
Parziale nel guardare la punta dell’iceberg e pensare il problema nei termini assurdi dell’immigrazione clandestina, mentre siamo di fronte ad un’ondata di profughi e richiedenti asilo dovuta alle guerre e al terrorismo. Secondo il diritto internazionale praticamente qualunque siriano o libico oggi potrebbe legittimamente chiedere asilo e ottenere almeno la protezione temporanea dal momento che sta fuggendo da una situazione di guerra.
Incoerente, perché allo sdegno per le morti segue la richiesta di bloccare la fuga dei civili, di farli morire in Africa, dove non turbano le nostre coscienze. Ha dovuto ricordarlo Angela Merkel, spesso accusata di essere poco solidale, che la priorità di qualunque azione europea deve essere il salvataggio di vite umane.
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Manca la consapevolezza delle cause e dei termini del problema e quindi delle possibili soluzioni. L’ascesa della Cina ha spostato il focus strategico americano verso il Pacifico provocando un vuoto di potere in cui si inseriscono le opposte aspirazioni e fazioni nelle varie aree coinvolte, con mezzi ed esiti diversi.
Ad est la Russia di Putin ha annesso militarmente la Crimea, e alimenta la guerra civile e la destabilizzazione dell’Ucraina. In Turchia si indebolisce la linea europea e aumentano le tensioni. La Siria è in piena guerra civile e l’Iraq fuori controllo, tanto che sui loro territori ha potuto insediarsi l’organizzazione terroristica dello Stato Islamico.
Lo scontro per l’egemonia tra Iran e Arabia Saudita alimenta tensioni in tutto il Medio Oriente e si manifesta nella guerra civile in Yemen. Per riportare un minimo di ordine in Egitto l’Occidente ha dovuto sostenere un colpo di Stato militare. Tutti gli Stati dell’Africa del nord, tranne il Marocco, sono altamente instabili e attraversati da gravi tensioni. L’intervento aereo occidentale in Libia ha prodotto una guerra civile e uno Stato fallito di cui cerca di approfittare lo Stato Islamico, e ha reso impossibile qualunque controllo delle sue frontiere. In Sudan, Nigeria, Etiopia ed Eritrea imperversano organizzazioni terroristiche e bande armate, e anche il Kenya e altri Paesi un tempo più solidi hanno difficoltà ad arginarle.
Tutto ciò comporta inevitabilmente milioni di profughi. La sola guerra civile in Siria ha prodotto quasi 4 milioni di rifugiati secondo l’Agenzia dei Rifugiati dell’Onu che ne ha registrati 1,7 milioni solo in Turchia, e 2,2 milioni tra Giordania, Iraq ed Egitto. Appena 222.225 sono venuti in Europa, di cui oltre il 50 per cento tra Germania e Svezia, e meno di 2.000 in Italia. Ma i profughi provenienti dall’Africa e dalla Libia in fiamme cercheranno di raggiungere l’Europa.

Richieste di asilo, dati Eurostat - La mappa completa e la progressione temporale qui
In questo quadro l’Italia è un Paese di frontiera in preda ad una percezione sociale completamente disgiunta dai dati reali (Eurostat). È assurdo affrontare questa situazione come un problema di ordine pubblico, di controllo degli sbarchi, con una narrazione immaginaria di un assedio all’Europa nel quadro di uno scontro di civiltà e di religione.
Può far comodo a qualche leader populista cavalcare le paure, ma non aiuta a comprendere e risolvere i problemi. I richiedenti asilo in Italia nel 2014 sono stati 64.625, in Svezia 81.325, in Germania 202.815. Gli immigrati sono circa l’8 per cento della popolazione (circa il 2 per cento comunitari e il 6 per cento extra-comunitari) collocandoci nella media europea. In Germania sono leggermente di più in termini percentuali e molti di più in termini assoluti. L’Italia è sostanzialmente un Paesi di transito per i migranti in fuga verso l’Europa.
E dall’Europa l’Italia invoca aiuto, per bloccare la fuga dei migranti e perseguire gli scafisti. Ma il soccorso e il salvataggio dei naufraghi sono un basilare dovere di civiltà, riconosciuto dal diritto internazionale, e di cui Mare Nostrum si fece meritoriamente carico. Per eliminare gli scafisti servono percorsi legali per raggiungere l’Europa per i profughi che ne hanno diritto.
Il nodo è che l’Unione non ha le competenze, i poteri e le risorse perché gli Stati membri sono finora stati gelosi della loro inutile e fittizia sovranità sulla politica estera e di difesa, delle migrazioni e dell’asilo. Così i regolamenti di Dublino non sono un grande esempio di solidarietà europea, e la decisione di rafforzare le missioni Triton e Poseidon di Frontex è un segnale, non una soluzione – il tutto mentre tutti, Italia compresa, rifiutano un Mare Nostrum europeo.
L’Italia sta in realtà chiedendo l’aiuto degli altri Stati membri per tamponare le falle e dotarsi di una struttura di accoglienza civile. Può servire a dare ai cittadini l’idea che si sta facendo qualcosa, ma non ad affrontare strutturalmente i problemi. Bisognerebbe invece dotare l’UE delle competenze e delle risorse per non essere più un gigante economico, un nano politico e un verme militare. Il bilancio europeo è lo 0,9 per cento del PIL, meno delle spese militari complessive dei suoi Stati membri, che a ogni negoziazione riducono il bilancio a fronte di un aumento delle competenze dell’Ue.
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Renzi invoca un’Europa politica. Ha ragione, e per essere coerente l’Italia dovrebbe proporre l’avvio di una Cooperazione strutturata permanente sulla difesa, ovvero l’integrazione verso un esercito europeo, incaricata del controllo delle frontiere esterne dell’Unione, tanto a sud quanto ad est, in modo da favorire la partecipazione di quanti più Stati possibile. Francia, Germania, Italia, Spagna, Polonia, e Olanda, da sole fanno il 63 per cento della spesa militare europea (174.160 milioni di Dollari su 274.784 dei 28 Paesi membri; dati SIPRI 2014). Se prendessero l’iniziativa verrebbero seguiti da gran parte degli altri Stati membri non neutrali, arrivando a circa 200.000 Milioni di dollari, cioè grosso modo come la Cina. La Gran Bretagna non sarà disponibile, e considerata la possibilità di una sua uscita dall’Ue, è meglio così.
La solidarietà richiede istituzioni comuni. Solo quando quelle politiche diventeranno competenza dell’Unione e verranno gestite dalle istituzioni europee e non dai governi nazionali potremo avere una solidarietà e una politica europea effettiva. L’integrazione nella difesa aprirebbe la via all’unione politica, che l’Italia ha sempre sostenuto.
Questo implica anche di realizzare davvero l’unione fiscale, economica e politica promesse nel Rapporto “Per una genuina Unione economica e monetaria” redatto dai Presidenti del Consiglio europeo, della Commissione europea, della Banca centrale europea, e dell’Eurogruppo nel dicembre 2012. Comporta un governo federale responsabile di fronte al Parlamento europeo, con poteri fiscali e di prestito e il controllo dell’esercito europeo. Così l’Ue potrebbe colmare il vuoto di potere, stabilizzare le aree limitrofe, promuovendone lo sviluppo e limitare l’afflusso di profughi.
L’alternativa è guardare impotenti gli eventi intorno a noi, fino a venirne travolti; tradire i nostri valori e i nostri ideali accettando doppi standard che contraddicono i diritti umani e la civiltà in nome della quale gridiamo il nostro sdegno; piangere lacrime di coccodrillo, senza fare ciò che è in nostro potere per cambiare la situazione.
@RobertoCastaldi