Dall'Ungheria alla Grecia, crescono i muri contro gli immigrati. E la Ue? Tace
Ungheria, Bulgaria e Grecia costruiscono barriere per impedire l'accesso ai loro territori. Mentre verso l'Italia continuano
Fioriscono le barriere anti-immigrati nell'Europa dell'Est. L’Ungheria sta terminando la costruzione del muro lungo il confine con la Serbia, mentre sia Bulgaria che Grecia hanno già edificato barriere analoghe lungo i rispettivi confini con la Turchia. L'obiettivo condiviso dai tre Stati è quello di impedire ai migranti di entrare illegalmente nei proprio territori nazionali.
A dare il via al primo progetto era stata la Grecia nel 2011 quando, dopo che nell'arco di quattro anni oltre mezzo milione di clandestini erano entrati dalla Turchia, aveva chiuso i confini con un fossato, lungo 120 chilometri, largo 30 metri e profondo sette. L'allora governo di Centrodestra aveva parlato di “un dovere per proteggere i diritti dei cittadini greci e di coloro che risiedono legalmente all’interno del Paese”. Una scelta, questa, fatta per combattere la crescita elettorale degli anti-immigrazione di Alba Dorata – a danno proprio della maggioranza di governo – che nelle elezione della primavera del 2012 ottenne il proprio record di consensi. Secondo l'Organizzazione internazionale per le migrazioni, da allora i flussi che attraversano la Grecia sono effettivamente diminuiti: delle 2000 le persone che nel 2015 hanno perso la vita attraversando il Mediterraneo 60 erano in rotta verso la Grecia, mentre le restanti puntavano all'Italia.
Dopo il rafforzamento dei controlli di frontiera il traffico migratorio si è spostato verso la Bulgaria. Cosa che ha spinto Sofia ad approvare nel 2013 la costruzione di una recinzione che la separi dalla Turchia: lunga in tutto 160 chilometri e costruita con reti metalliche e filo spinato. Essa, in combinazione con l’aumento di fondi per i servizi di pattugliamento della frontiera, ha fatto sì che nel 2014 solo 4mila persone siano riuscite a entrare illegalmente in Bulgaria, rispetto alle 11mila dell'anno precedente.
Nel 2015 è stata la volta dell’Ungheria. Il ministro degli Esteri Peter Szijjarto ha annunciato la costruzione, ormai quasi completamente terminata, di un muro lungo circa 175 chilometri e alto 4 metri, spiegando che negli ultimi anni il numero di migranti entrati illegalmente nel Paese è aumentato molto e che l’Ungheria non è più in grado di sostenere i costi legati alla loro accoglienza. Nel 2015 sono entrate illegalmente in territorio ungherese circa 57mila persone, soprattutto attraverso i Balcani e provenienti da Afghanistan, Siria e Pakistan: entrare in Ungheria permette ai migranti di entrare in Unione Europea e beneficiare poi delle regole molto più elastiche sulla libera circolazione di persone in vigore grazie agli accordi di Schengen.
Quali sono i motivi che spingono tre Stati nella stessa regione a costruire delle barriere? Esattamente gli stessi. Pur essendo tutti Paesi di transito e non le mete finali di chi migra, sia il governo ungherese che quello bulgaro e quello greco sostengono di non essere più in grado far fronte alle spese legate all'accoglienza. In tutti questi Paesi sono cresciuti movimenti anti-immigrazione fortemente rappresentati nei parlamenti e ai quali i governi devono rispondere.
Oltre alla già citata Alba Dorata, a premere per la chiusura dei confini è l'estrema destra ungherese dello Jobbik (forte del proprio 20% dei consensi con cui il premier Viktor Orban deve fare i conti), mentre in Bulgaria è il governo stesso a volere stoppare gli immigrati per motivi economici e politici: il Paese è uno dei più poveri dell’Unione Europea, e i costi di gestione dei centri d’accoglienza e dei campi per i rifugiati pesano sul bilancio dello Stato. La scarsa capacità di controllo sul confine con la Turchia, inoltre, è una delle ragioni per cui la Sofia – che è membro dell’Unione Europea dal 2007 – non è ancora stata ammessa nell’Area Schengen. Infine, negli ultimi mesi è cresciuta molto la preoccupazione che tra i rifugiati che arrivano dal Medio Oriente possano mescolarsi estremisti islamisti.
I dati mostrano che i muri sono in grado di ridurre drasticamente il numero dei migranti che cercano di attraversare i confini. Ma non fermano le ondate migratorie, piuttosto le deviano verso i confini di Paesi meno controllati. Secondo una ricerca de L'Espace Politique i flussi non cambiano in relazione alla costruzione o al rafforzamento dei muri, ma in base alla motivazione delle partenze. Sono nuove guerre, carestie, l’acuirsi di condizioni climatiche sfavorevoli a determinarne la portata. I flussi non si riducono in base alle barriere, ma cambiano rotta. Quelle fino a qualche anno fa molto battute, ad esempio quella della Grecia e dell’Africa Occidentale (via Canarie, dove i migranti vengono bloccati per mesi), registrano oggi numeri bassi, mentre nuove rotte, ad esempio quella dei profughi afghani attraverso Romania e appunto Ungheria, diventano progressivamente più consistenti.
I migranti, ma soprattutto i trafficanti, hanno mostrato di sapersi adattare ai cambiamenti introdotti dai muri (fisici o legislativi) che i singoli Stati costruiscono. Secondo Franco Mezzadra, docente all’Università di Bologna e autore del libro “Il lessico sulle migrazioni alla prova dei fatti e della soggettività“, la debolezza legislativa dell'Italia e la conseguente mancata attuazione delle regole in materia migratoria rende il nostro Paese il primo obiettivo dei migranti.
Il dato che emerge dai rapporti e le ricerche, e che pesa più di tutti, è la totale latitanza dell'Unione europea in materia di immigrazione. Una Ue i cui Paesi membri promuovono politiche diverse da quelle che Bruxelles vorrebbe, che sono in contrasto le une con le altre (basti vedere le differenze tra Ungheria, Bulgaria e Grecia da una parte e Italia dall'altra) e che fino ad oggi non ha mostrato di avere una strategia condivisa per gestire i flussi senza inimicarsi le popolazioni. Ciò che emerge è che all'interno della stessa Europa non esiste un unico elettorato europeo che abbia obiettivi condivisi, ma che gli Stati nazionali rispondono alle richieste del proprio popolo. Creando per questo muri, fossati e barriere.