I terroristi hanno aperto il fuoco con i kalashnikov in stile gangster contro piccoli café semicentrali, amati da giovanissimi di ogni colore e religione: Casa Nostra, La Bonne biere, La piccola Cambogia e Le Petit Carillon. Erano affollati da neri, tunisini, asiatici, cristiani, ebrei e musulmani. Bevevano un bicchiere di vino o magari un caffé, chiacchieravano e ascoltavano musica

Ma lei è sicura di voler uscire dall'aeroporto a Parigi? A chiedermelo è la hostess dell'Alitalia che mi ha fatto il check in per il mio volo. Poco prima il tassista mi aveva a lungo spiegato come fosse necessario radere al suolo la bellissima moschea di Roma per dare un segnale forte a quegli Imam che estremizzano i musulmani. Se non avranno più luoghi di culto la smetteranno di pianificare attacchi. E comunque basta con questo flusso di immigrati!

E invece Parigi mi ha accolta con il sorriso di un francese di origini africane che per la millesima volta spiegava in due lingue a passaggeri spaesati come all'interno di Charles de Gaulle i percorsi fossero stati modificati e come occorreva fare il controllo passaporti. Con le indicazioni precise su dove prendere un taxi di un addetto aeroportuale musulmano proveniente dal Bangladesh. Con il volto di un autista che aveva lasciato 50 anni fa la Cambogia.

Non mi ricordavo una Parigi tanto multietnica, da fare sembrare neoborghesi quartieri come l'Esquilino a Roma. Eppure è proprio questa il luogo in cui otto terroristi del Daesh (lo Stato islamico) hanno ucciso 130 persone. Non se la sono presa con i locali posh della Parigi bene, lungo i grandi boulevard. Hanno prima aperto il fuoco con i kalashnikov in stile gangster contro piccoli café semicentrali, amati da giovanissimi di ogni colore e religione: Casa Nostra, La Bonne biere, La piccola Cambogia e Le Petit Carillon. Erano affollati da neri, tunisini, asiatici, cristiani, ebrei e musulmani. Bevevano un bicchiere di vino o magari un caffé, chiacchieravano e ascoltavano musica.

«Ci hanno colpito in quello che noi francesi amiamo e loro odiano», commenta Daniel, trecce rasta che gli sfiorano il volto nero, mano nella mano col compagno dalla carnagione pallida: «Conoscevano bene i nostri luoghi di svago del week-end».

Davanti alla vetrina massacrata dai proiettili de La bonne biere, una donna avanti con l'età, un foulard rosa le avvolge la testa, piange tra la folla, stringendo tra le mani due baguette, una già morsa. «Vivo qui accanto, questo è il mio quartiere, sono qui da 40 anni e non ho mai avuto paura», spiega: «Quanta tristezza». Paura di ritorsioni contro i musulmani? Strabuzza gli occhi, offesa. «Me lo chiede perché porto il foulard? Che c'entra? Sono tunisina-francese io, quelli sono terroristi fuori controllo».

Accanto a lei sono decine le persone che depongono fiori e scattano foto: sui quattro tavolini tondi appogiati alla finestra ci sono ancora i bicchieri in vetro sporchi e le posate verdi abbandonate dai commensali in fuga. Briciole di pane ovunque. Sembra il set di un film. Invece è la realtà di ieri immobile nel cordoglio di oggi.

Parigi è una città a lutto. Sono vietate le manifestazioni e chiusi gli uffici pubblici. Turisti e cittadini si aggirano lungo il canale Saint Martin in una lugubre ricerca del perché a quelle sparatorie, decisi però a non darla vinta a chi vorrebbe trafsormare un atto terroristico in uno scontro di civiltà.

"Continueremo a vivere senza paura e senza odio”, grida un cartello scritto a mano ai piedi della Piccola Cambogia, la saracinesca abbassata. Una coppia asiatica sta posando un mazzo di fiori. Daniel li guarda e, rivolto al compagno: «Inutile fare la guerra a metà e buttare via miliardi di euro. Dobbiamo farla davvero, come gli americani la fecero in Iraq. Dobbiamo andarli a prendere tutti, impiegare centinaia di miglaia di uomini e sterminare Daesh o questo stillicidio non finirà mai».

Il teatro Bataclan si trova oltre il canale, verso piazza della Repubblica. È un edificio colorato ma relativamente piccolo, non lontano dal quartiere ebraico del Marais. È impossibile accedervi: la polizia l'ha completamente circondato. Ma giornalisti, turisti e cittadini continuano ad arrivare, sostare, fotografare, piangere e commentare. Centinaia di persone di ogni razza e nazionalità, accomunate dallo stupore sgomento per quanto è accaduto.

I terroristi di Daesh hanno scelto con cura giorno, luoghi e obiettivo: la società civile francese, tutta, in un venerdi sera - venerdi 13 - tra alcol, musica e sport. «Secondo me hanno selezionato anche i nomi dei locali e dell'evento», racconta una ragazza bionda mentre deposita rose davanti alle recizioni: «Voglio dire, la banda che suonava venerdi si chiama “Eagles of death metal”!».