I video provano che quello di Damasco è stato un attacco con il micidiale nervino. Per terrorizzare la popolazione e prendere il controllo degli ultimi quartieri ribelli.
Tutte le immagini disponibili confermano che è stato un attacco chimico. Un'operazione terroristica su larga scala in un sobborgo di Damasco densamente abitato, condotta di notte per riuscire a eliminare quante più persone possibile.
L'assenza di qualunque ferita o lesione sulla pelle delle vittime è l'indizio dell'uso di un gas che colpisce il sistema nervoso, come appunto il nervino. Gli effetti della sostanza sono letali e immediati. Si accanisce velocemente sui più deboli, come i bambini mostrati nelle immagini choc. E non lascia praticamente traccia.
Un killer invisibile, evidentemente selezionato per questo motivo tra i tanti veleni disponibili negli arsenali del regime siriano.
Altre pozioni utilizzate nel conflitto Iran-Iraq come l'iprite o il fosgene provocano larghe ustioni sul corpo o nell'apparato respiratorio, facilmente identificabili con un'autopsia.
Sono ferite inequivocabili, come quelle impresse sulla pelle dei feriti ricoverati negli ospedali libanesi che "l'Espresso" ha documentato in esclusiva già nel marzo scorso. Inoltre l'iprite diffonde nell'aria un odore inconfondibile che la fa chiamare anche "gas mostarda".
Per dimostrare la presenza del nervino invece sarebbero necessarie analisi sofisticate sul sistema nervoso delle vittime, che nessuno negli ospedali improvvisati dei ribelli anti Assad potrà mai compiere. Gli ispettori Onu non riuscirebbero a raccogliere campioni sul terreno, "una scena del crimine" ormai compromessa, né a realizzare test sui cadaveri. Insomma, la prova scientifica dell'attacco non potrà mai esserci.
Ma le immagini video - rilanciate dal blog specializzato Brown Moses - girate sul luogo dell'attacco notturno pochi minuti dopo l'avvelenamento non lasciano dubbi: le vittime agonizzanti mostrano tutte gli stessi sintomi, l'incapacità di controllare il sistema nervoso fino a soffocare.
Adulti e soprattutto bambini, destinati a essere la maggioranza dei morti, si spengono drammaticamente nella stessa maniera.
La mossa del regime è cinica, ma non disperata. L'uso di armi chimiche nella capitale fa sicuramente parte di una decisione strategica. I generali di Bashar al Assad temono che si arriverà presto un cessate il fuoco, forse con la divisione del paese in tre 'cantoni'.
Per questo da fine maggio hanno scatenato un'offensiva per conquistare le posizioni chiave ed eliminare le sacche ribelli all'interno della regione dove la maggioranza della popolazione è etnicamente vicina al governo.
Da giugno la morsa si è concentrata sui sobborghi di Damasco in mano ai rivoltosi, usando artiglieria e bombardamenti aerei per martellare i difensori e dissuadere chiunque dal sostenerli. Un duplice messaggio di morte, che serve anche a consolidare il sostegno delle borgate in mano all'esercito regolare.
L'uso dei gas è l'ultimo passo di questa escalation: adesso ogni razzo e ogni proiettile diffonderanno la paura del killer invisibile, resistere sarà molto più difficile.
Un attacco simile, su piccola scala, era stato condotto in un altro quartiere di Damasco lo scorso 5 agosto. Una sorta di prova generale, forse per testare l'efficacia delle armi. Nei filmati si vedono soprattutto animali morti e un cane agonizzante con convulsioni che sembrano essere state provocate dal gas nervino: le stesse che il 20 agosto hanno segnato gli ultimi istanti di vita di decine di esseri umani.
Sempre secondo le analisi dello stesso blog, gli ordigni impiegati nell'offensiva chimica sarebbero razzi artigianali prodotti in Siria. Munizioni molto semplici, simili a quelle inventate dai Guardiani della Rivoluzione iraniani durante il conflitto con l'Iraq: oggi la teocrazia di Teheran rimane il più importante alleato del regime siriano.
Si tratta di testate con gas lunghe circa un metro spinte da un razzo da 107 millimetri, i più diffusi nel mondo. La portata è limitata a poco più di un chilometro: chi ha sparato si trovava nei quartieri confinanti. Queste armi sono scagliate da batterie multiple, capaci di far piovere da sei a dodici proiettili su un'area ristretta, in modo da diffondere una nube di gas letale per un raggio di diverse centinaia di metri.
I video girati nelle strade pochi minuti dopo l'attacco notturno del 20 agosto mostrano i corpi privi di qualunque ferita, il panico dei bambini che cercano di proteggersi bocca e naso con fazzoletti bagnati, una misura inutile contro il nervino.
Altri ragazzini in stato confusionario restano seduti, mentre i soccorritori tentano di farli alzare per evitare il rischio che il gas si sia concentrato in prossimità del suolo, altra cosa che invece non accade con il nervino. Un uomo non ha più il controllo degli arti, che continua a muoversi freneticamente.
Indescrivibile la scena di un bambina con un vestitino a fiori che non riesce più a respirare, stesa per terra accanto a un altro bambino in pantaloni corti. Oscilla la testa in continuazione. E trema, senza che l'ossigeno degli infermieri dia sollievo a quello disperata agonia.
Quando il 16 marzo 1988 i caccia di Saddam Hussein inondarono di gas il villaggio curdo di Halabja, colpirono senza lasciare tracce. A testimoniare quella strage c'è solo una manciata di foto. Adesso tutto il mondo può vedere: non ha alibi.
Finora però oltre 90 mila vittime civili della guerra siriana non sono riuscite a scuotere l'opinione pubblica. L'occidente non fa nulla nemmeno per aiutare i profughi in fuga dal massacro. Secondo le Nazioni Unite a Ferragosto erano già quasi due milioni, di cui 685 mila in Libano: un esodo destinato a crescere, che è già arrivato sulle coste italiane con gli sbarchi delle scorse settimane.