Intercettare l'intero pianeta, come fa l'Nsa, non sembra essere una strategia vincente, ammesso che sia minimamente compatibile con la democrazia. Edward Snowden: “Quando raccogli tutto e monitori tutti, non capisci niente”

L'attacco è partito. Puntuale e prevedibile. Immediatamente dopo il massacro di Parigi agenzie di intelligence e governi, dagli Usa all'Europa, hanno invocato un giro di vite contro le comunicazioni “sicure”. A finire nel mirino è di tutto: dai servizi di messaggistica Telegram e Whatsapp fino a Skype, accusati di proteggere le comunicazioni dei terroristi attraverso la crittografia. E poco importa che sistemi come Skype non siano affatto sicuri, tanto è vero che i file top secret di Edward Snowden hanno rivelato che la Nsa è in grado di penetrare le comunicazioni via Skype dal febbraio 2011, attraverso il programma “Prism” e che sia l'Fbi che la Cia accedono ad esse attraverso la cooperazione con la Nsa.

LA RECONQUISTA

Per l'offensiva contro i sistemi “sicuri” si stanno muovendo le più alte sfere dei governi occidentali: la campagna è frutto di una strategia coordinata. Da due anni, infatti, il governo americano sta cercando di recuperare il terreno perso a causa dello scandalo Nsa, che ha creato un enorme dibattito pubblico sulla sorveglianza di massa, esponendo in modo impietoso i fallimenti delle agenzie di intelligence americane e occidentali nel prevenire attacchi terroristici e, soprattutto, spingendo i giganti della Silicon Valley, da Apple a Facebook, a prendere le distanze dalla Nsa e a cercare di proporre soluzioni tecnologiche per difendere la privacy dei loro clienti, pena la fuga di massa di quei clienti dai servizi di Apple, Google, Facebook, ecc.

Che i servizi segreti aspettassero “l'occasione” di un attacco per far ripartire la “Reconquista” non è un mistero: ad agosto, il “Washington Post” ha rivelato un'email interna del capo della strategia legale della comunità di intelligence Usa, Robert S. Litt, in cui l'avvocato Litt spiegava come «l'ambiente legislativo oggi sia molto ostile» all'introduzione di leggi contro le comunicazioni “sicure” e la crittografia, ma che questa ostilità «potrebbe venir meno in caso di un attacco terroristico o di un fatto di sangue in cui le autorità potessero dimostrare che l'uso della crittografia forte ha ostacolato il lavoro delle forze di polizia».

Litt concludeva che: «E' importante mantenere le nostre opzioni aperte in attesa di un tale avvenimento». E non c'è dubbio che l'attentato di Parigi sia una di queste “opportunità”: ieri il New York Times riportava che l'ex direttore della Cia, Michael Morell, subito dopo la strage francese ha dichiarato che il dibattito pubblico sulla privacy finora dominato da Snowden (e quindi dai difensori della privacy) ora sarà «definito da quello che è accaduto a Parigi». Come dire: ora, il vento cambia a nostro favore.

DAVVERO LA PLAYSTATION?

Subito dopo il massacro, i media hanno iniziato a riportare notizie non verificate sul fatto che gli attentatori abbiano usato la PlayStation4 per comunicare in modo da evadere la sorveglianza. Peccato che pochi abbiano ricordato un file top secret di Snowden pubblicato dal quotidiano londinese “Guardian” in cui si raccontava come la Nsa abbia penetrato il mondo dei giochi virtuali, PlayStation inclusa, fin dal lontano 2008, preoccupata che questi giochi potessero permettere ai terroristi di comunicare e di apprendere le tecniche avanzate di addestramento militare.

Le accuse contro Snowden sono ovviamente ricominciate a fioccare e c'è voluto Glenn Greenwald - uno dei tre giornalisti a cui Edward Snowden ha consegnato i file top secret­ - per ricordare come fin dal 2002­-2003 i terroristi abbiano usato tecniche sofisticate per cercare di evadere la sorveglianza, tecniche che ricalcano in tutto e per tutto quelle usate dalle spie di alto livello, altro che PlayStation.

In particolare, il database dei file top secret di Snowden ha fatto affiorare un manuale di quarantacinque pagine che il Gchq, il servizio inglese gemello della Nsa, ha ribattezzato “il manuale del jihadista” e che, nota Greenwald, pur essendo vecchio di dieci anni, è così sofisticato «che molte sezioni del manuale sono virtualmente identiche al manuale che il Gchq ha sviluppato molti anni dopo (nel 2010) per dare istruzioni ai suoi agenti su come mantenere le loro comunicazioni sicure».

Nel rincorrersi di notizie che demonizzano la crittografia, però, nessuno ha portato dati e statistiche verificabili su quante indagini antiterrorismo siano mai state bloccate, o anche solo ritardate, dall'uso delle comunicazioni criptate da parte dei criminali. Subito dopo l'attacco contro il periodico satirico Charlie Hebdo, “l'Espresso” chiese ufficialmente queste statistiche alla Nsa, all'Fbi, al Gcqh e anche alla polizia italiana, senza pretendere informazioni coperte dal segreto investigativo o militare: nessuno ha voluto rispondere alla nostra richiesta.

LA LUNGA SCIA DI FALLIMENTI

L'unico dato incontrovertibile di questa Era del Terrore, innescata dall'attacco alle Torri gemelle di quattordici anni fa, è che la sorveglianza di massa portata avanti dalla Nsa, in collaborazione con molti dei servizi di intelligence occidentali, non è stata in grado di prevenire l'attacco di Parigi. Ha fallito con Bataclan, come ha fallito con Charlie Hebdo, con l'attentato alla maratona di Boston, con quello al consolato Usa in Libia, con l'attentatore con l'esplosivo nelle mutande e con il tentativo di attacco a Times Square.

La lista dei fallimenti è sotto gli occhi di tutti, tanto che quando lo scandalo Nsa è scoppiato e l'Agenzia si è ritrovata sotto una pioggia di critiche infuocate per i suoi programmi di sorveglianza di massa, il capo dell'Agenzia, il potentissimo generale Keith Alexander, si è precipitato a dichiarare che quei programmi avevano permesso di bloccare «cinquantaquattro attività di tipo terroristico», peraltro mai minimamente identificate. Appena sei mesi dopo queste dichiarazioni, però, la lista si è sgonfiata: da cinquantaquattro successi si è passato a uno, come ha confermato lo stesso Alexander.

Intercettare e sorvegliare l'intero pianeta, come fa la Nsa, spendendo da sola un terzo dell'intero budget dell'intelligence Usa – che nell'anno 2015 è di 66,8 miliardi di dollari, nel 2014 di 67,9 miliardi, nel 2013 di 67,6 e nel 2012 di 75,4 – non sembra essere esattamente una strategia vincente, ammesso che sia minimamente compatibile con la democrazia.

L'AGO NEL PAGLIAIO

Perché la sorveglianza di massa fallisce? Snowden ha più volte denunciato che la ragione di questi fallimenti va ricercata nel fatto che, raccogliendo ogni comunicazione e sorvegliando tutto e tutti, come fanno la Nsa e i servizi alleati, l'intelligence non è più intelligente, ma è “instupidita” dal diluvio di dati e perde la capacità di individuare le vere minacce. «Il problema», ha dichiarato l'ex contractor della Nsa, diventato whistleblower, «è che quando raccogli tutto e monitori tutti, non capisci niente».

La stessa denuncia viene fatta ormai da anni da whistleblower che prima di Snowden hanno esposto gli abusi della Nsa, subendo pesanti conseguenze, come ad esempio Thomas Drake, ex dirigente della National Security Agency, e Bill Binney, che per 36 anni ha lavorato alla Nsa ed è considerato uno dei più grandi matematici e code­breaker che l'Agenzia abbia mai avuto a partire dalla sua creazione nel 1952.

«La sorveglianza di massa genera tantissimi falsi positivi», spiega a l'Espresso Thomas Drake, «e quindi è veramente difficile trovare il vero ago nel pagliaio, quando ogni cannuccia del pagliaio è guardata come un ago». La metafora di Drake non è casuale: l'ex dirigente della Nsa, infatti, fa riferimento alla strada imboccata dall'Agenzia sotto il generale Alexander.

Rovesciando la saggezza popolare che recita quanto sia disperata la missione di trovare un ago nel pagliaio, Alexander ha indirizzato l'Agenzia proprio in questa direzione, sostenendo che per trovare l'ago nel pagliaio, serve il pagliaio, ovvero serve raccogliere tutto di tutti, in uno slogan: “Collect it all”, che riassume efficacemente una strategia nata sotto un generale così potente da essere chiamato “Imperatore Alessandro”. Non è difficile immaginare la ragione di tanta potenza, visto i segreti immagazzinati dal generale.

IL TROJAN DI STATO

A inseguire la Nsa in questa strada della sorveglianza di massa sono state ovviamente tutte le più potenti agenzie di intelligence occidentali, a partire dagli inglesi del Gchq, il gemello londinese della Nsa, ma non solo: dopo Charlie Hebdo, i servizi francesi hanno ottenuto una legge draconiana sulle comunicazioni che legalizza quello che gli 007 francesi già facevano, ovvero sorveglianza indiscriminata dell'intera popolazione.
English version
Revealed: How the Nsa Targets Italy
5/12/2013

In Italia la pressione è sempre più crescente, con il procuratore nazionale antiterrorismo Franco Roberti, che ha esplicitamente dichiarato: «Forse dobbiamo essere pronti a rinunciare ad alcune delle nostre libertà personali, in particolare dal punto di vista della comunicazione». Nessuno che gli abbia chiesto di quale libertà parla, visto che, secondo i file di Snowden rivelati dal nostro giornale, le comunicazioni degli italiani sono così pesantemente sorvegliate che in un solo mese, dal 10 dicembre 2012 al 9 gennaio 2013, la Nsa ha raccolto tutti i metadati relativi a 45.893.570 telefonate, senza che peraltro nessuna procura italiana aprisse un'indagine su queste rivelazioni.

Sulla scia di sangue di Parigi, sta tornando alla carica chi vuole il “trojan di stato”, bocciato dal decreto antiterrorismo del marzo scorso, dopo un'ondata di indignazione popolare e mediatica. E poco importa che scandali come il trojan dell'azienda milanese Hacking Team, venduto a veri e propri governi “terroristi” come quello del Sudan, abbiano fatto finire l'Italia su giornali di tutto il mondo.

Aggiornamento del 23 novembre 2015 ore 17,05: Hacking Team, nessun contatto con governi terroristi

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