David Sassoli:"Se Juncker non chiarisce mina la credibilità della Commissione Ue"

"Deve venire in Parlamento e risponde in maniera convincente ad accuse gravissime" dice l'eurodeputato del Pd

Non è «un’anatra zoppa», Jean-claude Juncker, il neo presidente della Commissione europea, finito al centro dell’inchiesta giornalistica sulla spregiudicata politica fiscale del Lussemburgo. Non è un’anatra zoppa, Juncker, o almeno non ancora: «Non lo è se viene in parlamento e risponde in maniera convincente ad accuse gravissime», dice ad esempio all’Espresso l’eurodeputato Pd David Sassoli.

Juncker deve chiarire se e come la sua precedente vita da presidente lussemburghese, e le centinaia di accordi per agevolazioni fiscali siglati con ricche multinazionali in cerca di un’economica patria, siano compatibili con i suoi propositi per la guida della Commissione: «Lui è venuto in parlamento» continua Sassoli, «e ha parlato di lotta ai paradisi fiscali, contro la distorsione della concorrenza, contro il dumping fiscale. Il parlamento gli ha concesso fiducia e ora lui deve sentire il dovere di confermare quelle intenzioni».

LuxLeaks
Caso Lussemburgo, Juncker nel mirino Eurodeputati Pd: "Commissione d'inchiesta"
7/11/2014

Non che debba chiarire solo la recentissima messa in discussione del segreto bancario. Il punto per l’europarlamentare del Pd, e per chi, pur stando nelle larghe intese europee, non è rimasto immobile rispetto allo scandalo che ha investito il popolare Juncker, è che «adesso, con l’inchiesta giornalistica, il suo comportamento viene messo sotto i riflettori», e rischia di minare «la credibilità della Commissione».

Le dimissioni non sono all’ordine del giorno, comunque, e i socialisti europei lasciano alla destra (Le Pen) e alla sinistra (Gue) la richiesta, preferendosi concentrare su una possibile commissione d’inchiesta, sempre «sperando che il primo passo lo faccia Juncker».

Il portavoce di Juncker dice che il presidente della Commissione Europea, non è «un’anatra zoppa». Condivide?
«Non lo è se viene in parlamento e risponde in maniera convincente ad accuse gravissime».

È lecito il dubbio di chi si chiede perché l’Italia dovrebbe prendere ordini da chi ha contribuito a creare e ha governato un paradiso fiscale?
«Diciamo che per questo serve che Juncker chiarisca. Lui è venuto in parlamento, a chiedere la fiducia, e ha parlato di lotta ai paradisi fiscali, contro la distorsione della concorrenza, contro il dumping fiscale. Il parlamento gli ha concesso fiducia e ora lui deve sentire il dovere di confermare quelle intenzioni».

Possiamo però notare che si conosceva la natura del Lussemburgo, così come la posizione di Juncker sul segreto bancario, quando da Matteo Renzi è arrivato il sì alla nomina in tandem con Martin Schulz...
«Ma lui è venuto in parlamento impegnandosi su un cambio di indirizzo e di rotta radicale. È adesso, con l’inchiesta giornalistica, che il suo comportamento viene messo sotto i riflettori, e deve quindi esser chiarito, perché non c’è di mezzo solo la sua credibilità ma anche quella della Commissione».

Vincenzo Visco a Dagospia dice una cosa precisa, però, sullo scandalo: «Quando è stato designato alla presidenza qualcuno aveva sollevato il problema, del quale però non si è tenuto conto».
«Degli accordi segreti con oltre 300 società non si sapeva, non si sapeva della portata del fenomeno: che il Lussemburgo avesse una fiscalità diversa sì, era noto, ma qui, adesso, parliamo di altro».

La vicenda può avere un peso sul piano dei 300 miliardi? Secondo Gianni Pittella «lo scandalo lussemburghese potrebbe mettere a rischio il piano europeo degli investimenti da 300 miliardi».
«Se ci fosse un impasse della Commissione, sì. Ma va evitato, perché quel piano non è la soluzione di tutti i mali, ma è la benzina necessaria a far ripartire l’Europa».

Giorgia Meloni chiede a Renzi di riferire in Parlamento sul caso Juncker, «come presidente del Consiglio Italiano e presidente di turno dell'Unione Europea»...
«È una richiesta strumentale di chi vuole alzare un polverone: il governo italiano non c’entra nulla».

Ancora Meloni, ma anche i 5 stelle, in Italia, chiedono le dimissioni. Ci si può arrivare?
«Noi ci auguriamo che Juncker spieghi bene, che non si sottragga, che non si incaponisca e non cerchi di ridurre tutto alla normalità. Sarebbe un problema».

Può esser utile una commissione d’inchiesta dell’Europarlamento?
«Sicuramente può esser utile, ma il primo passo lo deve fare assolutamente il presidente Juncker che deve render conto all’unica istituzione europea eletta dei cittadini».

Senta, e poi? Come si risolve la concorrenza sleale interna all’Unione?
«Facendo ciò che lo stesso Juncker si è impegnato a fare, rafforzando le politiche che vadano verso una fiscalità europea».

E una patrimoniale europea?
«Nella scorsa legislatura si è parlato della tassa sulle transizioni finanziarie, il parlamento l’ha votata, ma poi è rimasta nel cassetto. Bisogna riprendere quell’impostazione».

Intanto il semestre italiano sta già finendo. Forse c’era troppa enfasi, perché di risultati epocali, al momento, non se ne vedono…
«Il semestre italiano è stato importante perché ha fatto partire la legislatura europea: è partito il parlamento, è partita la commissione. Poi certo ora arriva il periodo conclusivo, tra novembre e dicembre, e lì bisognerà tirare le somme, capire se importanti progetti sono stati portati a termine o meno».
 
@lucasappino

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