È possibile che una signora, ultraottantenne, il 31 gennaio dell'anno di grazia 2002, si dedichi all'alchimia delle offshore per una possibile sistemazione del suo patrimonio? Anche questo è successo a Silvana Inzadi in Carimati di Carimate, che 11 anni fa, vedova da tempo, decide che le Cook Islands potrebbero essere un approdo sicuro. Attiva nel campo dei gioielli, si è poi divisa tra Milano e gli Stati Uniti. Ed eccola così montare un'operazione finanziaria complicata, che schiererà, tra i beneficiari di tre trust, i suoi parenti più stretti, compresi quelli acquisiti.
In tutto, tre famiglie intrecciate tra loro. In prima fila, la stirpe dei Pederzani, titolari della gioielleria meneghina di via Montenapoleone, storici fornitori di parure di diamanti di ricche casate, dagli Agusta ai Moratti dagli Invernizzi ai Berlusconi e protagonisti della vita mondana per almeno due decenni. Sono Claudio Pederzani, suo figlio Alberto jr e suo fratello Alberto sr. A questi si aggiunge Maria Cristina Agusta: figlia di Mario, fratello di Corrado e Domenico Agusta, quelli della dinastia degli elicotteri, moglie divorziata di Claudio Pederzani e madre di Alberto jr.
Il secondo gruppo allinea i due discendenti diretti di Silvana Inzadi, Enrico e Daria Carimati di Carimate, nonché Ascanio, figlio di Enrico e Cristina Agusta, al suo secondo matrimonio. Segue il terzo nucleo: Daria, sposata con Pierre Luigi Camurati, i loro figli Nicolò e Cristiana, l'anno scorso convolata a seconde nozze con Aristide Merloni, uno dei figli di Vittorio Merloni, leader degli elettrodomestici in Europa.
Tutti questi ceppi sono indicati dalla capostipite Silvana Inzadi come “beneficiaries” di due trust, chiamati con le sigle SICC e CTC101. E come tra i beneficiari sono riportati, vera sorpresa, anche tre enti caritatevoli, le famose “charities”: Unione italiana ciechi; Lila ossia Lega italiana per la lotta contro l'Aids e il Centro per il bambino maltrattato. Né finisce qui il thriller delle offshore alla milanese. I componenti della famiglia Camurati, più Ascanio, risultano anche inseriti, sempre come beneficiari, in un altro trust, denominato ETC202, il terminale di tutto. Terminale che vede nell'avvocato inglese, James Pearson, dello studio di Londra “Pearson & Lowe”, il suo “protector”, una figura speciale nel mondo delle offshore: come abbiamo visto, è in pratica un custode, l'unico che può autorizzare o meno qualsiasi business.
Domanda: che senso ha la presenza di enti caritatevoli in questo modello di architettura finanziaria? Secondo un importante uomo d'affari svizzero, che vuole restare anonimo, servirebbe «per proteggere il trust da eventuali indagini di magistrati». Una sorta di schermo, per offrire le credenziali di enti impegnati nella beneficenza molto noti anche a livello internazionale e cercare di evitare i controlli per capire cosa c'è realmente dietro. Interpellati da “l'Espresso”, i responsabili delle tre fondazioni escludono di aver ricevuto donazioni o altre regalie. Lila, Unione Ciechi e il Centro per il bambino maltrattato si riservano azioni legali a tutela della propria onorabilità. E allora, qual è la natura di questo sistema finanziario? “L'Espresso” ha raccolto quasi tutte le dichiarazioni delle persone citate e dei rappresentanti delle charities, che negano ogni coinvolgimento. Mancano all'appello Enrico e Ascanio Carimati di Carimate, da anni vivono negli Stati Uniti. In particolare Ascanio, al corrente di una nostra richiesta di chiarimenti dalla mamma Cristina Agusta, anche lei ormai “americana”, non vi ha dato seguito.
I Pederzani sono sorpresi: «Noi, beneficiari di trust? Se ci spettano dei soldi, allora ce li diano». I Camurati hanno affidato all'avvocato Luca Bauccio una dichiarazione globale: «Siamo estranei a questa vicenda, né riusciamo a darcene una spiegazione». Da Los Angeles Cristina Agusta risponde infuriata: «Silvana era mia suocera, ho divorziato da Enrico nel 1980. Lei aveva un trust? Impensabile. Tutto questo è comico». Restano dubbi sugli attivi dei trust e sui pagamenti effettuati a loro nome. Di tracce nelle carte a disposizione di The international consortium of investigative journalists non se ne sono trovate. Il “protector” non parla. Silvana Inzadi è morta, lasciandosi alle spalle due indirizzi milanesi, dove ha vissuto, via Vigevano 8 e Via Fucini 5. E i tre veicoli finanziari di quei patrimoni un po' misteriosi? Anche loro passati a miglior vita, cioè “deregistrati” dal 2008. Nel paradiso polinesiano delle Cooks Islands i file che li riguardano saranno invece distrutti nel 2015, sette anni dopo la cancellazione