Ha confessato di essere stata costretta a interrompere la stesura del suo saggio sull’assolutismo a causa del matrimonio con il principe Harry

L’intervista di Oprah Winfrey a Meghan Markle (disponibile in pillole, a fascicoli, in audiolibro, in sensorround, tridimensionale, presto a Broadway nella versione musical, e come diceva Gino Bramieri «da oggi anche in confezione spray») si sta rivelando uno dei maggiori successi pop del secolo. Forse verrà resa pubblica anche la versione integrale: dura due giorni, con brevi interruzioni per consentire alle due signore di andare in bagno e rifarsi il trucco e al principe Harry di approfittare della loro assenza per pronunciare brevi frasi di senso compiuto, dimostrando al pubblico che non è vero che, per contratto, gli era vietato parlare.

Il taglio Secondo voci messe in giro dal suo staff, sarebbe stata tagliata una lunga parte dell’intervista nella quale la Markle mette in discussione la teoria della sovranità elaborata nel sedicesimo secolo da Jean Bodin. Meglio, spiegava, quanto detto in proposito da Hobbes; aggiungendo che il vero dramma della sua vita è stato dover interrompere, a causa dei preparativi per il matrimonio, la stesura del suo saggio sull’assolutismo hobbesiano. Ne avrebbe parlato anche alla Regina Elisabetta, non ricevendo risposta.

La conferma La notizia parrebbe inventata di sana pianta, allo scopo di fare apparire la figura di Meghan meno frivola di quella costruita dalla stampa popolare. Invece, a sorpresa, lo staff della Winfrey ha confermato: «Il taglio - si legge in una nota - è stato attuato a tutto vantaggio della signora Markle, che effettivamente dedica gran parte del suo tempo agli studi hobbesiani. Non volevamo esporla all’accusa, infamante, di essere un’intellettuale. Quella degli intellettuali è una comunità oggi totalmente esposta e indifesa, e la signora Winfrey, che tanto ha fatto per la difesa delle minoranze, se ne occuperà nei prossimi mesi anche con una lunga, dolorosa intervista a Massimo Cacciari». A conferma di questa tesi, arriva la notizia che la comunità Lgbtq (lesbian, gay, bisexual, transgender, queer) ha rifiutato di aggiungere la I di intellettuali. Gli intellettuali restano dunque, al momento, l’unica minoranza al mondo sprovvista di tutele.

Body shaming La vicenda di Meghan pone anche un evidente problema di body shaming (gli americani non si occupano d’altro, il resto del mondo segue). Mettere in evidenza il suo aspetto fisico, decisamente accattivante, non equivarrà ad alludere al fatto che ha impalmato un ricco principe anche a causa della sua bellezza, con il rischio di mettere in secondo piano, come movente amoroso, i suoi autorevoli studi hobbesiani? Si vuole forse avvalorare il vergognoso pregiudizio secondo il quale il giovane Harry ha sposato Meghan Markle, e non Angela Merkel, a causa dell’aspetto fisico? Per evitare lo sgradevole rischio del body shaming, pare che i due staff (il suo e quello della Winfrey) avessero suggerito a Meghan di farsi intervistare con alcuni bitorzoli sistemati ad arte sul viso, e con un naso finto scelto sul catalogo “Nonna Abelarda”. Ma lei avrebbe rifiutato, coraggiosamente, dicendosi disposta ad affrontare a viso aperto anche l’inspiegabile pregiudizio sulla rilevanza dell’aspetto fisico nella sua vicenda umana e nel suo posizionamento sociale.

Razzismo La Casa Reale ha smentito con un certo sdegno le accuse, esplicite e implicite, di razzismo rivolte da Meghan. «Da secoli assoggettiamo e sfruttiamo popoli di ogni razza e religione, senza mai fare discriminazioni di alcun tipo», dice, secco e autorevole come sempre, un comunicato di Buckingham Palace. Le accuse di razzismo non sarebbero comunque rivolte al principe di Edimburgo, che ha quasi cento anni, ci vede malissimo ed è convinto che Meghan sia una bionda naturale; e nemmeno alla Regina, che ci vede benissimo ed è convinta che Meghan sappia pilotare suo nipote Harry come Hamilton la sua Mercedes. Riguarderebbero una dama di corte che ha chiesto a Meghan la marca del suo fondotinta, sospettando che la ragazza sia del Sussex da dodici generazioni, e stia simulando una discendenza afroamericana per pure ragioni di marketing.

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