“Avevo appena compiuto 14 anni. S. ne aveva 19. Facevamo pallavolo nella stessa palestra. Lui già titolare nella prima squadra maschile, io l’ultima delle riserve, che guardava ai ragazzi grandi con gli occhi a cuore. In quel momento ero persa per l'altro centrale, L., 16 anni: lo sentivo più alla mia portata. Stavamo spesso tutti insieme e i più “adulti” bullizzavano noi piccoli prendendoci in giro per le nostre cotte. S. sosteneva che L. doveva essere frocio visto che non si era accorto (o faceva finta di non accorgersene) che io gli morivo dietro. Poi un pomeriggio io e S. ci incontriamo per caso. Mi offre un caffè. Mi accompagna in giro. E quando incrociamo un paio di amici suoi mi presenta come "la più bella ragazza della palestra". Io avevo già il cellulare, e così anche lui. Ci scambiamo il numero e cominciamo a mandarci sms come se non ci fosse un domani”.
Questa è la storia di Francesca, che oggi ha 32 anni ma all’epoca era poco più che una bambina che credeva, smisuratamente, nell’amore.
“Un pomeriggio mi invita ad andare a casa sua. 15 giugno del 1998. Mi dice “Mettiti la gonna, hai le gambe bellissime”. Arrivo. Mi fa sentire un po' di musica. Stiamo seduti sul letto. Non ci sono sedie. Fa per baciarmi, è il mio primo vero bacio. Mi pare tutto incredibile e molto più umido di quanto prevedessi. Mi spinge piano all’indietro. Mi fa stendere, e si stende sopra di me. Sono agitata, ma penso che sia tutto normale: è così che si baciano i ragazzi grandi, come nei film, e io non voglio sembrargli una ragazzina, non voglio confessargli di non aver mai baciato nessuno prima di allora”. È un attimo: “Mi tira su la gonna e mi scosta gli slip. Io mi divincolo, gli chiedo di smetterla, ma lui continua a ficcarmi la lingua in gola. Non riesco quasi più a parlare. Prende fiato un istante, faccio in tempo a implorargli “basta”, che mi fa male. Lui ribatte che è normale, è la prima volta; sta facendo piano, sarà delicato. Cerco ancora vanamente di liberarmi. Lui mi tiene stretta ed è forte, è pesante. Piango, sono disperata. Ma a lui non interessa. Fino a che non ha finito”.
Quei minuti eterni: “Quando mi lascia andare sono talmente scossa che non mi reggo nemmeno in piedi, non faccio che singhiozzare. S. però mi suggerisce di non farla tanto lunga, che se non volevo non andavo da lui, per giunta con la gonna. L'unica frase che finalmente riesco a pronunciare è questa: "Posso andare a casa?". Lui mi guarda come se fosse un'altra persona. Sorride e mi asciuga le lacrime. Sussurra, sibila “va tutto bene, non è successo nulla di male, sono cose normali tra ragazzi che si piacciono”. Insiste per accompagnarmi a casa ma lo convinco a farmi tornare da sola”.
Francesca non sa per quanto ha camminato: “Ricordo di essere rincasata solo dopo ore, e che un tempo altrettanto interminabile l’ho trascorso sotto la doccia. Quando ho chiuso l’acqua avevo la febbre a 40. Mi è rimasta per giorni, ed è stata forse la mia “salvezza” perché ho potuto così restarmene a letto fingendo di dormire. Avevo un pensiero fisso: “non deve saperlo nessuno”. Mi torturava inoltre un’altra ossessione: “in fondo è stata colpa mia, sono andata a casa sua con la gonna, cosa mi aspettavo che capitasse? Lui era un ragazzo grande, in fin dei conti lo sospettavo cosa volesse da me…”. La verità è che non lo sapevo affatto. Può sembrare un modo di dire, un’espressione fatta, ma è davvero così: io, fino a pochi mesi prima, giocavo ancora con le Barbie”.
Ogni giorno tante altre ragazze e donne come lei vengono stuprate, spesso da persone di cui si fidavano ciecamente. E denunciare, specie se sei un’adolescente, non è certo facile: “Ma è vitale farlo, non tanto per punire i colpevoli ma per noi vittime che dobbiamo prendere coscienza di essere soltanto questo. Non c’è comportamento al mondo che giustifichi uno stupro o un abuso sessuale: dobbiamo capirlo, prima di tutto, noi donne”.
Francesca sostiene che la violenza sessuale corra oggi anche online, che non ci sia scollamento tra aggressione digitale e fisica: “Quando ho scoperto l'esistenza di questi gruppi Facebook segreti, dove si scambiano scatti rubati di mogli e fidanzate e si vagheggiano agguati ai danni di conoscenti e passanti in carne e ossa, mi sono sentita male. Perché è come se si violasse una sfera ancora più delicata. Come se una donna, per considerarsi al sicuro nel nostro tempo, dovesse vivere barricata in casa. Questa è gente disturbata e repressa. Per ora sfogano la propria frustrazione così, ma già si passano riferimenti dettagliati sul luogo e l’orario dell’avvistamento delle ragazze in foto”.
Quello che è successo vent’anni fa le condiziona tuttora la vita: “Viaggio per lavoro, e l'ultima volta che sono partita con un collega che non conoscevo bene ero molto tesa. Ho avuto terribili crisi d'ansia, al solo pensiero di dover condividere con lui uno spazio ristretto come quello di un'automobile”. Francesca non ha mai smesso di amare: “Oggi sono sposata con un uomo meraviglioso”.??