Scena uno: il primo ministro australiano Tony Abbott «suggerisce» come affrontare la questione migranti nel Mediterraneo dopo le tragiche notizie di barconi affondati e dispersi in mare:«L’Europa dovrebbe seguire l'esempio australiano e fermare i barconi prima che raggiungano le acque territoriali».
La promessa di fermare l’immigrazione si è tradotta con la controversa operazione “Confini sovrani”: grazie all’intervento dalla marina militare ogni imbarcazione di migranti che cerca di raggiungere l’isola viene intercettata e rimandata indietro.
Scena due: al forum internazionale di Napoli al quale partecipano i vertici delle 26 marine europee rimbalza la proposta di Canberra. L'ammiraglio italiano Donato Marzano prende la parola: «Ci sono diversi paesi che applicano una politica di espulsione, anche con la forza delle armi, altri applicano il diritto internazionale per salvare" puntualizza quando gli viene chiesto se l'Italia potrebbe imparare dall'esperienza dell'Australia.
«Sono un marinaio che ha trascorso vent’anni in mare» continua Marzano «Se trovo una barca alla deriva, mi dispiace, ma non mi allontano. Io intervengo per aiutare le persone in difficoltà. Non so se questo rispecchia la mia cultura italiana, ma so che è il diritto internazionale. Una nave in difficoltà, sia che si tratti di una barca piena di immigrati che di una nave mercantile, deve essere assistita».
Questa (sensata) presa di posizione scatena un dibattito dall’altra parte del mondo con il premier Abbott che soffia sul fuoco.
Secondo quanto riferisce il quotidiano The Australian, la settimana scorsa si è tenuto a Sydney un incontro con alti funzionari dell'immigrazione di 16 paesi, fra cui nazioni Ue e del Nord America, che avevano chiesto un resoconto sul funzionamento della cosiddetta operazione confini sovrani.
Un briefing di alto livello sull’approccio a guida militare per fermare i barconi fortemente sponsorizzata dal premier Abbott: «L’unico modo per fermare le morti è quella di fermare le barche. Ecco perché è così urgente che i paesi europei adottino politiche molto forti per fermare il commercio attraverso il Mediterraneo».
Il briefing anti-immigrazione viene però smentito da Bruxelles dalla portavoce della Commissione Natasha Bertaud che ha detto di «non essere al corrente» di alcun contatto con le autorità di Canberra e che l'Unione europea non ha intenzione di seguire il suo esempio.
«Poiché l'Ue applica un principio di non respingere vittime di persecuzione verso paesi dove sarebbero a rischio - ha detto Bertaud - il metodo australiano non può essere un esempio per noi».
AUSTRALIA, L’ISOLA CHE NON ACCOGLIE
Il paese dei canguri è meta di barconi provenienti dall'Iraq, Iran, Pakistan, Afghanistan, Sri Lanka, Cina, Somalia, Sudan, Myanmar e Vietnam.
La maggior parte delle imbarcazioni lascia l'Indonesia con destinazione Christmas Island, a circa 345 chilometri a sud di Giava, dove è stato costruito centro di detenzione per i richiedenti asilo.
Molti arrivano senza passaporto, rendendo difficile il rimpatrio. Da luglio 2013 Camberra rifiuta di concedere permessi ai rifugiati via mare.
I migranti che raggiungono le acque australiane sono trattenuti in centri di detenzione dislocati nel piccolo stato-isola di Nauru o nell'isola di Manus in Papua Nuova Guinea. Sono migliaia e solo se ottengono lo status di profughi possono essere accolti in altri paesi ma a nessuno viene accordato asilo in Australia.
Così nessuna imbarcazione raggiunge le coste, difese dalle navi militari, e secondo i dati delle organizzazioni per i diritti umani, negli ultimi sei anni almeno 50mila migranti hanno tentato l’attraversata e almeno mille di loro hanno perso la vita.
Una politica di «splendido» isolamento che ha scatenato l’opposizione interna, la quale sostiene che in questo modo non si risolve il problema dell’immigrazione, ma si rischia di provocare stragi perché i barconi respinti sono instabili e non in grado di sopportare le sollecitazioni delle grossi navi da guerre schierate.
L'opposizione ha fatto appello alla Corte Penale Internazionale dell'Aia chiedendo di aprire un'inchiesta «sui crimini contro l'umanità perpetrati da membri del governo contro le persone che arrivano per chiedere asilo».
La denuncia contro la politica restrittiva del governo conservatore viene da Andrew Wilkie, deputato della Tasmania, ex funzionario dei servizi segreti che si era dimesso per protesta contro le “bugie” sulle armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein in Iraq.
Le misure, introdotte dal precedente governo laburista, sono state confermate e rafforzate dall'attuale esecutivo con il motto «respingere i barconi». L'obiettivo dichiarato è di scoraggiare i trafficanti di esseri umani, dopo che centinaia di persone sono naufragate nel tentativo di raggiungere acque australiane.
«Gli effetti di questa politica? Uomini, donne e bambini detenuti a forza e a tempo indefinito», ha scritto Wilkie nella lettera alla Corte: «Le condizioni che subiscono durante la detenzione sono causa di grandi sofferenze oltre che di gravi lesioni fisiche e mentali». L'accusa al governo è di violare i trattati internazionali sui diritti dei profughi, i diritti dei minori e i diritti civili.