E' brutto a dirsi, ma senza l'attacco alle Torri Gemelle il gigante asiatico non avrebbe mai avuto quella gigantesca crescita economica che oggi gli permette di acquistare i debiti di mezzo mondo, Italia compresa
In ogni singola cultura rallegrarsi delle disgrazie altrui è considerata cosa di cattivo gusto. E la Cina in questo non è differente. Tuttavia, nel decimo anniversario dell'11 settembre nessun leader cinese, se parlasse onestamente, potrebbe negare che in seguito agli attacchi terroristici subiti dieci anni fa dagli Stati Uniti la crescita della Cina smise di essere l'obiettivo principale di Washington, che in questo modo regalò a Pechino dieci anni di crescita senza ostacoli.
Per capire come la Cina abbia tratto beneficio dall'11 settembre basta guardare una serie di numeri che mostrano come Pechino sia riuscita a diminuire il divario di potere esistente tra la Cina e gli Stati Uniti. Nel 2001 il Pil cinese era di 1.16 miliardi di dollari, a stento il 12 percento del Pil americano. Ma nel 2010 ha raggiunto i 6.04 miliardi di dollari, circa il 40 percento del Pil Usa. Nella stessa decade, il commercio estero cinese è cresciuto da 500 milioni a 3 miliardi di dollari. Nel 2001 la Cina aveva 120 milioni di dollari di titoli del tesoro e titoli garantiti da mutuo ipotecario. Oggi Pechino, il maggior creditore di Washington, possiede 2 miliardi di simili assicurazioni.
Un tale aumento di potere di una nazione emergente non ha precedenti storici. In altri tempi si sarebbe certamente scontrata con le strategie di contenimento della superpotenza principale. Tuttavia nel mettere in atto le strategie di sicurezza ambientale che hanno seguito l'11 settembre, gli Stati Uniti si sono concentrati ossessivamente su una minaccia nuova e più letale: la rete terroristica di al Qaeda. I neo conservatori presenti nell'amministrazione del presidente George W. Bush, per i quali la Cina fino a quel momento era stata considerata il principale nemico di lungo periodo che l'America potesse avere, non ebbero altra scelta che cambiare le loro priorità strategiche.
Il cambiamento dell'obiettivo strategico americano non sarebbe stato di per sé sufficiente a dare sicurezza ambientale favorevole alla Cina. Ma guardando al passato, la costosa e sconsiderata invasione dell'Iraq da parte di Washington, unita alla cattiva gestione dell'Afghanistan dopo l'iniziale caduta del regime talebano, hanno impantanato l'esercito americano in due guerre invincibili.
I costi delle due guerre non hanno comportato solo sangue e denaro, ma hanno assorbito una grande quantità di energia e di attenzioni dei principali decisionisti di Washington che nell'ultima decade si sono trovati senza una strategia coerente con la quale affrontare una Cina in rapida crescita. Nel frattempo, il deteriorarsi delle condizioni fiscali in America, dovuto principalmente ai sostanziosi tagli alle tasse del presidente Bush e al continuo aumento delle spese militari, aveva bisogno di ingenti prestiti dall'estero. I cinesi ricchi di contanti, che ogni anno avevano la bilancia commerciale in attivo per centinaia di milioni grazie agli Stati Uniti, erano solo felici nel concedere prestiti.
È bastato poco a Pechino per trovarsi in una posizione di maggior forza nel contrattare con Washington. Per esempio, nonostante le continue minacce da parte dei politici americani, i cinesi hanno resistito alle pressioni americane che chiedevano di rivalutare la loro valuta e ridurre le eccedenze di scambio.
Tuttavia la buona fortuna di Pechino potrebbe fermarsi. Gli Stati Uniti hanno aggiustato la loro politica estera e si stanno nuovamente concentrando sulla crescita della Cina. Il risultato è stato che le politiche cinesi sono diventate più severe. Inoltre, i leader cinesi apparentemente volubili nei confronti del loro nuovo status e della loro influenza, hanno adottato di recente una politica estera assertiva che ha praticamente alienato tutti. In Asia le relazioni con il Giappone e i paesi del Sud-est asiatico sono state gravemente danneggiate da dispute territoriali. Le posizioni di Pechino sui cambiamenti climatici, le politiche di scambio e i diritti umani hanno irritato anche gli europei.
Perciò dieci anni dopo l'11 settembre, l'umore a Pechino è sicuramente meno roseo. I giorni in cui la Cina aveva mano libera nel portare avanti i propri obiettivi strategici sono forse finiti per sempre.