Un attivista politico basco. Rifugiato nel nostro Paese da anni. Ora rischia di essere rispedito in patria dove è accusato di essere vicino all'Eta. Ma lui si proclama innocente e si appella all'Italia
Da quasi 9 mesi a Roma si trova in custodia cautelare agli arresti domiciliari un attivista dei movimenti politici baschi, Lander Fernandez Arrinda.
Fernandez viene arrestato il 13 giugno 2012 a seguito di un mandato di cattura emanato dalla Spagna, e la custodia cautelare è conseguenza della richiesta di estradizione che pende sul suo capo. L'Audiencia National di Madrid (un tribunale speciale, istituito per occuparsi di alcuni reati come terrorismo, narcotraffico e corruzione) vuole processare Fernandez per "strage e terrorismo".
Questo il fatto: nel febbraio 2002 Fernandez, in concorso con Aingeru Cardano, avrebbe incendiato un autobus vuoto parcheggiato nei pressi di una fermata soppressa. Secondo l'autorità spagnola i due fanno parte "dell'organizzazione radicale che agiva a supporto di quella denominata Kalle Borroka", accusata di essere collegata a ETA.
L'elemento utilizzato contro Fernandez è una dichiarazione di Cardano, il quale però si è rifiutato di firmare il verbale dell'interrogatorio e anzi ha denunciato di aver subito torture. Cardano avrebbe accusato Fernandez durante il cosiddetto periodo di "incomunication", in cui le autorità spagnole hanno il diritto di trattenere un arrestato fino a 13 giorni senza che questi possa contattare un avvocato, i familiari o addirittura un medico.
Nel corso degli ultimi 30 anni centinaia di attivisti baschi hanno denunciato di aver subito torture durante il periodo di incomunication e numerose organizzazioni internazionali, da Amnesty International alle Nazioni Unite, ne chiedono l'abolizione.
Nel 2009 a Bilbao, Fernandez viene pedinato, minacciato e picchiato da alcuni uomini che gli intimano di confessare il reato per il quale oggi è accusato. Al suo rifiuto di "collaborare" viene arrestato e rilasciato dopo 15 giorni dietro il pagamento di 40mila euro di cauzione. Da quel momento Fernandez decide di rifugiarsi in Italia dove, nel 2012, arriva la richiesta di estradizione.
L'8 gennaio 2013, la Corte d'Appello di Roma si pronuncia a favore dell'ammissibilità dell'estradizione, riconoscendo anche la validità dell'aggravante rappresentata dal supposto collegamento con un'organizzazione terroristica.
I suoi difensori hanno presentato ricorso in Cassazione, contestando una serie di evidenze non considerate dalla Corte d'Appello. Innanzitutto, ogni richiesta di estradizione deve essere valutata in base a vari elementi. Uno di questi prevede che lo stato richiedente produca la documentazione necessaria a comprendere i fatti avvenuti e la loro qualificazione giuridica.
Ebbene, ciò che convince di meno è proprio l'aggravante di terrorismo contestata a Fernandez. Alla richiesta della Corte d'Appello di elementi aggiuntivi su questo punto, lo stato spagnolo ha risposto con delle pagine contenenti la storia di ETA negli ultimi trent'anni. Anche rispetto a Kalle Borroka non ci sono prove a supporto del collegamento con gruppi armati anzi, lo speciale relatore dell'Onu Scheinin in un recente rapporto, esprime preoccupazione per l'assimilazione dei due fenomeni, affermando che "molti giovani che partecipano a Kalle Borroka non appoggiano in alcun modo ETA". Niente, quindi, è stato prodotto come prova dell'appartenenza di Fernandez a organizzazioni terroristiche.
La questione della qualificazione del reato e dell'aggravante è dirimente anche per il calcolo della prescrizione: se questa fosse già intervenuta, come gli avvocati di Fernandez sostengono, l'estradizione non sarebbe più possibile. A prescindere da quanto margine avrà la Cassazione per entrare nel merito dei fatti attribuiti a Fernandez, un aspetto della vicenda merita la massima attenzione.
Si può davvero consegnare una persona, contro cui sono state fornite prove così deboli, a un stato che prevede norme speciali in caso di sospetto terrorismo? Nonostante quello che sappiamo succedere in molte caserme o carceri italiani, una previsione come l'incomunication per 13 giorni non sarebbe possibile, anche se ancora siamo ben lontani dal garantire pienamente i diritti di chi è privato della libertà personale (l'assenza del reato di tortura nel nostro ordinamento è il più chiaro e grave segnale di questo).
Per avere maggiori informazioni e firmare la petizione a sostegno di Lander Fernandez,
uncasobascoaroma.noblogs.org.