Esclusivo
Un caffè macchiato sfruttamento - Anticipazione
Multinazionali come Starbucks e Nestlé promuovono i loro prodotti definendoli etici. Ma un nuovo rapporto mostra tutte le falle del sistema che dovrebbe certificare e controllare la filiera della materia prima
All’interno del negozio di Milano, in piazza Cordusio, c’è una scritta incisa su una lastra di metallo. Dice: “Starbucks si impegna a supportare gli agricoltori di caffè nei loro sforzi per proteggere le proprie comunità. Per questo motivo, con l’aiuto di Conservation International, acquistiamo il 100% del nostro caffè in modo pienamente etico”. Leggendo queste parole, riportate anche sui prodotti che l’azienda distribuisce nei supermercati italiani, il cliente è portato a pensare che l’acquisto di quel caffè non contribuisce a sfruttare lavoratori dall’altra parte del mondo. E anche per questo è disposto a pagare qualcosa in più: perché pensa che Starbucks sappia chi e come ha coltivato quel prodotto. Empower, organizzazione per la responsabilità aziendale e i diritti umani con sede in Messico, in un rapporto che L’Espresso ha potuto analizzare in anteprima, spiega che invece non è così.L’inchiesta esclusiva di Stefano Vergine sarà in edicola domani, 14 febbraio, sul nuovo numero de L’Espresso.