Proporzionale, why not? Talvolta ciò ?che avviene conviene. Ma prima di soppesarne l’utile, conviene misurare ?il danno che ci è caduto sul groppone dopo vent’anni di maggioritario. ?In economia, una crisi galoppante, che situa l’Italia al penultimo posto in Europa (dopo la Grecia) in termini di crescita del Pil. E in politica, una rissa permanente; fra alleati, oltre che fra avversari. Cominciò Bossi, litigando (nel 1994) ?con Berlusconi; continuò D’Alema, sgambettando (nel 1998) il primo governo Prodi; e via via, fino alla diaspora di Fini, o a quella di Bersani rispetto al Pd di Renzi.
Da qui l’infamante primato della legislatura in corso: ogni mese 10 cambi di casacca, sicché un terzo dei parlamentari in carica adesso milita ?in un gruppo diverso dal gruppo in cui fu eletto. Da qui un’onda di sfiducia verso ?i partiti, che ha ormai screditato le stesse istituzioni, la stessa democrazia rappresentativa. Da qui, infine, un interminabile rosario di riforme fallite, per l’impotenza dei politici o per la loro impopolarità presso gli elettori. ?A partire dalla riforma più ambiziosa, quella della Costituzione.
Vogliamo enumerarne i tentativi, ?durante gli anni ruggenti della seconda Repubblica? Nell’ordine: la Bicamerale presieduta da De Mita e poi da Iotti (1992). Il comitato Speroni (1994). La Bicamerale guidata da D’Alema (1997). La devolution del centro-destra, timbrata dalle Camere (2005) ma respinta poi dal referendum (2006). La bozza Violante (2007). Un ulteriore progetto del centro-destra, approvato dal Senato (2012), affossato dalla Camera. Le proposte ?dei 35 saggi (2013). La riforma Renzi, bocciata anch’essa da un ?referendum popolare (2016).
Insomma, il maggioritario ci ha donato un cesto di sciagure. Come d’altronde ?le tre leggi che ne hanno scandito la parabola, generando sempre l’esito opposto rispetto ai calcoli dei loro inventori. Così, nel 1993 la sinistra battezzò il Mattarellum, e l’anno dopo vinse Berlusconi. Nel 2005 la destra confezionò il Porcellum, e alle elezioni vinse Prodi. Nel 2015 Renzi tirò fuori l’Italicum: un altro harakiri. Che però si sta trasformando in un suicidio collettivo per il sistema dei partiti, nell’ennesima prova d’impotenza. Giacché a questo punto sarebbe obbligatoria la scrittura d’una nuova legge elettorale, non foss’altro che per rendere più armonica la formazione di Camera e Senato. ?La reclama Mattarella, e a parole tutti ?i leader si dichiarano d’accordo. Ma è una fiera delle ipocrisie, nessuno dice ciò che pensa davvero: viva i capilista bloccati, viva questo proporzionale uscito dalle forbici della Consulta. Perché così magari non si vince, ?ma certamente non si perde.
Sta di fatto che con tre blocchi più ?o meno equivalenti (destra, sinistra, ?5 Stelle) qualunque maggioritario duro ?e puro sarebbe una pericolosa forzatura. E la ragione è presto detta: se attraverso superpremi o altri marchingegni si consegnano le chiavi del potere a una minoranza nemmeno tanto grande, quest’ultima non avrà alcuna legittimità per governare, sicché il sistema s’incurva verso un modello autoritario. Insomma, il maggioritario calza a pennello per un corpo politico bipolare, non tripolare. Non a caso il proporzionale sta ormai guadagnando schiere di tifosi, da Libertà e giustizia a vari altri spezzoni della società civile, che per lo più coincidono con il fronte del no ?al referendum costituzionale.
Ecco, il referendum. Dopotutto il 4 dicembre scorso le urne hanno sancito la vittoria della Costituzione storica su quella futurista; e la prima fu scritta da un’assemblea figlia del proporzionale. Sarà per questo che i tentativi di riscriverla, in epoca maggioritaria, sono falliti l’uno dopo l’altro; con un cambio ?di stagione, forse intascheremmo l’esito contrario. Ma senza dubbio otterremmo la rilegittimazione delle assemblee rappresentative, che ormai da tempo non rappresentano più nulla. È questa ?la nostra emergenza democratica, ?è il divorzio fra popolo e Palazzo. ?Per risanarlo, serve una legislatura ricostituente, se non costituente. ?Serve resettare il sistema, allineando ?i concorrenti sui nastri di partenza. ?Con il proporzionale, e come sennò?