"Un'intera popolazione fatica a sopravvivere per colpa di Israele": l'Onu critica ancora Tel Aviv per le condizioni di vita a Gaza

Vittima di un missile israeliano anche un giornalista palestinese, avvolto dalle fiamme mentre si trovava in una tenda riservata alla stampa. Si tratta della guerra "più letale per numero di giornalisti uccisi" dal XIX secolo

"Gli atti di guerra a Gaza mostrano un totale disprezzo per la vita umana, sotto gli occhi del mondo". Il commissario generale dell'Agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa), Philippe Lazzarini, ha lanciato un messaggio su X per denunciare le misure sempre più cruente prese dell'esercito israeliano nella Striscia. Azioni che, critica Lazzarini, avvengono nel silenzio della comunità internazionale: "A causa dell'assedio delle autorità israeliane, a un'intera popolazione vengono negati i beni di prima necessità per la sopravvivenza. Aiuti umanitari, forniture mediche e commerciali, cibo e carburante sono vietati a Gaza da oltre un mese. I leader mondiali devono agire, con fermezza, urgenza e decisione, per sostenere i principi fondamentali del diritto umanitario internazionale". E prosegue: "Le persone sono intrappolate, bombardate, sfollate e affamate ancora una volta. Tra le vittime: bambini, operatori umanitari e medici, soccorritori e giornalisti. Nessuno è al sicuro, nessuno è risparmiato. Con i colleghi alti funzionari delle Nazioni Unite, rinnoviamo i nostri appelli a: proteggere i civili, facilitare gli aiuti, rilasciare tutti gli ostaggi, rinnovare il cessate il fuoco".

Rischio alto per i media

Tra i giornalisti di cui parla Lazzarini, l'ultimo nome che appare nella lista delle vittime di questo conflitto è Ahmed Mansour, dell'emittente Palestine Today, rimasto intrappolato nel rogo divampato all'alba di ieri - 7 aprile - nella tenda che a Khan Younis ospitava degli operatori dei media. Secondo alcuni testimoni (e dietro conferma delle autorità di Tel Aviv), è stato un missile dell'esercito israeliano a colpire la tenda dove si trovava il giornalista. Sul web sono stati rilanciati foto e video del momento in cui l'uomo veniva avvolto tra le fiamme, riprese dai cellulari dei colleghi presenti. Mansour è deceduto dopo momenti di grande agonia: trasferito nel vicino ospedale Nasser in condizione apparse critiche da subito, assieme a una decina di altri feriti, è poi venuto a mancare alle 2 (ora italiana). E non è stato l'unico: poco prima di lui ha perso la vita anche il collega Hilmi Al-Faqawi, a seguito del raid e un altro civile. L'Idf (esercito israeliano) e l'agenzia di intelligence Shin Bet hanno commentato che l'attacco avrebbe avuto come obiettivo alcuni membri di Hamas. Non si tratta di casi isolati: nel conflitto in Medio Oriente sono già 210 gli operatori dei media che hanno perso la vita. A confermare il dato è anche l'istituto di ricerca dell'Università di Rhode Island, che ha definito quella a Gaza come la guerra "più letale per numero di giornalisti uccisi" dai tempi della guerra civile americana - nella seconda metà del XIX secolo - fino al recente conflitto in Afghanistan. L'International Federation of Journalists (Ifj), insieme al Sindacato dei giornalisti palestinesi (Pjs), nel comunicato diffuso ieri - 7 aprile - ha parlato di 155 vittime, denunciando le uccisioni e chiedendo che venga svolta al più presto un'indagine indipendente su questi attacchi. Il Committee to Protect Journalists (Cpj) ha invece fatto appello alla comunità internazionale affinché le autorità israeliane autorizzassero l'ingresso dei media stranieri a Gaza, vietato dall'inizio dell'offensiva nell'ottobre 2023. 

L'Onu si deve modernizzare per mantenere la pace

Nelle ultime ore sono almeno 26 gli attacchi israeliani condotti sulla Striscia di Gaza, che avrebbero provocato almeno 15 morti, di cui cinque bambini, secondo quanto riferito dagli operatori dell'ospedale Martiri di Al-Aqsa. Il ministero della Salute di Gaza ha comunicato poi che sette persone sono morte in un raid nel Nord, a Beit Lahiya, mentre altre quattro hanno perso la vita a Nord Ovest di Gaza City. I conflitti come quello in Medio Oriente sono sempre più difficili da affrontare, soprattutto a causa di gruppi armati che usano armi innovative, come i droni, per le operazioni di ricognizione. Le missioni di pace devono quindi adeguarsi per non essere sopraffatte tecnologicamente: ad ammetterlo, il capo delle operazioni di pace dell'Onu, Jean-Pierre Lacroix, nel corso della riunione annuale del Consiglio di Sicurezza Onu con i capi militari delle operazioni di pace, che ha parlato della necessità di modernizzare non soltanto le tecnologie, ma anche i sistemi di comunicazione delle missioni di peacekeeping delle Nazioni Unite. Le nuove minacce, infatti, non vengono soltanto da droni armati e attacchi informatici, ma anche da campagne di disinformazione. "Le forze di pace di ieri non sono più sufficienti per affrontare i conflitti di oggi, in cui la tecnologia gioca un ruolo sempre più importante" ha detto Lacroix. "I progressi tecnologici, come i droni, le immagini satellitari, le sofisticate tecnologie di rilevamento e l'intelligenza artificiale generativa, ci offrono ora l'opportunità di espandere e aumentare il nostro impatto e l'uso efficiente delle nostre risorse, dispiegando capacità di sorveglianza maggiori", ha proseguito.


 

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