Fondi europei
Inefficienza e lentezza delle pubbliche amministrazioni portano a concentrare i fondi nelle imprese statali. E a fare la parte del leone è la società di microprocessori che a Catania aprirà un nuovo impianto da 400 posti di lavoro
di Gloria Riva
I nodi del Pnrr sono tanti e vanno sciolti in fretta, perché c'è il serio rischio di dover dire addio ai 40 miliardi di euro del Pnrr che quest'anno dovrebbero piovere sull'Italia. Gli indizi a conferma di quanto la situazione sia grave sono parecchi: l’assegno da 19 miliardi di euro della terza tranche, che doveva essere versato quattro mesi fa a favore dell’Italia, resta incagliato a Bruxelles, dove si attendono spiegazioni chiare su alcune voci di spesa presentate nella rendicontazione dello scorso dicembre. Inoltre lo stesso ministro con delega al Pnrr, Raffaele Fitto, ha confermato che non saranno raggiunti tutti gli obiettivi previsti per il 30 giugno, in particolare si è gravemente in ritardo per quanto riguarda gli asili nido, le colonnine di ricarica per le vetture elettriche e gli investimenti sull’idrogeno: di conseguenza slitta la relativa rata da 16 miliardi. Così come è in bilico la quinta rata di fine anno - in ballo ci sono altri 18 miliardi - che potrebbero non arrivare mai se il governo non presenterà in tempo le proprie richieste di modifica al Piano nazionale di ripresa e resilienza.
A Bruxelles c’è nervosismo, soprattutto perché il problema dei problemi è l’incapacità del sistema paese di spendere i soldi del Pnrr: in base alla Corte dei Conti, l’Italia ha messo a terra solo il sei per cento delle risorse: 11,5 miliardi dei 66,9 finora incassati, di cui 29 a fondo perduto (e che quindi non andranno restituiti), mentre gli altri 37,9 presi a prestito (e che quindi andranno restituiti con gli interessi). Fitto, in realtà, si è affrettato a sostenere che la Corte dei Conti rema contro, dacché molti progetti già finalizzati non sono stati contabilizzati. Il nodo resta e, come ha commentato Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, «il tema non è denunciare i ritardi, ma evitare di produrli». Preso atto che parte dei progetti non andrà in porto, come il 40 per cento degli asili nido in programma, perché i comuni (specie i più piccoli) non hanno le risorse umane per passare dalla fase progettuale all’assegnazione degli appalti, la stessa Unione Europea si è detta disponibile a rinegoziare il piano. Per inciso, va detto che i 4,6 miliardi destinati agli asili nido sarebbero serviti a incentivare l’occupazione femminile, fra le più basse in Europa.
In questi giorni i ministeri stanno facendo ordine nell’elenco di progetti del Pnrr, fra quelli da escludere - perché non saranno realizzabili entro il 2026 - e quelli su cui puntare per dare un'accelerata alla capacità di spesa e di messa a terra. Sta emergendo la necessità di centralizzare alcune spese per assicurarsi la concretizzazione dei progetti, e molto si sta muovendo sul fronte delle controllate pubbliche che fanno capo al ministero dell’Economia.
Le partecipate sono numerose - da Eni a Enel, a Leonardo - e c’è un’azienda che più di tutte si è distinta per prontezza nella capacità di spesa dei fondi del Pnrr: StMicroelectronics, che potrebbe quindi essere la destinataria di nuove risorse per la realizzazione di un impianto industriale a Catania in grado di sfornare microprocessori di ultima generazione, con l’obiettivo di fare dell’Italia il paese europeo con la più solida produzione verticale di microchip, indispensabili per la transizione ecologica.
STMicroelectronics è una società quotata alla Borsa di Parigi, New York e Milano, con sede a Ginevra (Svizzera), controllata in parti uguali dal ministero dell’Economia e delle Finanze italiano e dalla Cassa Depositi e Prestiti francese, che in questi anni di accelerazione verso la transizione energetica e lo sviluppo del digitale ha visto crescere in modo esponenziale il proprio volume d’affari: i ricavi sono passati da 9,66 miliardi del 2018 a 16,13 nel 2022, con una performance in crescita di oltre il 26 per cento sull’anno precedente. L’exploit maggiore si è registrato sull’utile netto: 1,29 miliardi nel 2018, 4,32 miliardi lo scorso anno, in crescita del 152 per cento sul 2021. Risultati eccezionali che non possono che migliorare alla luce del trend di mercato dei semiconduttori: richiestissimi dall’industria ma difficili da reperire sul mercato, sia per una carenza di materie prime, sia per la difficoltà di possedere e sviluppare l'adeguato know how di produzione.
Le sedi più importanti di StMicroelectronics si trovano in Italia e Francia. Da noi esistono due poli produttivi, ad Agrate Brianza e Catania, altre tre sedi sono in Francia, a Crolles, Rousset e Tours. Ha 48 mila dipendenti, di cui 12 mila in Italia. Sei mesi fa StM ha acceso i motori della grande fabbrica di Agrate Brianza, in grado di processare wafer di silicio da 12 pollici, e parallelamente a Catania ha investito 730 milioni per implementare le tecnologie innovative basate sul carburo di silicio, una nuova materia che consente maggiore efficienza per i microprocessori. Ma non è tutto.
A quanto risulta a L’Espresso, StMicroelectronics ha acquisito un terreno di 24 mila metri quadrati a Catania, proprio nei pressi degli storici impianti, e ha affidato alla Exyte, società tedesca di progettazione, ingegneria, approvvigionamento e costruzione in ambienti controllati la progettazione di un nuovo impianto proprio su quell’area. Exyte è la società di cui si è servita St sia per la progettazione e realizzazione dell’impianto siciliano dedicato al carburo di silicio, sia per per il nuovo stabilimento R3 di Agrate Brianza che produce wafer di silicio del diametro di 300 millimetri, ovvero “12 pollici”, come viene spesso soprannominato l’impianto produttivo. Ora la Exyte è stata incaricata di realizzare un nuovo impianto a Catania, del tutto simile a quello di Agrate Brianza, con stessi principi produttivi, stesso scopo e stesso target, e sarebbe già in fase avanzata di progettazione del concept. L’impianto di Agrate Brianza è costato due miliardi di dollari per la realizzazione di un cuore antisismico da 15 mila metri quadrati dell’area produttiva sterile e completamente isolato dall’esterno per consentire i massimi livelli di stabilità indispensabili per la creazione dei wafer di silicio. La costruzione dell’impianto monzese, iniziata nel 2018, è terminata nell’autunno del 2022 e oggi ha una capacità produttiva di ottomila wafer a settimana e a regime nel 2024 garantirà 400 nuovi posti di lavoro, per lo più profili tecnici e altamente specializzati.
È invece iniziata in autunno la realizzazione della fabbrica catanese di substrati di carburo di silicio, costo dell’operazione 730 milioni di euro, con una sovvenzione diretta dello Stato di 292,5 milioni di euro provenienti dal Pnrr. Lo stesso ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti a inizio aprile ha visitato la sede catanese di StMicroelectronics e ha affermato che St è «il primo esempio del Pnrr in atto, utilizzato in modo intelligente e produttivo». Ecco perché si fa strada l’ipotesi di un bis per StMicroelectronics: essendo un cavallo affidabile, su cui puntare nuovamente, l’obiettivo è investire parte dei soldi del Pnrr proprio su un nuovo impianto in Sicilia, creando ulteriori 400 posti di lavoro. Proprio la visita catanese di Giorgetti potrebbe essere stata l’occasione per valutare a che punto è la progettazione del nuovo impianto e valutare la possibilità di inserirlo nelle modifiche del Pnrr che Raffaele Fitto ha intenzione di presentare entro il prossimo mese, si spera, alla Commissione Europea. Per Catania e la Sicilia si tratta ovviamente di un’ottima notizia, perché dal nuovo impianto derivano centinaia di nuovi posti di lavoro e la possibilità di diventare un polo strategico nella produzione di microprocessori per tutta l’Europa. Tuttavia la strada è in salita, perché nonostante le difficoltà di messa a terra dei progetti, nessun ministero, nessuna Regione e nessun comune vuole rinunciare alla propria fetta di Pnrr.
Per farlo il governo centrale dovrebbe rafforzare i poteri sostitutivi dello Stato, che scattano in caso di inadempienza dei soggetti attuatori, con l’obiettivo di dirottare decine di miliardi verso le imprese per sostenerne la capacità d'innovazione.