Il presidente della Repubblica l’ha definita una “emergenza nazionale” dall’inizio del 2023 sono 88 le persone investite e uccise. Ma gli interventi degli ultimi anni non hanno portato progressi

In Italia, un pedone ogni 16 ore viene ucciso. Dall’inizio del 2023 sono 88 le persone investite e uccise. A tenere il conto è l’Osservatorio dell’Associazione sostenitori e amici della Polizia Stradale che nel 2022 ha registrato 307 vittime, contro le 271 dell’anno precedente. Dietro ai numeri famiglie segnate per sempre. Come quella di Luca Valdiserri, papà di Francesco investito e ucciso lo scorso ottobre a Roma da un’auto che viaggiava a 70 km/h. Da quella maledetta notte, la famiglia Valdiserri è impegnata nel raccontare ai ragazzi il valore della sicurezza stradale: «Con mia moglie e mia figlia, abbiamo sempre pensato che Francesco non doveva diventare il simbolo degli autovelox, delle multe, dei limiti di velocità. Quello che diciamo agli adolescenti che incontriamo è di essere protagonisti della propria vita. Le leggi sono importanti ma se non si ha un proprio rigore una scappatoia si troverà sempre. Se si beve troppo, ci sono mille modi per tornare a casa senza mettersi al volante».

 

Di fronte ai numeri il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato di un’emergenza nazionale: «Per garantire l’integrità della vita è indispensabile un’attenta e condivisa azione sinergica tra istituzioni, società civile e industria». Peccato però che per quanto i Comuni si sforzino con zone 30 km/h, rotatorie, semafori con countdown per i pedoni, nell’Italia in cui c’è una legge per tutto, non esistono linee guida nazionali.

 

Se a Roma il sindaco Roberto Gualtieri, annunciando nuove misure, si è lasciato a un laconico «quella contro la velocità è una battaglia che non stiamo vincendo», a Londra da anni vige la “Vision Zero” del Comune. Un programma sostenuto dal sindaco Sadiq Khan che vuole azzerare i morti e i feriti sulle strade della City, con l’istituzione di diverse zone 32 km/h. Dal monitoraggio della Transport for London road network (TLrn), emerge che gli incidenti che coinvolgono pedoni sono diminuiti del 36%, e quelli mortali o che causano lesioni gravi del 25%. Misure che hanno reso le strade più sicure, incoraggiando molti cittadini ad abbandonare l’auto.

 

«Siamo indietro di anni rispetto ad altri Paesi europei, soprattutto del nord, e non bisogna pensare che basti mettere un cartello per fare una zona 30 km/h. Deve essere la stessa infrastruttura stradale a indurre a moderare la velocità ai conducenti», spiega Giulio Maternini, professore ordinario di Ingegneria dei trasporti, mobility manager e Direttore del centro studi Città amica per la sicurezza nella mobilità (Cescam) dell’Università degli studi di Brescia.

 

«I numeri ci dicono che gli interventi degli ultimi 10/15 anni non hanno dato i risultati sperati – spiega Maternini – basti vedere il posizionamento degli attraversamenti pedonali. Spesso sono collocati senza tenere conto degli itinerari dei pedoni, che tendenzialmente scelgono i percorsi più brevi. Si trovano invece nei luoghi in cui danno meno fastidio agli automobilisti, coperti da siepi, alberi o autovetture in sosta. Tutto questo avviene perché manca generalmente tra i tecnici una cultura della sicurezza stradale». Mancano norme o linee guida per la moderazione del traffico a livello ministeriale e a complicare le cose le recenti misure contro il caro-energia che hanno portato ad un abbassamento della luminosità.

 

«Spero di poterne parlare in commissione trasporti alla Camera per avere qualche iniziativa legislativa per avere un certo numero di lumen sugli attraversamenti pedonali. In Francia per esempio sono illuminati a giorno», racconta il presidente dell’Automobile club, Angelo Damiani Sticchi che rivela come già nel 2011, l’ente era stato capofila dell’European pedestrian crossings assessment programme (Epca), progetto internazionale per la sicurezza degli attraversamenti pedonali, che ha visto il coinvolgimento di 18 Automobile club in 17 Paesi per gettare le basi di linee guida comuni in tutta laUe. «Ne discutemmo in commissione trasporti, ma senza esito», dice Damiani Sticchi: «A questo punto sarebbe importante intervenire con qualche decreto d’urgenza per superare i tempi biblici del nuovo codice della strada».