I big augurano pronta guarigione al leader e smentiscono i retroscena «di cattivo gusto». Ma tra Stefano Parisi e Mara Carfagna il centrodestra più moderato pensa al futuro. Che è più che incerto. Bisogna arginare Salvini e consolidare lo schema tripolare

«Papà non deve più salire su un palco! E nessuno si azzardi a chiedergli di fare ancora politica, capito?». La frase che Repubblica attribuisce a Marina Berlusconi, in versione figlia premurosa, è più che verosimile. L’operazione al cuore di Silvio Berlusconi sembra destinata a chiudere definitivamente il ciclo: «Tra un mese potrà tornare a fare ciò che vuole, ma io gli sconsiglio da tempo di fare il leader», ha detto il medico. Perché Berlusconi «ha rischiato di morire», e quindi questa volta non si scherza.



Il dottor Zangrillo ha spiegato che questa volta l’operazione è inevitabile: «L’unico modo per risolvere il problema, un malfunzionamento della valvola aortica cardiaca, è l’intervento chirurgico», ha detto, «altrimenti il Cavaliere correrebbe un rischio del 10 per cento di morire nel giro di un anno». Allo stesso modo dunque, sembra ormai non più rimandabile un’operazione al cuore del centrodestra, finora rappresentato da Forza Italia, nonostante un Salvini mediaticamente straripante (ma contenuto nelle urne).
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Se Silvio Berlusconi veramente si ritira dalla politica e non si farà più «spremere» dal partito - come ha detto ancora Marina - uno stravolgimento sarà inevitabile. Anche se i big si sbracciano per dire che parlare di successione è «di cattivo gusto» (dice Nunzia De Girolamo) e che «i giornali si sbagliano di grosso» (questo è Renato Brunetta). Si scrive già di una convention a settembre o subito dopo il referendum. Ed è un evento che potrebbe rivoluzionare il quadro politico nazionale, spingendo verso l’assetto tripolare che comunque il primo turno delle amministrative ha restituito, con lo scontro tra Pd e 5 stelle a Roma e Torino, e quello a Milano tra due più tradizionali, e moderati, centrodestra e centrosinistra. Il Pd resterebbe il Pd di Renzi che ha abolito l’articolo 18, ma si allontana così l’idea del Partito della Nazione. Che invece era lo scenario perfetto per le ali più esterne del panorama politico.



Non è un caso infatti che il primo a augurarsi che Silvio non molli è Matteo Salvini: «Berlusconi è vivo e vegeto», dice il leader leghista, a cui non piace l’idea di ricostruire una forza moderata ma di centrodestra. Eppure l’idea nell’aria è quella, con dei primi amorosi sguardi tra Ncd, soprattutto l’anima nordica di Formigoni, i forzisti, i Conservatori di Raffaele Fitto e pure Verdini, che sa bene che l’alleanza con Renzi potrebbe non durare in eterno, avendo letto le parole perentorie del premier: «Nel 2018 il Pd si presenterà da solo, un partito a vocazione maggioritaria come previsto dallo statuto. Punto». Verdini sarà dunque un cuore sedotto e abbandonato. E di un soggetto così, Stefano Parisi sarebbe il volto perfetto.

Questa è l’altra cosa che scrivono un po’ tutti, con Berlusconi in ospedale. Anche se Parisi dice che «sono assolutamente chiacchiere giornalistiche» e che lui «in politica non farà altro» che il sindaco di Milano: ma in campagna elettorale sarebbe stato strano avesse detto altro. E per questo comunque Salvini ribadisce: «Io mi auguro con tutto il cuore che Parisi venga eletto sindaco e lo faccia per cinque anni». «Ognuno faccia il suo», dice.



Gode anche di buona stampa Parisi, però, che la sua buona figura l’ha già fatta, anche nel caso in cui alla fine non riuscisse a strappare Milano al Pd: ha tenuto la Lega di Salvini dietro una Forza Italia che sembra quasi quella dei vecchi tempi. Al primo turno a Milano ha preso il 20,20. La Lega l’11. È però andata bene anche a Napoli, Forza Italia. O meglio è andata bene Mara Carfagna, prima per preferenze in tutto il rinnovato consiglio comunale. È infatti il suo il secondo nome che gira sui retroscena per la Forza Italia post intervento al cuore.



È ancora presto, certo, e molti sono gli attori (tra cui Giovanni Toti che non mira alla leadership ma che ha dimostrato di avere la capacità di tenere insieme il centrodestra, Lega compresa). Ad esempio c’è anche Maria Stella Gelmini, pure lei miss preferenze a Milano. L’ex ministro è stata lanciata, per dire, da Laura Ravetto. «Gelmini ha fatto il record di preferenze in tutta Italia, dando due messaggi importanti: il primo è che noi uniti, come coalizione, siamo fortissimi», ha detto la deputata ospite di Un giorno da Pecora: «E il secondo è che in FI c’è Berlusconi e poi c’è la Gelmini».



Che il quadro sia dunque apertissimo è evidente. E il dato saliente è l’incertezza. E una certa paura. Paura del vuoto. Come fotografa Luigi Bisignani, tra gli altri, che restituisce i terrore di un personale politico con cui per anni ha avuto a che fare, nel retro delle stanze del potere. Scrive sul Tempo: «A morire di paura non sarà il Cavaliere, che se la caverà anche questa volta, ma tutti quelli che hanno abusato del suo grande cuore per fare carriere e ottenere onori che mai si sarebbero sognati e che in queste ore già disegnano vergognosi scenari di ridicoli direttori».

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