La protesta spagnola, di cui tanto si è parlato in questi giorni non è un monolite, ma è figlia di diversi movimenti nati negli ultimi mesi. I principali sono: No les votes, Joventud sin futuro e per ultimo Demoracia real YA!. Il ritrovo spontaneo alla Porta del Sol a Madrid (e in molte altre città spagnole) ha molto di queste tre componenti. Per capirne meglio l'origine e lo sviluppo abbiamo intervistato Julio Alonso, uno dei promotori del primo motto di protesta: No Les Votes.
In Italia c'è molta curiosità rispetto all'origine di questa protesta. Com'è nata?
«Si può dire che era nell'aria. Io sono uno dei promotori del gruppo No les votes, un movimento di protesta on line contro la Ley Sinde: una legge per la salvaguardia del diritto d'autore che di fatto permette la censura sistematica del web. Insieme a Ricardo Galli, Enrique Dans e agli avvocati Carlos Sánchez Almeida, Javier Maestre, David Bravo e Javier de la Cueva creammo a febbraio una piattaforma multimediale informativa nella quale esortavamo la popolazione a non votare più per una classe politica capace di approvare una legge di questo tipo. Il nostro gruppo è cresciuto costantemente grazie all'apporto di persone che esprimevano il proprio malessere, con una crescente indignazione rivolta alla politica in generale. Col passare dei giorni ci siamo accorti che la legge sul diritto d'autore era solo uno dei tanti indicatori di un sistema democratico bloccato».
Perché bloccato?
«Possiamo imputarlo ai casi di corruzione presenti in tutti i principali partiti, ma anche alla scarsa trasparenza della politica spagnola. Tra marzo e aprile preparammo un manifesto che denunciava la distanza tra la classe politica e il popolo, scritto in rete collettivamente con l'aiuto di tutti coloro che volessero partecipare a questo progetto».
Tutto è partito dal web, ma qual'è stato il punto di rottura che ha portato le persone in strada?
«In questo sono stati veramente bravi i ragazzi che hanno dato vita ai due movimenti Joventud sin futuro e Democracia real Ya, che per la prima volta in Spagna sono riusciti a mobilitare così tante persone attraverso la rete. Sto parlando della manifestazione del 15 maggio, nata sotto lo slogan “Toma la calle”, da cui ha preso piede la concentrazione popolare nelle piazze».
Esistono tanti siti internet per identificare questo movimento, ma chi c'è realmente dietro?
«Sinceramente non ne ho idea. Siamo persone diverse che convivono in rete, si tratta di movimenti organizzati orizzontalmente senza una struttura chiara. Molte persone si aggiungono costantemente e, come immaginerai, gestire una cosa del genere è molto più complicato rispetto a un movimento gerarchico. Però è sorprendente come, partendo da una piattaforma virtuale, si sia arrivati a tutto questo».
Cosa è successo dopo la manifestazione del 15 maggio?
«Una volta terminato il corteo di Madrid erano molte le persone che non volevano tornare a casa, e quindi hanno deciso di passare la notte nella Porta del Sol. È stato un impeto spontaneo a dar luogo all'accampata, ma la risposta della popolazione è stata immediata. Questo fine settimana si sono toccati picchi di 20.000 persone, soprattutto di notte».
Girando per l'accampamento sono stato colpito la presenza di una commissione legale composta da avvocati. Sono gli stessi di 'No les votes'?
«Esattamente. Sono persone che hanno deciso di mettere a disposizione della gente le proprie conoscenze. Penso che il gran valore aggiunto sia stato proprio l'incontro tra generazioni e la condivisione del sapere. Tutti abbiamo dei diritti, ma questo non basta: è necessario conoscerli. Gli avvocati hanno stilato un documento opensource, scaricabile via internet, con i diritti fondamentali e i doveri da tenere a mente se si decide di accampare in piazza, in maniera che chiunque possa avere a disposizione un livello di argomentazione giuridica più solido. Alcuni di questi avvocati difendono gratuitamente anche molti dei blogger che per colpa della Ley Sinde devono affrontare un processo».
La protesta sta cambiando giorno dopo giorno, quali scenari si profilano secondo te?
«Non so se tutto questo confluirà in un movimento organizzato politicamente. Io individuo diverse fasi principali in questa storia. Inizialmente le reti sociali sono servite per provocare una prima presa di coscienza, ma alla vigilia della manifestazione nessuno parlava di questa protesta. La presenza nelle piazze ha finalmente attirato l'attenzione dei media mainstream. Adesso siamo in una fase che serve a mostrare e visualizzare il malessere, per misurare la partecipazione popolare. Una volta che capiremo quali sono le esigenze delle persone, sarà il momento di scoprire come realizzare le rivendicazioni che verranno fuori. Per il momento sono state stilate delle proposte su cui iniziare a lavorare».
Puoi ipotizzare cosa succederà a quel punto?
«Premetto che è un'opinione personale, perché al momento nessuno sa realmente cosa succederà, però io individuo tre possibili strade. La prima ipotesi è che uno dei due partiti principali assuma l'impegno di soddisfare alcune delle rivendicazioni formulate in questi giorni. Può anche succedere però che sia un piccolo partito a compromettersi per inserire nel proprio programma il loro manifesto. L'ultima possibilità è la nascita di un movimento strutturato politicamente. Non sono capace di dirvi quale sarà lo scenario, però sicuramente sarà uno di questi che ho elencato».