
Insomma sono mille e più i motivi per cui i coccodrilli, rettili d’acqua che vivono nei climi caldi, scatenano la nostra fantasia. Da sempre: basta pensare che nell’antico Egitto gli alligatori - nel Nilo non ne mancavano - erano sì temuti, ma anche adorati e considerati depositari di poteri magici. Tanto che Sobek, il dio delle inondazioni, era raffigurato come uomo con la testa di coccodrillo.
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Ma la bestiaccia squamosa gioca un ruolo forte anche nella mitologia indiana: ad esempio, la dea Ganga (madre del fiume Gange) nell’iconografia di molti templi del nord si presenta a cavallo di un coccodrillo con la bocca spalancata, che ingoia il mondo. Secondo alcune credenze africane invece gli alligatori erano spiriti reincarnati di uomini assassinati.
Anche noi europei, peraltro, ci siamo fatti impressionare: data la somiglianza con i draghi, in epoca cristiana li abbiamo associati al male, a Satana. Li si trova dipinti in questo ruolo, ad esempio, nel Battistero di Parma. Nel Santuario della Beata vergine di Curtatone (Mantova) c’è addirittura un coccodrillo vero, imbalsamato e appeso al soffitto al centro della navata, in catene: simbolo appunto del maligno sconfitto. Lo studioso Massimo Introvigne, in uno dei suoi libri, racconta che ancora nell’Ottocento una certa propaganda cattolica sosteneva che durante le riunioni segrete della massoneria appariva Satana in forma di coccodrillo ad allietare i presenti suonando il pianoforte.
Ma al di là dei significati simbolici, come si è visto trasversali alle diverse culture, i coccodrilli sono sempre stati anche oggetto di caccia. In primo luogo per la loro carne, che per sapore ricorda un po’ il pollo o altre carni bianche ed è considerata sana perché a basso contenuto di grassi e colesterina. In Florida la bistecca e l’hamburger di coccodrillo non sono rarità: si tratta forse di un cascame degli usi gastronomici degli indiani Seminole. Anche in Sudafrica e in Australia, ancor oggi, non è strano servire carne di alligatore. Nelle Filippine non solo si consuma, ma soprattutto si esporta: tra i maggiori clienti, di recente, perfino la nuova “upper class” russa.
Il secondo e più valido motivo per cui è iniziata la caccia ai coccodrilli, com’è noto, è la loro pelle: con cui si fanno scarpe, borse, cinture e altri accessori. In tempi moderni, le prime testimonianze di uso commerciale di pelli di coccodrillo sono da ricercarsi in Nord America all’inizio del XIX secolo: probabilmente venivano trasportate dagli Usa del Sud, soprattutto Mississippi, Lousiana e appunto Florida. Subito dopo la guerra civile (1861-1865), la domanda di calzature in particolare era già molto alta e, per soddisfarla, la caccia all’alligatore si diffuse soprattutto in Messico e America centrale. Gli effetti di questa caccia non regolamentata però, furono devastanti per le popolazioni selvatiche. Dopo la Seconda guerra mondiale e durante la successiva ripresa economica, la richiesta sul mercato delle pelli di coccodrillo crebbe ulteriormente, per soddisfare anche i mercati europei.
In Sud America la caccia al caimano è iniziata attorno alla fine degli anni Cinquanta e ha portato le popolazioni di alcune specie a un punto critico: in certi casi, quasi all’estinzione. Divenne dunque necessaria una sua regolamentazione e nel 1975 si arrivò a una legislazione per proteggere le specie selvatiche con la firma della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate. Cominciò quindi a prendere piede molto rapidamente il fenomeno dell’allevamento, su cui si basa quasi interamente l’attuale commercio internazionale, che coinvolge oltre un milione di pelli di coccodrillo all’anno, esportate legalmente e provenienti da circa 30 paesi. In termini di volume, i protagonisti di questo settore industriale si trovano in Asia Sudorientale, Africa, Australia, Stati Uniti e diversi paesi del Sud America.
L’Onu stima che tra il 1999 e il 2008 le pelli di coccodrillo esportate nel mondo siano state tra 1,5 e 1,8 milioni. Ma non sono dati recenti e la domanda negli ultimi anni è in crescita, dato che questa materia prima è usata in uno dei settori che a livello mondiale non sta conoscendo crisi, quello del lusso. Una borsa di coccodrillo infatti può essere venduta ad un prezzo 30 volte superiore allo stesso modello realizzato in pelle bovina. Il 2014 è stato per certo un anno eccezionale per i prodotti che coinvolgono gli animali esotici e il loro impiego nella moda internazionale: per averne conferma, basta dare un’occhiata alle collezioni di Gucci, Burberry, Bottega Veneta e altri marchi noti.
Così il coccodrillo è diventato un business particolarmente redditizio anche in Colombia, dove il mercato è in parte legale (gli allevamenti registrati) e in parte ancora illegale (il bracconaggio, spesso gestito dai narco-trafficanti, che poi mescolano le pelli alle spedizioni di grosse partite di droga). Gli allevamenti ufficiali colombiani, nati nei primi anni Ottanta, oggi sono considerati tra i migliori del continente in termini di qualità della pelle e di processo di lavorazione. Le immagini ritratte in questo reportage sono state realizzate all’interno dell’allevamento “Repticosta” fondato nel 1991 e situato lungo il Rio Magdalena, a un’ora e mezza da Barranquilla, sulla costa caraibica. Repticosta rappresenta l’eccellenza sudamericana nel suo settore: le pelli dei suoi coccodrilli finiscono sui mercati del lusso di tutto il mondo, dall’Europa fino alla Cina.
La specie che si alleva qui si chiama Caiman Crocodilus Fuscus, lungo tra i 60-70 centimetri e i due metri. È considerato di medio valore nella scala mondiale dei caimani, quasi una seconda scelta nella scala del lusso, ma se viene lavorata con maestria, come appunto l’allevamento Repticosta è in grado di fare, può concorrere con le più pregiate pelli dei caimani nord americani e asiatici. I tagli di coccodrillo fuscus sono tratti dal ventre o dalla schiena e utilizzati soprattutto per accessori d’abbigliamento, ma anche per piccoli articoli da viaggio e finiture di mobili.
Il processo produttivo dell’allevamento Repticosta prevede un ciclo di deposizione uova all’anno con una relativa nascita di circa 45 -50 mila cuccioli che vengono regolarmente suddivisi in vasche con diverse caratteristiche ciascuna e queste sono determinate sostanzialmente dell’età. La misura minima perché un caimano possa essere sacrificato per il processo produttivo, in questo allevamento, è di 72 centimetri e la massima è di circa 135-145. Questi parametri, secondo l’esperienza ventennale del Repticosta, garantiscono un livello qualitativo maggiore, date le complicanze che subentrano quando i coccodrilli raggiungono l’età adulta. Un coccodrillo maschio infatti compete per le femmine nei periodi di accoppiamento e, da adulto, combatte spesso anche per il territorio: nel migliore dei casi, queste cruenti lotte danneggiano la pelle e non di rado li porta alla morte. Per questo nell’allevamento si lasciano vivere fino alla piena età adulta solo gli esemplari utili a fini riproduttivi, mentre per gli altri si procede in modo abbastanza rapido all’abbattimento prima che il tempo ed eventuali lotte ne rovinino la pelle, destinata alle nostre cinture e alle nostre scarpe.