Individuare bisogni, stendere business plan, sviluppare prodotti, lanciare campagne di comunicazione. Compiti per cui i nuovi imprenditori digitali ora possono farsi aiutare da programmi alla portata di tutti

Un’Ia come socia. Ci pensa il software a fondare l’azienda

Nel nuovo panorama dell’innovazione tecnologica, fare startup non è più una questione di notti insonni davanti a uno schermo bianco, brainstorming solitari e linee di codice scritte nel silenzio della propria cameretta. Se una volta avviare un’impresa significava, infatti, investire tempo, risorse umane e competenze tecniche, oggi siamo entrati in un nuovo paradigma, completamente trasformato dall’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale. L’Ia non è più un semplice strumento da inserire nel prodotto finito: è diventata un’alleata strategica, presente fin dalle primissime fasi dell’ideazione.

 

Partiamo dall’idea. Strumenti come ChatGpt, Claude, Grok o Perplexity non servono solo a rispondere a domande, ma diventano co-founder virtuali. Vengono utilizzati per stimolare il pensiero creativo, individuare bisogni latenti, mappare nicchie di mercato, validare intuizioni e addirittura scrivere bozze di business plan. Quella che una volta era una fase guidata dall’istinto e da lunghe analisi, oggi è una conversazione fluida con un sistema predittivo capace di generare decine di varianti, raffinarle all’istante, metterle a confronto, inserirle in contesto e testarle in tempo reale. Ma è nella fase di esecuzione che avviene il vero cambio di passo.

 

Una volta identificato un problema e disegnata una possibile soluzione, non è più necessario avere un Cto o un team di sviluppo. Grazie a strumenti come Cursor, Bolt New o Replit, è oggi possibile generare l’interfaccia e la logica di un’app interamente attraverso prompt. Il codice viene prodotto, testato e ottimizzato in pochi minuti, mentre il fondatore può concentrarsi sulla strategia, sull’identità e sull’accesso al mercato. Questa democratizzazione della programmazione ha abbassato drasticamente la barriera d’ingresso: non serve più scrivere codice, ma serve sapere cosa chiedere e come. L’imprenditore moderno è un prompt engineer, un direttore d’orchestra che interagisce con strumenti cognitivi per assemblare un prodotto digitale funzionante in tempi record. Ma non è finita qui.

 

Una volta costruita l’app, entra in gioco la comunicazione. Anche in questo campo l’Ia ha rivoluzionato il processo: Veo 3 o Kling permettono di generare contenuti di altissimo livello partendo da una semplice descrizione testuale. Si possono creare video dimostrativi, storytelling emozionali, trailer di prodotto senza una videocamera, senza attori, senza montaggio. In pochi minuti si ottiene un contenuto in grado di competere con produzioni professionali, perfetto per essere distribuito su TikTok, Instagram, LinkedIn o YouTube. La combinazione di narrazione convincente e targeting algoritmico può portare visibilità e trazione organica, avviando il ciclo di acquisizione utenti prima ancora di spendere un euro in pubblicità.

 

In questo nuovo modo di fare startup, ogni fase del funnel – ideazione, sviluppo, promozione – è potenziata dall’intelligenza artificiale. Non si tratta solo di risparmiare tempo o soldi, ma di ridisegnare il ruolo dell’imprenditore. Nasce, infatti, la figura dell’Ia entrepreneur, un fondatore che non programma, non disegna, non edita, ma orchestra. Che lavora in collaborazione con modelli generativi per costruire, lanciare e testare prodotti in tempo reale. Il focus non è più sulla costruzione tecnica ma sull’interpretazione strategica: capire dove si muove il mercato, come parlare alle persone giuste, quale bisogno intercettare.

 

Se una volta la frase simbolo era «move fast and break things», oggi potremmo dire «prompt fast and ship ideas». L’unico limite diventa la qualità della domanda che poni. Per chi sa usare bene l’intelligenza artificiale, il tempo tra un’intuizione e un Mvp funzionante si è ridotto a poche ore. È un’epoca in cui la velocità è tutto: ma la velocità senza direzione non serve. È per questo che le competenze più preziose non sono più (solo) quelle tecniche, ma quelle cognitive: pensiero critico, capacità di sintesi, visione. In un contesto dominato dall’intelligenza artificiale, chi riesce a unire lucidità umana e abilità nel dialogare con le macchine ha un vantaggio enorme. L’Ia, da sola, non costruisce aziende: potenzia e accelera chi ha una direzione chiara. Oggi, chi ha un’idea forte e sa come muoversi può realizzarla con strumenti un tempo accessibili solo a team strutturati. La startup non è più una corsa riservata a pochi eletti: è un gioco sempre più aperto.

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Cementopoli - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso

Il settimanale, da venerdì 25 luglio, è disponibile in edicola e in app