Innovazione
19 agosto, 2025Scan del volto e acquisizione dei dati biometrici. In diversi aeroporti americani questa è diventata la regola, ci si potrebbe opporre, ma non è tanto semplice. Intanto la Danimarca vara una legge sul copyright per i dati biometrici - come voce e viso - per contrastare il fenomeno deep fake. E se un danese va in vacanza in America?
È scontro aperto fra sicurezza e diritti civili, messi a repentaglio dalla tecnologia del riconoscimento facciale utilizzata, negli aeroporti Usa, per identificare i viaggiatori. Di fatto ci si potrebbe opporre all’acquisizione dei propri dati biometrici e optare per l’identificazione classica tramite il confronto diretto tra volto e documento. Ma rifiutare i controlli non è così semplice come sembra.
Intimidazioni
Secondo quanto riportato da Washington Post, l’esperta di AI Joy Buolamwini - fondatrice dell’Algorithmic Justice League - ha parlato di sistema “volontario solo sulla carta” per evidenti pressioni esercitate dagli agenti della Transportation Security Administration (Tsa) che ritengono l’uso della biometria il sistema migliore per velocizzare i controlli rispetto all’osservazione umana. Ma chi si rifiuta di farsi “scannerizzare” si trova a dover affrontare attese aggiuntive o atteggiamenti intimidatori. Buolamwini suggerisce di evitare la telecamera già mentre ci si avvicina all’agente Tsa, dichiarando di voler rifiutare il riconoscimento facciale. L’opzione varrebbe però solo per i cittadini statunitensi, perché pare che i viaggiatori stranieri siano obbligati ad accettare il controllo. Il rischio concreto è che questa tecnologia venga presto adottata senza un opportuno consenso informato da parte del viaggiatore negandogli il diritto, oltre che di opporsi, anche di conoscere l’uso che viene fatto dei dati biometrici raccolti, che potrebbero ad esempio finire negli archivi delle agenzie governative, con buona pace della privacy. C’è un disegno di legge discusso dal Senato Usa, che cerca di rimettere al centro il consenso informato: se approvato, gli agenti Tsa dovranno ottenere un’autorizzazione esplicita per effettuare il riconoscimento facciale. E’ comunque un tentativo di bilanciare sicurezza e diritti civili, in un contesto sempre più invaso dall’automazione.
Da questa parte dell'Oceano
Di tutt’altro avviso è la Danimaca, che vara una legge per equiparare la voce e il volto di ciascun individuo a “opere protette da diritto d’autore”, e che potrebbe rivoluzionare la tutela dell’identità digitale. La normativa è in fase di consultazione pubblica e punta a contrastare l’uso non autorizzato dei deep fake, quei contenuti audio o video generati da intelligenze artificiali in grado di riprodurre realisticamente l’aspetto o la voce di una persona. Se approvata, ogni cittadino danese acquisirebbe un diritto d’autore personale sulla propria immagine e voce, anche se non è una figura pubblica. Si tratta di un cambio di paradigma: l’identità non è più soltanto un dato personale da proteggere, ma diventa un bene creativo da tutelare come opera d’ingegno. La legge prevede un’eccezione per usi satirici, educativi o giornalistici, salvaguardando la libertà d’espressione. Ma impone anche obblighi stringenti alle piattaforme digitali, che dovranno rimuovere i contenuti illeciti entro 24 ore, con sanzioni fino al 6% del fatturato globale per le grandi aziende del web che non si adegueranno. Il provvedimento riaffermare il controllo dei cittadini sulla propria immagine, e la Danimarca intende promuovere la normativa a livello UE durante la prossima presidenza del Consiglio europeo.
I dettagli
La durata di questo nuovo diritto sarebbe di 50 anni dalla morte dell’interessato, con possibilità per gli eredi di esercitarlo. Un modello simile a quello del diritto d’autore tradizionale, che però ora si applica alla sua presenza digitale. La sfida, naturalmente, sarà distinguere tra contenuti leciti e illeciti, tra parodia e contraffazione, tra libertà d’espressione e violazione dell’identità. E non mancano le perplessità: basterà davvero una norma nazionale per fermare i deepfake prodotti e diffusi da server fuori dall’Ue? E quali saranno le implicazioni per l’arte, la satira e persino per le future generazioni, se un giorno dovranno “ereditare” l’identità digitale di un parente?
Identità protetta
Emerge una nuova consapevolezza: nella società dell’immagine ogni individuo è esposto, rappresentato, manipolato e condiviso. Gli indigeni si rifiutavano di farsi fotografare perché pensavano che quello fosse un “furto dell’anima”. Oggi l’immagine di una persona non è più mera rappresentazione esterna, ma presenza digitale che può essere duplicata, remixata, venduta o distorta. Di fronte a queste sfide, la Danimarca sceglie il diritto d’autore come strumento di autodifesa identitaria. Una mossa coraggiosa, migliorabile ma necessaria perché se le tecnologie generative stanno ridefinendo i confini tra realtà e finzione, è il momento che anche il diritto evolva per proteggere ciò che ci rende unici: il nostro volto e la voce. In un mondo dove siamo tutti diventati contenuto, proteggere se stessi significa anche proteggere la propria narrazione digitale.
Body scanner
Tornando agli aeroporti e ai necessari controlli di imbarco, vediamo che anche in Unione Europea i passeggeri possono essere sottoposti a controlli tramite body scanner, ma la differenza sostanziale rispetto al modello americano è che questi verrebbero utilizzati per verificare la presenza di oggetti sospetti sul corpo, ma senza la possibilità di acquisire dati biometrici del passeggero. Anche in questo caso il viaggiatore ha il diritto di rifiutare lo scanner corporeo - optando per un controllo alternativo da parte di un agente di sicurezza - senza subire discriminazioni o ritardi a causa della sua scelta. I passeggeri devono anche ricevere informazioni chiare e dettagliate sulla tecnologia impiegata: scanner che non emettono radiazioni ionizzanti – come i dispositivi a onde millimetriche – mentre restano esclusi i macchinari che espongano il corpo a raggi X o altre forme di radiazione nociva. Rispetto alla privacy, l’immagine generata dallo scanner deve essere distorta per evitare il riconoscimento del passeggero e non può in alcun modo essere conservata, copiata o stampata. L’analisi visiva deve essere effettuata da un esaminatore umano, situato in una postazione separata, che non può vedere il passeggero e che deve appartenere al genere scelto dalla persona controllata.
Ma forse non serve
Durante una fase di test durata dieci mesi all’aeroporto di Amburgo, i body scanner hanno suscitato più di una perplessità. Secondo quanto riportato dalla stampa tedesca, la polizia federale ha evidenziato un problema di eccessiva sensibilità: in media, il sistema ha attivato l’allarme nel 35% dei casi – un numero significativo se si considera che su 730.000 passeggeri controllati, più di uno su tre è stato sottoposto a ulteriori accertamenti senza alcuna ragione reale. Alcuni agenti hanno parlato di “falsi positivi” nel 70% delle segnalazioni, rendendo i controlli più lenti e meno efficienti. Questo dato solleva interrogativi importanti sull’equilibrio tra sicurezza, efficienza operativa e rispetto dei diritti fondamentali.
Viaggiare informati
L’esperienza negli aeroporti europei dimostra quanto sia cruciale viaggiare informati. Che si tratti del riconoscimento facciale o del body scanner, i passeggeri hanno il diritto non solo di conoscere le tecnologie a cui sono sottoposti, ma anche di decidere consapevolmente se accettarle. Dietro ogni controllo ci sono regole precise, diritti esigibili e margini di scelta che devono essere rispettati. Sapere come esercitarli è il primo passo per viaggiare in sicurezza, ma anche in libertà.
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