
Un evento in grande stile. Tanto che per assistere alla nascita di “Democracy in Europe Movement 2025” (sintetizzato in DiEM 2025), i sostenitori hanno sborsato appunto dodici euro, chi ha diritto a riduzioni solo otto. Cosa che in rete fa arrabbiare qualche aspirante militante: “Ma è così che si lancia un nuovo soggetto politico, compagno Yanis?”.
Varoufakis, comprensibilmente, non se ne cura. Anche perché c’è ben altro in gioco: “Stanno distruggendo l’Unione europea”, spiega l’ex sodale di Alexis Tsipras dal palco, sul quale era salito esclamando “buona sera, Berlino, buona sera Europa”. Perché sia chiara una cosa: Yanis vuole salvarla, la Ue. Non distruggerla.
Il problema è che il processo di devastazione dell’Unione – questo dice il fascinoso economista, nonché autore di libri come “Il minotauro globale” – viene perpetrato al suo interno. La chiusura, prossima o minacciata, delle frontiere, la fine della solidarietà tra Stati, il ritorno dei nazionalismi, l’ideologia del rigore e la costruzione burocratica delle sue strutture politiche e istituzionali: sono questi i fenomeni che stanno frantumando ogni ipotesi di futuro europeo. Ipse dixit.
“Se non agiamo adesso, l’Unione cade a pezzi”: il piano di Varoufakis è chiaro, e parte dalla democratizzazione dal basso dell’Ue. A cominciare da un processo di trasparenza che deve attraversare obliquamente l’Eurogruppo, il Consiglio europeo e finanche la Commissione, fino ad arrivare ad un Europarlamento “realmente sovrano”, che poi se la vedrà con i vari parlamenti nazionali e le comunità locali.
In sostanza, si tratta di smontare i poteri degli establishment per ricostruirli nelle loro sedi democratiche. E per far questo si tratta di mettere in piedi una rete che riunisca i movimenti di protesta di sinistra di tutto il Vecchio Continente. Attenzione, però: DiEM 2025 non sarà un partito, piuttosto una “realtà pan-europea aperta anche a socialisti, verdi e liberali”.
Alla base di tutto, un vero e proprio manifesto, che con una certa ironia il settimanale tedesco “Die Zeit” ha definito “poetico”: in aperta avversione verso il dogma prevalente di populisti e similari, il Varoufakis-pensiero esalta “le straordinarie conquiste dell’integrazione europea”, che ha portato “i popoli a vivere insieme in pace”, dimostrando che “siamo in grado di costruire un sistema comune fondato sui diritti umani”, questo mentre una “alleanza di politici miopi, funzionari ingenui dal punto di vista economico ed esperti incapaci” hanno portato alla “sottomissione schiavistica delle pretese dei conglomerati finanziari e industriali”, con il rischio concreto di “pericoloso contraccolpo anti-europeo”. In lavorazione ci sono anche piani dettagliati per una nuova regolazione delle banche, per affrontare le emergenze delle crescenti povertà e dei profughi che premono ai confini interni ed esterni della Ue. Tra i primi sostenitori del “manifesto” di Varoufakis si segnalano l’economista americano James Galbraith, l’italiano Toni Negri, il laburista britannico John McDonnell, diversi esponenti di Podemos e il filosofo croato Srecko Horvat.
Qui alla Volksbuehne intanto si alternano anche esponenti del partito della sinistra cosiddetta radicale tedesca, la “Linke”, ma pure una portavoce di “Blockupy” nonché, con una certa sorpresa generale, il grande musicista britannico Brian Eno, en passant produttore di gente come U2, Talking Heads, David Bowie. In collegamento video c’è Julian Assange: “Si avvicina la fine d’Europa”, mormora costui da Londra. “Varoufakis ritorna sul ring”, titola qualche giornale. “Utopia europea”, aggiunge un altro. Ironizzava un giovane nel foyer del bel teatro berlinese fondato nel 1914: “Certo che la rivoluzione non è un pranzo di gala: si capisce anche dal prezzo d’ingresso”.