Gli Stati Uniti non vogliono che Atene esca dall'euro perchè entrerebbe nella zona di influenza russa. Per questo attaccano la Germania e l'intransigenza del suo Ministro delle finanze che non vuole concedere sconti

“Non sono stupido” ha risposto Wolfgang Schaeuble a Mario Draghi. Durante una riunione notturna a Bruxelles il presidente della Banca Centrale europea ha cercato di convincere il Ministro delle finanze tedesco che l'uscita della Grecia dall'euro sarebbe stata una catastrofe per tutti. Senza successo però. Tanto che il presidente dello European Stability Mechanism Jeroem Dijsselbloem, anche lui presente, ha deciso di interrompere la seduta perché il clima si stava surriscaldando. Uno "scambio di vedute", come lo ha definito, che mette in evidenza quanto in merito alla questione greca siano ampie le divergenze tra le posizioni in campo. 

I creditori tengono la Grecia in pugno e stanno mostrando di essere in grado di alterarne gli equilibri interni. Sull'assetto futuro del Paese, ancora molto incerto, si giocano più partite, compresa quella che vede contrapposti gli interessi delle banche e della finanza tedesca da una parte e le influenze geopoliticihe statunitensi dall'altra. 

La Germania non è disposta a rinunciare ai prestiti che le proprie banche hanno concesso alla Grecia come ad altri paesi europei. Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann è uno dei più intransigenti sostenitori della linea politica dell'austerità. “La Germania non dovrebbe più mettere a disposizione altri soldi al sistema europeo”, ha detto per sottolineare che le istituzioni comunitarie non debbano più attingere a fondi tedeschi per salvare quei paesi a rischio fallimento che minacciano di uscire dall'euro. Posizione, questa, condivisa e promossa a livello politico da Schaueble, anche lui convinto che la salvaguardia dell'integrità territoriale dell'Unione europea passi in secondo piano rispetto ai propri interessi economici nazionali. Una Grecia che rischia l'insolvenza, dunque, è meglio che abbandoni l'eurozona. 

L'intransigenza tedesca è dovuta ad un fatto molto semplice: qualora la Grecia mostrasse al mondo che è possibile rinegoziare il debito si creerebbe un precedente che potrebbe dare inizio a un effetto domino. Che coinvolgerebbe i tanti altri Paesi indebitati in cui le forze populiste sono in ascesa. Cosa estremamente dannosa per l'economia tedesca, che vedrebbe messa a rischio la possibilità di riscuotere i propri crediti. Per scongiurare tale ipotesi Schaeuble ha fatto inserire nella prima stesura del documento approvato dall'eurogruppo un paragrafo che ammette la possibilità di avviare, in caso di mancato accordo, "negoziati per una temporanea uscita dalla zona euro della Grecia". 

Ma cosa succederebbe se la Grecia non riuscisse a ripagare il debito? Uno degli scenari vede il Paese sotto l'influenza russa. La storia greca è costellata di crisi in occasioni delle quali la Russia è intervenuta per salvare il paese. I legami economici, religiosi e culturali tra i due paesi sono molto forti e radicati, soprattutto quelli tra la sinistra politica greca e il governo di Putin. Il leader del Cremlino aveva già offerto linee di credito alla Grecia e i due governi avevano firmato uno storico accordo per la realizzazione in territorio greco di un gasdotto interamente finanziato da Mosca. Mosse, queste, che testimoniano l'interesse russo di combattere il proprio isolamento internazionale facendo leva sul caso greco. Uno scenario che preoccupa sia Stati Uniti che Unione europea, poiché vorrebbe dire spingere un paese della Nato sotto il cono d'ombra del Cremlino. 

Per questi motivi gli Usa non possono permettere la Grexit. Spingere il Paese fuori dall’euro significherebbe consegnarlo nelle braccia di Putin. Di fronte alla possibilità paventata da Schaeuble di indurre Atene ad abbandonare l'eurozona, il governo americano ha risposto per bocca di Jack Lew, ministro del tesoro e fedelissimo di Obama, in occasione di un convegno della "Brookings Institution" a Washington : "Il debito della Grecia è insostenibile. L’Europa deve ristrutturarlo". Parole che portano in superficie tutta l’impazienza e l’irritazione americana per come si è sviluppata la crisi tra Berlino e Atene. «La minaccia di fallimento della Grecia è un rischio che non vale la pena prendere», ha concluso Lew.

Quello tra Berlino e Washington rischia di essere un contrasto destinato ad amplificare in maniera esponenziale una crisi mondiale che la piccola Grecia sta facendo emergere.

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