bolkestein sulla concorrenza approvata da Bruxelles nel 2006, l’Ue pretende le liberalizzazioni della 118 come una delle undici condizioni imposte all’Italia per sbloccare i fondi del Pnrr. Ma il tempo è tiranno e i vincitori designati delle elezioni politiche hanno aperto le ostilità già da prima del consiglio dei ministri del 16 settembre che ha approvato due decreti. Secondo le tre componenti della destra (Lega, Fdi e Fi), non spetta all’esecutivo uscente decidere come si faranno le nuove gare sulle licenze, previste entro la fine del 2024.
Il ministro leghista del Turismo Massimo Garavaglia ha minacciato le dimissioni, non proprio un terremoto per un governo che si è già dimesso, salvo l’ordinaria amministrazione. I meloniani sono i più accaniti. Il candidato al Senato Antonio Balboni, avvocato ferrarese cresciuto nel Msi, ha dichiarato che in caso di vittoria le gare sulle concessioni balneari saranno sospese. Il messaggio è stato rilanciato da Riccardo Zucconi, capogruppo Fdi nella commissione attività produttive della Camera, ricandidato il 25 settembre.
«La nostra richiesta è perentoria. Il governo non approvi i decreti attuativi sulle concessioni balneari e consenta all’esecutivo che verrà di verificare se e quali possibilità ci sono di preservare la continuità di un settore tanto fondamentale per il nostro turismo». Il parlamentare ricandidato Galeazzo Bignami, fotografato anni fa con un bracciale nazista a una festicciola di addio al celibato, dal sito “La voce del patriota” tuona contro la legge sulla concorrenza: «Non saremo complici di questo scempio». Scempio che prevede la novità del Siconbep, la nuova banca dati del Ministero dell’Economia che raccoglierà ogni informazione sulle concessioni di beni pubblici.
Lo spauracchio delle spiagge italiane occupate dalle multinazionali e la rovina dei tassinari a opera di Uber sono carte vincenti del consenso a destra. Ma le rendite di posizione con rinnovo automatico generazione dopo generazione hanno estimatori anche nello schieramento opposto. Mercoledì 14 settembre a Cervia (Ravenna) il convegno organizzato da Mondo balneare, la piattaforma web dei gestori di lidi, ha invitato esponenti dell’intero quadro parlamentare. Oltre a Bignami e a Massimo Mallegni, senatore forzista e parte in causa come imprenditore turistico versiliese, a Cervia c’erano la democrat Manuela Rontini, consigliera regionale dell’Emilia-Romagna candidata all’uninominale al Senato, il senatore grillino uscente Marco Roatti, ricandidato da Giuseppe Conte, e Giovanni Paglia, capolista alla Camera nel plurinominale in Romagna per l’alleanza Verdi-Sinistra. Anche chi non deve andare a caccia di voti come Stefano Fassina, deputato di Leu in questa legislatura, ha pubblicato un libro a fine luglio (“Il mestiere della sinistra”) dove, in polemica con la Bolkestein, si rivaluta il protezionismo applicato alle categorie deboli, colpite dalla concorrenza asimmetrica delle piattaforme digitali. Quello che per Fassina è convinzione, per altre forze in calo di gradimento è la solita corsa a chiudere le stalle quando il parco buoi elettorale è già scappato.
Nel caos concorrenziale i paradossi abbondano. Non ci si aspetterebbe di trovare la categoria degli Ncc in polemica con la destra. Eppure un comunicato delle associazioni italiani di noleggio con conducente replica a muso duro ai deputati della Lega di Matteo Salvini. «Le multinazionali non c’entrano niente col Ddl Concorrenza, come dichiarato da loro», si legge nel testo datato 8 agosto. «Qui hanno accontentato la lobby dei taxi, garantendo loro dei diritti che ormai hanno da trent’anni. In questo modo hanno privilegiato un comparto all’interno della stessa legge a danno e a scapito dell’altro comparto, quello degli Ncc».
Sul piano dei numeri l’appoggio dei conducenti privati è una magra consolazione per il centrosinistra visto che a Roma sono registrate 1035 licenze Ncc contro 7800 taxi mentre a Milano il rapporto è 255 Ncc contro 6300 tassisti e a Napoli 153 Ncc a fronte dei 2.370 taxi.
Il caos ideologico-elettorale offre la replica nel caso delle centrali idroelettriche, già colpite dalla siccità. Qui le regioni governate dal centrodestra, soprattutto quelle dell’arco alpino dove si concentra la maggior parte del potenziale energetico del settore, vogliono mantenere il controllo da parte di enti locali a guida salviniana sbandierando l’italianità e proponendo l’allungamento delle concessioni contro la Bolkestein e contro il parere dell’autorità sulla concorrenza (Agcm) che si è opposta sia al rinnovo automatico sia alle gare costruite su misura per avvantaggiare il gestore uscente. Quattro anni prima della legge sulla concorrenza, nel 2018 Matteo Salvini vicepremier aveva regionalizzato le dighe con il Decreto semplificazioni per rafforzare i capisaldi di un consenso che oggi sembra in netto calo rispetto all’avanzata dell’alleata-rivale Meloni. In questo campo il caos è assoluto. Alcuni chiedono l’allungamento del periodo di concessione da 15-30 anni a 60-90 in nome di una strategicità cresciuta con la crisi energetica della guerra. Altri pensano che, in un mercato globalizzato come quello dell’energia, l’italiana Enel o la francese Edf pari sono.
Al di là delle posizioni di principio e della caccia al voto, per rendere pienamente operativa la 118 sono necessari provvedimenti che vanno ben oltre la fine della legislatura. Per i meccanismi della macchina burocratico-legislativa è la tempesta perfetta: crisi di governo, ferie estive, amministrazione ordinaria e quinte colonne sparse. Non a caso la pietra tombale sulla fretta di Draghi l’ha messa il viceministro allo sviluppo economico, il forzista Gilberto Pichetto, capolista alla Camera a Torino. «Spetterà al prossimo governo ultimare l’iter con eventuali correzioni di indirizzo». Non c’è motivo di accelerare quando si esce da un governo con ottime probabilità di entrare nel successivo.