L’Europa dell’auto sulle montagne russe, l’allarme di Elkann e De Meo e le previsioni degli analisti. Ecco lo scenario

La crisi dell’auto si allarga e i dazi colpiscono anche Toyota. Se l’onda anomala impatta così negativamente sul primo gruppo automobilistico del pianeta, bisognerà aspettarsi ben altro a livello generale. Soprattutto nell'Ue

La crisi dell’auto si allarga e i dazi Usa colpiscono anche Toyota. Il primo costruttore mondiale ha infatti appena annunciato una previsione di chiusura per l’esercizio fiscale 2025-2026 con un utile netto di 3.100 miliardi di yen (circa 19 miliardi di euro al cambio attuale) ma con il 35% in meno rispetto a quanto consuntivato nell'anno chiuso il 31 marzo scorso. Un crollo legato alle nuove tariffe doganali, come ha immediatamente spiegato l’amministratore delegato Koji Sato, precisando anche che “conseguenze a lungo termine sono al momento difficili da prevedere”. In altre parole: potrebbe andare peggio. 

L’effetto dazi

Certo è che, se l’onda anomala dei dazi impatta così negativamente sul primo gruppo automobilistico del pianeta e anche il più solido dal punto di vista finanziario, bisognerà aspettarsi ben altro a livello generale. Soprattutto in Europa. Che poi è esattamente quello che sta accadendo con i primi bilanci e previsioni per l’anno in corso e il prossimo da parte delle case automobilistiche. D’altronde, che il mercato dell’auto del vecchio continente stia attraversando una delle fasi più difficili di sempre non è un mistero. L’hanno ribadito, per la prima volta insieme, John Elkann, presidente di Stellantis e Luca De Meo, Ceo di Renault in un’intervista congiunta al quotidiano francese Le Figaro. Il messaggio è stato molto chiaro: “Il 2025 è un momento cruciale. L’Europa deve scegliere se vuole ancora essere una terra di industria automobilistica o un semplice mercato. Al ritmo attuale, il mercato potrebbe più che dimezzarsi nell’arco di un decennio”. 

Lo studio Aniasa e Bain & Company

Scenario più o meno simile anche quello disegnato dall’ultimo studio presentato da ANIASA e Bain & Company dall’inequivocabile titolo: “Navigare nella nebbia. Il futuro incerto dell’automotive”. Quello che è emerge è anche in questo caso un mercato europeo in declino almeno fino al 2030 con una diffusione delle elettriche sempre più al rallentatore. Il tutto sempre con la scure dei dazi Usa che vede i brand tedeschi più esposti degli altri con circa metà dei propri volumi a rischio: devono, infatti, affrontare contemporaneamente la stagnazione in Europa, la perdita di slancio in Cina e le barriere doganali imposte dagli Stati Uniti. Insomma, anche secondo gli autori dell’analisi il comparto è entrato ufficialmente in una fase di stagnazione prolungata, mentre nuovi equilibri geopolitici e industriali mettono in discussione la tenuta dell’intero ecosistema. Le stime, infine, indicano che entro il 2028 l’Europa accumulerà un divario di circa 15 milioni di veicoli rispetto alle previsioni fatte nel 2022. Cifre che testimoniano un rallentamento strutturale della domanda che rischia di compromettere la sostenibilità di molti costruttori, specialmente quelli con maggiore esposizione su questi mercati.

Il caso Italia

Ce n’è anche per l’Italia, naturalmente dove si riducono gli acquisti di nuove auto, aumenta il ricorso all’usato, l’elettrico non sfonda e nonostante le ibride abbiano raggiunto il 50 per cento delle vendite le emissioni medie di CO₂ restano superiori a quelle del 2015. Proprio quel “disastro” annunciato da Elkann e De Meo, la strana coppia che non riesce più a vedere un futuro per l’auto europea.


 

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso