Nessuna città italiana si è mai aggiudicata il premio. Ma perché forse nessuna ci ha mai davvero provato, mentre Bristol all’obiettivo ha lavorato per anni: prima istituendo la Bristol Green Capital Partnership - oltre settecento membri, consorziati in una Community Interest Company - poi la Bristol 2015 Company. Il che ha significato un investimento da quattordici milioni di euro - tre quarti da risorse pubbliche, un quarto dal settore privato - per sedici aree d’azione di sviluppo sostenibile. Ha funzionato: e oggi Bristol è un modello.
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I trasporti sono stati la sfida più difficile. Bristol è un agglomerato di villaggi con un millennio di storia:«Sono due dozzine, tutti diversi, spesso in collina e pieni di stradine. Belle ma strette, con canali, aree portuali e ponti a complicare lo schema», racconta Savita Custead, numero uno del Natural History Consortium e funzionario della Bristol 2015 Company. Tutto molto bello per i turisti ma un problema complesso da gestire per la pubblica amministrazione. Che non si è fatta scoraggiare e ne ha inventate di tutte, compreso un autobus che funziona con un biometano derivato da escrementi umani e rifiuti alimentari: l’autonomia per ogni pieno è di trecento chilometri. Per spiegare bene il concetto, il comune di Bristol ha deciso di dipingere sulle fiancate l’immagine di persone sedute al gabinetto.
Trovate creative, insomma, che qui si mescolano con un forte spirito campanilista: in città l’aggettivo che campeggia più spesso su opuscoli, documenti, insegne, profili on line e biglietti da visita è “independent”. All’oleografia del folklore autonomista si consegnano le cronache di quando l’ora non era quella di Greenwich: e la terza lancetta dell’orologio dell’Old Corn Exchange lo ricorda ancora. L’indipendenza si misura oggi su altri display e nuove arene, come spiega George Ferguson, il sindaco a metà mandato. È un urbanista sessantottenne, coi pantaloni rossi che indossa ad ogni occasione: «Appena insediato, ho rivoluzionato il consiglio, ridotto il numero dei consiglieri e formato un gabinetto ristretto», spiega a “l’Espresso”. «Cinque persone in tutto, in rappresentanza degli orientamenti politici principali».
Si circonda di tecnici e professionisti, alterna ascolto ad ampio spettro a decisionismo spedito. Il confronto con i concittadini è intenso, a volte teso ma dialogante. È iniziato con i Laboratori delle Idee, è andato avanti con iniziative come “Ask George” e prosegue sui media con frequenti question time. Più, naturalmente, i social network: i tweet di George raggiungono venticinquemila follower. Prima di candidarsi Ferguson è stato presidente del Royal Institute of British Architects e si è occupato per anni di riqualificazione a Bristol. Un esempio tra i tanti, la Tobacco Factory, promossa ad amalgama d’arti, otium e acquisti.

A proposito di tabacco: è sulle foglie essiccate che Bristol ha fatto la propria fortuna marinara, un blasone che ha condiviso con Londra e Liverpool. Vanta pagine gloriose (la spedizione di Caboto verso il Canada, per esempio, salpata da un attracco cittadino) e ha segnato record di nautica e tecnologia. Ma nel commercio locale c’è anche un’ombra scura, quella della tratta degli schiavi nel Settecento: Bristol era un hub di transito con Antille e Caraibi. Di ghinee ne giravano parecchie e qualche traccia rammenta l’opulenza di quei giorni. Come il nome della Colston Hall, una sala da concerto d’eccellenza, fulcro della vasta scena musicale bristolian: sir Edward Colston era un mercante arricchitosi con il commercio di umani della Royal African Company. Molti oggi spingono per cambiare il nome di questa istituzione:«Sì, è arrivato il momento di farlo», assicura il sindaco.
Il rinnovamento verde invece passa per le soluzioni hi-tech, soprattutto su questioni di traffico, energia e rifiuti, le leve che hanno pesato di più nella partita per il titolo di Green Capital. E per gli interventi di ridisegno urbano. C’è chi mette in guardia dal pericolo di “gentrification”, il fenomeno per cui le ex zone povere diventano “fighette” e ne vengono espulsi i ceti bassi. «Ma è un rischio che va corso, rigenerare non vuol dire perdere le origini ma nemmeno opporsi ai cambiamenti sociali», dice il sindaco.
Nella Bristol con meno fronzoli e più sanguigna, l’indipendenza esalta l’indole creativa e a volte esplode in tensioni, come nella primavera 2011, quando la Tesco ha aperto un supermercato a Stokes Croft, quartiere popolano e popolare, orgoglioso del proprio carattere multiculturale, tra disordini e proteste. Tesco la spuntò e il punto vendita oggi è ancora lì, “tollerato” tra risentimenti e indifferenza.
A pochi passi campeggia un’opera di Banksy, l’artista locale senza volto che da anni si fa portavoce di istanze provocatorie sui muri della città e oltre, armato di stencil e spray. Ritrae un pupazzo bianco che fronteggia, molotov in mano, tre poliziotti. Titolo: “the Mild Mild West”.
Bristol è attivismo, partecipazione e flessibilità. Poca retorica, molti fatti. Mix di committenze dall’alto e proposte dal basso. Come il Patrons of New Art, un catalizzatore di mecenatismo che mette insieme tre istituzioni cittadine d’arte e nuovi linguaggi - Arnolfini, Spike Island e Situations - e trova fondi che diventano atelier con competenze trasversali. E, soprattutto, committenze concrete. Poi c’è il Bristol Pound, una delle valute alternative più diffuse in Inghilterra e la prima con un circuito di pagamenti elettronici certificati da un’istituzione finanziaria. Vale una sterlina, ci si possono pagare alcune tasse locali e la sua circolazione è promossa da una cooperativa senza fini di lucro.
Il denominatore comune è uno: i bristoliani si danno da fare e si auto-organizzano, soprattutto sui temi green. Orti urbani, moduli abitativi a bassissimo budget e completamente autosufficienti, riciclo e riuso, mobilità alternativa. Non aspettano le istituzioni ma le rincorrono. E anche alla Ballon Fiesta - quattro giorni di eventi per cui arrivano turisti da tutta Europa - adesso l’attrazione sono le mongolfiere solari. Innovazione, tradizione, divertimento, creatività. Insomma Bristol.