Il dato

Tutte le concessioni delle spiagge rendono allo Stato meno degli affitti della galleria del Duomo di Milano

di Gianfrancesco Turano   18 aprile 2023

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Per oltre diecimila lidi il ricavo effettivo è di 43 milioni di euro, meno di quanto incassa il comune di Milano dagli affitti della Galleria. In compenso, le proroghe alla Bolkestein possono fare saltare i miliardi dell’Ue

Gli affitti sono un mercato strano. Se sono pubblici, ancora di più. La galleria Vittorio Emanuele di Milano, secondo fonti del Comune, ha incassato poco meno di 53 milioni di euro di canoni nel 2021. Per quest’anno si punta a quota 60 milioni di euro. Ragionevole. Il lusso si paga.

 

Anche negli stabilimenti balneari il lusso, quando c’è, si paga. Ma i conti, alla fine, non tornano. L’Espresso ha potuto consultare i dati ufficiali dell’Agenzia del demanio per il 2022. Ecco i principali. L’anno scorso, segnato da spiagge affollatissime e ottimi risultati per il settore, lo Stato italiano ha richiesto 107 milioni di euro di canoni, in linea con il 2021 nonostante un tasso di inflazione a due cifre. I 107 milioni sono una cifra che include la cantieristica e il diporto nautico, con gli ormeggi e il turistico ricreativo, che insieme rappresentano la fetta di canone maggiore.

 

Le sole concessioni balneari valgono 55,163 milioni di euro per 10556 permessi ossia una media di 5226 euro richiesti per lido a partire da un canone minimo di 2698 euro all’anno.

 

Se sembra poco, rispetto a un fatturato annuo di 15 miliardi secondo le stime di Nomisma, bisogna considerare che dei 55 milioni pretesi dalle casse pubbliche i gestori hanno versato effettivamente 43,4 milioni di euro con un tasso di morosità del 20,3 per cento che presenta un andamento costante rispetto alle stagioni precedenti.

 

In altre parole, i 4615 metri quadrati calpestabili della Galleria di Milano rendono molto di più degli 8300 chilometri di costa italiana, in larga parte occupati da sdraio, lettini, ombrelloni, bar e ristoranti.

 

Altri numeri trapelati dal Demanio appaiono curiosi. Delle oltre 10 mila concessioni balneari, soltanto 274 superano il canone annuo di 20 mila euro. Al primo posto della classifica, con grande distacco, c’è la società Bibione spiaggia, monopolista della località adriatica veneziana nel comune di San Michele al Tagliamento, al confine con Lignano Sabbiadoro e il Friuli-Venezia Giulia.

 

Da sola, Bibione spiaggia vale oltre l’1 per cento dei canoni nazionali con un contributo annuo di 597 mila euro per 411 mila metri quadrati di arenile. L’azienda, una sorta di public company di oltre duecento piccoli soci fra i quali il Comune, la diocesi e gli albergatori, si vanta a buon diritto di essere la concessionaria più grande d’Europa e ha fatturato 10,7 milioni di euro nel 2021 per 407 mila euro di utile nell’ultimo bilancio disponibile, con 6 milioni di presenze all’anno.

 

Dietro questi paradossi contabili, continua da anni una battaglia politica che oggi mette a rischio i fondi del Pnrr. Oltre a un probabile mancato introito, incombe una procedura di infrazione alle leggi della concorrenza prima avviata, poi sospesa con promessa di ravvedimento da parte dell’Italia e infine riaperta quando Bruxelles si è accorta che i politici italiani hanno a cuore i gestori di spiagge come poche altre corporazioni.

 

La lotta del governo Meloni contro la direttiva Bolkestein, che impone le gare per gli stabilimenti, è l’ultima puntata di una telenovela alla quale partecipa uno schieramento di forze ad angolo giro. Dopo il piagnisteo sulle famiglie italiane buttate sul lastrico dall’invasore straniero, l’ultimo pretesto è che mancherebbe una mappatura generale sulle concessioni. È la più classica delle fake news. La mappatura esiste. Si chiama Sid, sistema informativo del demanio marittimo, e andrebbe tutt’al più aggiornata come hanno fatto alcune regioni per conto proprio, per esempio il Lazio che ha reso disponibile online il who’s who delle concessioni e che ha avuto i problemi maggiori nella lotta contro gli abusi dei gestori privati.

 

L’altro appiglio per sfuggire alla Bolkestein è la scarsità del bene, che per i fautori dello status quo non esisterebbe nel caso delle concessioni balneari.

 

Giorgia Meloni, per adesso, non ha preso posizione in modo netto. La premier si trova già in difficoltà con le milestones, le scadenze imposte dall’Ue per concedere le rate del Pnrr. La prima dell’anno, a fine marzo, ha scatenato polemiche sui progetti in ritardo. Ce n’è un’altra a fine giugno e una terza a fine dicembre. Figurarsi che effetto avrebbe su Bruxelles una smentita retroattiva alla legge sulla concorrenza del 2022 che è una delle condizioni indispensabili al versamento dei fondi. Un lido varrà bene una messa ma non la rinuncia agli aiuti europei, anche perché ci sono segnali di insofferenza da parte dell’elettorato.

 

Alle elezioni del 25 settembre 2022 i candidati pro-balneari hanno incassato una piccola débâcle con la bocciatura del forzista Massimo Mallegni, imprenditore balneare di Pietrasanta da due generazioni. Mallegni, a fine marzo, è stato sostituito anche nel ruolo di coordinatore della Toscana da Marco Stella. Si è chiusa l’avventura alla Camera anche per un altro imprenditore delle spiagge versiliesi, il democrat Umberto Buratti di Forte dei Marmi.

 

La leghista Elena Raffaelli, socia dei bagni Carlo 87 e Vittorio 88 a Riccione, è stata piazzata dal suo partito al quarto posto del proporzionale, dove non poteva vincere. Silurata alle politiche, si è dovuta accontentare di guidare la segreteria provinciale dei salviniani.

 

Sempre in Toscana, nelle liste di Fdi ha ottenuto la conferma alla Camera Riccardo Zucconi da Camaiore. E per la quinta legislatura in fila ha vinto il seggio in Senato Daniela Garnero Santanchè, fondatrice del Twiga a Marina di Pietrasanta, canone annuo 2022 pari a 17950 euro virgola due centesimi. Una volta nominata ministro del turismo del governo Meloni, Santanché ha ceduto la quota del Twiga in possesso della sua Immobiliare Dani per 1,4 milioni di euro a Flavio Briatore e al proprio compagno Dimitri Kunz Asburgo di Lorena. Il rappresentante legale di Immobiliare Dani, Mario Cambiaggio, è rimasto amministratore delegato di Twiga srl.

 

Per evitare il sospetto di conflitto di interessi, Giorgia Meloni ha trasferito la delega sulle concessioni balneari dal ministero del turismo al ministero per la protezione civile e le politiche del mare, guidato da Nello Musumeci, già presidente della Sicilia, l’unica regione italiana che tiene per sé i dati sui lidi senza partecipare al Sid. Lo spacchettamento non è bastato a frenare l’ubiquità di Matteo Salvini che, da ministro delle infrastrutture, e dei porti, pretende voce in capitolo sulle concessioni marittime.

Sul fronte leghista, oltre al vicepresidente del Senato Marco Centinaio, il nuovo difensore della fede balneare è il monzese Massimiliano Romeo, consulente di pratiche automobilistiche e capogruppo salviniano a palazzo Madama. L’ex consigliere regionale della Lombardia, assolto dalla Cassazione lo scorso novembre per le spese pazze della regione, ha chiesto per conto del partito la proroga delle concessioni addirittura fino al 2025 contro il dicembre 2024 che era stato infilato nel decreto Milleproroghe nonostante le perplessità del presidente Sergio Mattarella.

 

Il caos degli interessi e delle competenze è ben lontano dal tranquillizzare l’Unione europea dove Paolo Gentiloni, commissario agli affari economici di Bruxelles, si è più volte e con chiarezza espresso a favore delle gare.

 

La situazione di incertezza generale è moltiplicata dalle reazioni dei tribunali, ordinari o amministrativi. Durante il governo di Mario Draghi, la battaglia all’interno dell’esecutivo di larghe intese che aveva Fdi all’opposizione era stata durissima. Draghi aveva portato a casa il risultato con un compromesso, l’ennesimo, che spostava le gare dalla fine del 2023 alla fine del 2024. La sesta sezione del Consiglio di Stato ha stroncato le velleità di rinvio e ha riportato l’ultimatum alla fine dell’anno in corso.

 

A questo verdetto vanno aggiunte le sentenze e le inchieste sparse per il litorale della penisola. Gli scontri tra la giustizia e i concessionari non hanno colpito soltanto il Lazio. I bagni Liggia a Genova Sturla, sequestrati dalla Procura nel 2019 perché la proroga della concessione contrastava con la Bolkestein, sono tornati al gestore Claudio Galli. Lo ha deciso il Tar ligure lo scorso novembre dopo che nell’estate 2022 la gestione è stata affidata all’ospedale pediatrico Gaslini, con parte dell’arenile messa a disposizione dei dipendenti e dei bambini ricoverati.

 

Altri comuni potrebbero impugnare le proroghe pro-balneari in nome della norma europea mentre si prepara la solita estate tranquilla con prezzi in aumento, dipendenti pagati male e canoni più che abbordabili. Vuoi mettere il Lido Marisa con la Galleria di Milano?