Negli ultimi anni sono soltanto sette i giovani egiziani che hanno chiesto di non servire l'esercito per motivi di coscienza. L'ultimo caso è quello di Amir Eid. A cui è stata negata finora la possibilità di viaggiare, di lavorare e di completare i suoi studi all'estero, in Italia. Ora è nata una mobilitazione online per garantire i suoi diritti e quelli dei ragazzi nella sua situazione. E per proteggerli da eventuali ritorsioni
Amir Eid è un ragazzo di 25 anni che vive al Cairo. Il 15 ottobre 2016 ha dichiarato obiezione di coscienza al servizio militare, come racconta in un
post che ha pubblicato su Facebook.
In Egitto il servizio militare è obbligatorio per i giovani dai 18 ai 30 anni, per una durata variabile da uno a tre anni. Ci sono diversi fattori che possono portare all’esenzione di un individuo dalla leva: non avere un fratello, possedere una doppia nazionalità o trovarsi in condizioni di salute non idonee. Spesso, inoltre, può essere utile avere buone conoscenze per svolgere mansioni meno faticose e meno impegnative o, addirittura, per essere esentati da qualunque dovere.
In Egitto ogni ragazzo è obbligato a fare domanda per il servizio militare quando finisce i suoi studi, ovvero dopo aver concluso le scuole medie, le scuole superiori o l'università. La durata del servizio di ognuno dipende proprio dal livello di istruzione. E' cosi' che il 25 maggio 2015 Amir, dopo aver ottenuto la laurea in architettura, ha fatto domanda per il servizio militare.
Come scrive Amir:
"Mi sono laureato alla facoltà del Cairo, in ingegneria, nel 2014. Per molto tempo il mio sogno è stato di compiere i miei studi di specializzazione post-universitaria all'estero, ma l'unico ostacolo era il servizio militare. Ho fatto domanda per il servizio militare nel maggio 2015, sperando che per ragioni di salute o per ragioni familiari non sarei stato arruolato, così non avrei dovuto intraprendere con l'esercito una lotta ideologica ed etica. Ma questo non è accaduto"In seguito agli esami medici, Amir è stato ritenuto idoneo alla leva, ma, il processo di reclutamento è stato presto interrotto per motivi personali, "non di natura politica o religiosa e nemmeno per aver commesso dei crimini". Motivi personali che, legalmente, gli avrebbero dovuto dare il diritto di essere esentato dal servire l’esercito. Il suo caso è quindi stato temporaneamente sospeso, affinché le autorità militari indagassero sulla vita privata di Amir. Per un anno e mezzo Amir non ha potuto legalmente viaggiare, studiare o lavorare.
Fino a questo 30 settembre non ho ricevuto nessuna risposta se dovessi arruolarmi o no. Solo l'1 ottobre, l'esercito mi ha informato che avrei dovuto iniziare la leva il 16 ottobre. Questo dopo circa un anno e mezzo di tempo perduto, di soldi ed energie sprecati, in cui non potuto trovare un lavoro decente né viaggiare Durante questo lungo periodo di attesa il giovane è stato accettato per fare una laurea magistrale al Politecnico di Milano, ma l'esercito gli ha impedito di partire. Gli è stato detto: “Hai già una laurea triennale, è abbastanza”. Inoltre, non ha potuto lavorare perché gli mancava il certificato dell’istituzione militare. Gli è stata recapitata improvvisamente la risposta dell’esercito sul suo caso, che lo intimava a a presentarsi il 16 ottobre per iniziare la leva.
Ecco come racconta quel che è avvenuto nella pagina Facebook, deluso per i suoi diritti negati e rifiutandosi di servire un’istituzione fondata su valori contrari ai suoi principi:
Credo che servire la propria nazione sia un dovere per chiunque ami il proprio Paese. Ma limitare ciò a prendere le armi e a contribuire ad azioni militari è di per sé un crimine contro la nazione. Perché la nazione non include solo l'esercito, ma include l'economia, le scienze, lo sviluppo. E il crimine più grande è che il servizio militare non serve al Paese, ma solo all'economia delle armi e a suoi padroniAmir critica la condizione di sfruttamento a cui sono soggette le reclute, costrette a lavorare per molte ore al giorno prendendo una retribuzione infima. Rimprovera il fatto che i fondi per l’esercito potrebbero essere investiti per scopi più utili per il benessere della società, come la cultura, la ricerca scientifica ecc. Non si limita solo a mettere in dubbio l’utilità per il paese del servizio militare, sistema basato sulle raccomandazioni e sullo sfruttamento di manodopera a basso costo per arricchirsi e rafforzare la posizione dell’istituzione militare nel paese, ma propone un’alternativa. Lui desidera servire il proprio Paese ma con altri mezzi: offre la sua disponibilità per svolgere il servizio civile. E ricorda che, se la costituzione egiziana sancisce l’obbligo del servizio militare, la carta delle Nazioni unite garantisce, in base all’articolo 18, la libertà di religione, pensiero e espressione e, di conseguenza, il diritto dell’individuo a rifiutarsi di servire nella leva obbligatoria se questa risulta contro i suoi ideali.
L’obiezione di coscienza non è un fenomeno completamente nuovo in Egitto, tuttavia è ancora sporadico e minoritario. Prima di Amir, solo sette ragazzi hanno fatto l’obiezione di coscienza in Egitto. Il primo, Mikael Nabil nel 2010. In seguito, Mustafa Ahmed, Emad el Dafrawy e Mark Nabil. Tra questi, alcuni sono stati esentati, dopo un’attesa di quasi un anno, per “motivi di salute” o “motivi psicologici” e altri per una decisione del ministero della difesa. Kamal El Gheity ha fatto obiezione all’insegnamento dell’educazione militare nelle università, ma la sua richiesta è stata bocciata dal preside dell’università e ora rischia di non riuscire a laurearsi. Samir El sharabaty è ancora in attesa di una risposta. A questi si aggiunge ora Amir.
Alcuni ragazzi nel 2009 hanno contribuito a fondare il movimento non ufficiale pacifista e anti-militarista denominato “
No al servizio militare obbligatorio” che, attraverso la sua pagina Facebook, fa campagne di informazione sul servizio militare e sulle istituzioni militari e offre sostegno agli eventuali obbiettori.
Attualmente Amir si trova in una situazione difficile e indefinita. Non sa che tipo di reazioni potrebbero avere le autorità militari nei suoi confronti, soprattutto in un periodo di instabilità interna e di minacce militari provenienti dall’esterno. Se da una parte sussiste il timore di ritorsioni pesanti, dall’altra c’è il rischio che l’esercito continui a trascurare la sua situazione fino al compimento dei 30 anni, età in cui l’obbligo del servizio militare decade. E questa ultima opzione significherebbe non poter lavorare, viaggiare e studiare per altri 5 anni.
E' probabile che, come è successo nei casi precedenti di obiezione in Egitto, la sua vita privata sarà indiscretamente disturbata e violata attraverso continui richiami e interrogatori nel con lo scopo di raccogliere maggiori informazioni sulle sue intenzioni e trovare modi per giustificare accuse verso la sua integrità e eventuali attacchi contro la sua persona.
Ciò che più sembra utile per prevenire violazioni è di rendere la sua situazione pubblica e far conoscere la sua causa. I social network sembrano al momento l’arma più potente nelle mani della società civile e della comunità internazionale contro un paese in cui molti diritti vengono negati.