Esclusivo
Il megaflop di Enea Tech: il carrozzone di Stato che doveva innovare spende solo in affitti e poltrone
La Fondazione presieduta dall'ex ministro Tria, e vigilata dal ministero delle Imprese, dovrebbe investire 500 milioni di euro per incentivare i progetti biomedicali e innovatavi. Eppure in tre anni non è riuscita a usare un euro, ma ha speso milioni soltanto per "organizzarsi": immobili, arredi, assunzioni, consulenze
La pur giovane Enea Tech già rinominata Enea Tech Biomedical, una fondazione di diritto privato vigilata dal ministero per le Imprese, si candida con prepotenza a un posto nella galleria dei carrozzoni dello Stato. In quasi tre anni di tumultuosa esistenza ha cambiato tre direttori generali di varia forgiatura, tre palazzi con un crescendo di metri quadrati, tre governi con tre ministri di riferimento, ma non è riuscita a utilizzare un euro – uno! – dei 500 milioni disponibili, si intende liquidi non stanziati, per assolvere il suo compito: finanziare società di grande valore innovativo e progetti di ricerca di ampio respiro. Al contrario Enea Tech Biomedical spende con una mirabile costanza il denaro per prepararsi a fare ciò che deve fare da tre anni e puntualmente non fa. La sintesi più efficace si rintraccia nella lettera di un dirigente del ministero esausto dopo l’ennesima reprimenda: «Si fa rilevare che nel triennio 2021-2023 la Fondazione ha impiegato quasi interamente la dotazione finanziaria iniziale di euro 12 milioni soltanto per dotarsi di una struttura organizzativa e per lo svolgimento di attività propedeutiche alla presentazione del piano programmatico per la gestione dei fondi». E siamo ancora alle “attività propedeutiche” con molte ombre.
Enea Tech è un progetto monco dei Cinque Stelle. L’origine risale al governo Giuseppe Conte II. Sotto il diluvio di miliardi per facilitare la ripresa dopo la pandemia, il ministro Stefano Patuanelli pensò di riservarne uno per l’innovazione. Così fu creata la Enea Tech. Enea per due motivi formali: l’omonima Agenzia nazionale per le nuove tecnologie ospita l’indirizzo legale e soprattutto il deposito dei 500 milioni di euro. Il controllo, però, è in capo al ministero per le Imprese. Appurata l’inefficienza della prima versione di Enea Tech, il governo di Mario Draghi aggiunse la missione scientifica, era l’epoca dei vaccini, e dunque le carte intestate e i biglietti da visita furono corretti in Enea Tech Biomedical. Al direttore generale Salvo Mizzi (insellato a settembre 2020) subentrò il direttore generale Marco Baccanti (marzo 2022) e al direttore generale Marco Baccanti è di recente subentrata Maria Cristina Porta (marzo 2023). Il trattamento economico è rimasto invariato: 230.000 euro, a ridosso del tetto per l’amministrazione pubblica. Invece il presidente, ormai ben saldo da un paio di anni (faccia gli scongiuri) e in servizio a titolo gratuito, è il professore Giovanni Tria, l’ex ministro dell’Economia nel governo di Giuseppe Conte in tenuta gialloverde con i leghisti. Tria ha portato con sé due storiche collaboratrici, la dirigente Daniela Skendaj e la caposegreteria Luisa Pannone. La Fondazione ha consumato parecchie energie per modulare e rimodulare l’organico. In una fase di espansione c’erano 8 dirigenti su 31 dipendenti, poi la proporzione è peggiorata con 7 dirigenti (manca il responsabile affari legali) su 24 dipendenti.
Purtroppo ciascun presidente e ciascun direttore generale ha peregrinato a lungo per Roma in cerca di un confortevole ufficio. Fu subito respinta la soluzione di un immobile pubblico. Vade retro. Allora la scelta è caduta (2021) su un appartamento in via Ludovisi, scarsi 500 metri quadrati di buon pregio per un accordo pluriennale a salire fino a 96.000 euro annui. La pandemia ha intralciato i sopralluoghi, la ristrutturazione, il trasloco e quindi la Fondazione, in emergenza perché via Ludovisi non era pronta ad accoglierli, nel 2022 ha affittato una manciata di stanze in piazza Indipendenza. Nel frattempo era intervenuta la riforma Draghi, i compiti si erano ampliati col biomedicale e, che peccato, ormai per la Fondazione lo spazio di via Ludovisi non era più sufficiente. Le complesse pratiche durate un biennio per sistemare le scrivanie sono costate oltre 130.000 euro più una penale di 35.000 per la rescissione anticipata del contratto di via Ludovisi. La fondazione Enea Tech Biomedical, acquisita una certa formazione nel campo immobiliare, lo scorso anno è andata a caccia di un terzo ufficio. Ecco che in primavera viene adocchiato il doppio piano di 1.000 metri quadri in via Po. Stavolta è stato un matrimonio: nove anni con un canone che a regime, incluso il condominio, sfiora i 25.000 euro al mese. Circa 1.000 euro a dipendente. Al ministero per le Imprese non hanno apprezzato: «Le spese di locazione sono effettivamente ingenti e la direzione vigilante competente lo ha segnalato – fanno sapere a L’Espresso – nella nota sul bilancio consuntivo 2022. La stessa ha sottolineato l’anomalia tenuto conto che la legge istitutiva ammetteva l’utilizzo di immobili appartenenti al Demanio in regime di comodato d’uso. Le anomalie della gestione finanziaria sono state evidenziate nella nota al bilancio 2022». Con la pazienza di fra’ Tommaso da Celano, che più volte fu spronato a levigare la biografia di San Francesco senza mai scoraggiarsi, le direzioni generali del ministero hanno supplicato più volte Enea Tech Biomedical di correggere le storture nel bilancio. Non minuzie: «Circa l’estratto conto e alle carte di credito in utilizzo, giova segnalare – si legge in un documento – che numerosi sono i pagamenti effettuati che non riportano una chiara indicazione del beneficiario e/o dell’oggetto del pagamento, sovente si riporta la dicitura beneficiari vari».
La Fondazione in tre anni ha prodotto zero e sta per bruciare il residuo dei 12 milioni di euro e perciò reclama i 20 milioni già maturati e non erogati (ce ne sono 60 per legge). Al ministero sono inflessibili: «L’attività di vigilanza del ministero si è sempre espressa con particolare attenzione nel richiamare la Fondazione a una oculata gestione delle risorse pubbliche». Pretendono rendicontazioni e prospettive industriali. Nonostante l’assorbente impegno con il ramo immobiliare, che ha richiesto più di 100.000 euro per gli arredi di via Po e un’attenta selezione della tappezzeria, la Fondazione ha trovato il modo di allestire una manifestazione di interesse per sostenere la medicina di precisione con finanziamenti da 100.000 euro a 15 milioni di euro. Al bando scaduto a giugno hanno risposto in 151. Anche qui non è successo nulla. In una comunicazione di luglio, con la stessa premura che si riserva ai neoiscritti di un corso serale di Economia aziendale, il ministero ha illustrato a Enea Tech Biomedical le procedure da adempiere prima (e non dopo) di indicare i progetti meritevoli di denaro pubblico.
Accantonata per un momento la medicina di precisione, la Fondazione si è concentrata sulla trattativa per comprare la Holostem Terapie Avanzate, costituita da Valline Srl (società della famiglia Chiesi) che ne ha la maggioranza, è un’azienda biotecnologica che dovrebbe sviluppare, produrre e distribuire farmaci per curare malattie della pelle. Nel 2022 Holostem ha chiuso il bilancio con 9,5 milioni di euro di rosso. È in liquidazione da un anno e in quest’anno il 37 per cento dei ricercatori è fuggito altrove. Valline e soci la mettono in vendita a un euro e garantiscono una dote di 17 milioni (bastano a tamponare due o tre anni). Il ministero è a dir poco scettico: «L’impostazione dell’operazione – si evince da un atto interno – risulta particolarmente critica ed espone al rischio che l’operazione possa essere qualificata come aiuto illegalmente concesso». La Fondazione non desiste: ha già reclutato consulenti, cacciatori di teste e un notaio per la firma degli atti e s’è fatta carico di costi superiori ai 150.000 euro per il capitolo Holostem. La spaccatura col ministero di Adolfo Urso (FdI) è lampante. Nessuno la nasconde. E diventa sempre più pericolosa. Ancora di più dopo il fulmineo licenziamento del dirigente Antonio Alizzi per presunti litigi con minacce di perdita del lavoro, verificatesi tra l’estate e l’autunno, ai danni di due colleghe. Il provvedimento è stato preso all’insaputa di gran parte del Consiglio direttivo. Alizzi era direttore del personale nonché responsabile degli appalti e degli acquisti e in particolare referente per la prevenzione della corruzione e della trasparenza (Rpct). La figura del cosiddetto Rpct è tutelata dall’Autorità Anticorruzione. La rimozione di Alizzi imponeva una delicata prassi e una attenta riflessione, tanto più per un dirigente che ha rivestito un ruolo chiave in un contesto non proprio esemplare. «Il licenziamento è al nostro vaglio perché potrebbe essere una misura ritorsiva», risponde l’Autorità. La fondazione Enea Tech Biomedical, che peraltro ha un dirigente addetto stampa, ha deciso di non replicare alle domande de L’Espresso. Forse sarebbe più semplice avere dritte su un trilocale in centro.