L'ultima esponente della dinastia Le Pen in questo dialogo con l'Espresso rivendica l'eredità del nonno Jean-Marie, fondatore del Front National: "Come lui, sono conservatrice. Non dimentico il meglio del passato"

Marion Le Pen
Marion Maréchal-Le Pen, 26 anni, capelli biondi e occhi nocciola, il 15 marzo sarà a Roma, dove incontrerà due leghisti, Gian Marco Centinaio e Barbara Saltamartini, capogruppo al Senato e vicecapogruppo alla Camera. Il giorno dopo si sposterà a Milano, dove vedrà Matteo Salvini e il segretario provinciale della Lega Davide Boni. Quindi la visita a Roberto Maroni, governatore della Lombardia.

Scopo del viaggio, come spiega in questa intervista con “l’Espresso”, «stringere un’alleanza europea che guardi alla Russia e combatta l’Europa dei tecnocrati e dell’immigrazione a favore dell’Europa dei popoli e delle nazioni». Obiettivo condiviso dalla zia Marine (che pure con Salvini vanta un’assidua frequentazione) e dal nonno Jean-Marie, del quale Marion rivendica la continuità politica. Eletta nel 2012 al parlamento francese col Front National a fine 2015 ha perso la corsa alla presidenza della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra. Sposata e con una figlia, è vice-presidente del partito. Di cui incarna, è la sua autodefinizione, l’anima più conservatrice.

Marion Maréchal-Le Pen, i sondaggi indicano il Front National come primo partito di Francia. Alle dipartimentali il Fn si è affermato in diverse regioni al primo turno. Al secondo, però, né lei né sua zia Marine siete riuscite a diventare presidenti a causa dell’opposizione congiunta di socialisti e centrodestra. Il primo ministro Manuel Valls ha dichiarato che una vostra vittoria porterebbe allo scoppio di una guerra civile. Il Front National fa ancora paura...
«Fa paura alle élite di destra e di sinistra che si rendono conto che sempre più cittadini ci votano e riconoscono che abbiamo avuto ragione prima di tutti. Per 40 anni abbiamo anticipato e denunciato le minacce legate all’immigrazione e all’azione dell’Unione europea. Per questo siamo stati banditi dalla classe politica e ingiustamente classificati come di estrema destra. Oggi la realtà sta dando conferma alle nostre diagnosi. E questo potrebbe portarci a vincere le presidenziali del 2017».

I flussi migratori e le tensioni ad essi legati stanno alzando la conflittualità tra i Paesi europei. Quali sono stati gli errori della Francia e dell’Europa nella gestione di questo fenomeno?
«L’arrivo massiccio di immigrati legali o clandestini ha favorito la concentrazione delle popolazioni straniere in alcune fette di territorio, provocando una vera e propria «secessione culturale» che ha reso impossibile qualsiasi forma di integrazione. I nostri governi, affascinati dal multiculturalismo, e dal “diritto alle differenze” hanno incentivato queste popolazioni ad attaccarsi alle proprie identità d’origine e a rivendicarle, piuttosto che piegarsi al modello di vita e alla cultura del Paese d’accoglienza. Inoltre l’acquisizione quasi automatica della nazionalità e i dispositivi di aiuto generosi hanno fatto dimenticare che le persone accolte hanno sì dei diritti, ma anche dei doveri».

Che misure adottereste sull’immigrazione se foste al governo?
«Elimineremmo gli aiuti troppo generosi. Ci batteremmo per uscire dall’area Schengen. Promuoveremmo leggi per espellere i clandestini e rimpatriare i criminali. Infine vorremmo fossero riviste le regole per acquisire la nazionalità».

Soluzioni radicali. Eppure i dati mostrano come una fetta importante di francesi di origine straniera voti per il Front National.
«Molti ci votano perché si sentono francesi e non vogliono restare passivi di fronte alla crescita dell’Islam radicale. Michel Houellebecq, nel libro “Sottomissione”, ha descritto una Francia che nel 2022 sarà governata dai musulmani. Questo processo è già in fase di realizzazione. Le nostre élite sono passive e complici dell’avanzata dell’islamismo. Si rifiutano di attuare controlli sui finanziamenti stranieri, di espellere gli imam radicali, di tagliare i fondi per le associazioni che promuovono tale visione dell’Islam e soprattutto di fronteggiare alcune rivendicazioni politico-religiose, come la sola vendita dei piatti halal nelle mense e gli orari separati per uomini e donne nelle piscine».

Non crede che i problemi legati all’immigrazione vadano risolti a livello europeo?
«Gli interessi dei vari Paesi sono diversi se non contrastanti. Nessuno ha la stessa cultura né gli stessi mezzi militari da mettere a disposizione, cosa che rende utopica la realizzazione di un’unica diplomazia europea. In assenza di Europa, negli ultimi 10 anni la Francia ha allineato le proprie posizioni a quelle degli Usa. Nicolas Sarkozy ha rinnegato la nostra tradizione di grande potenza che rifiuta le ingerenze esterne per farci tornare ad essere parte della Nato, abbracciando una visione interventista che ci ha portato a destabilizzare Paesi come l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia. E ha contribuito all’affermazione di gruppi terroristici. Dobbiamo smetterla di volere essere i gendarmi del mondo e di imporre modelli di vita non trasportabili in quei Paesi. Dobbiamo accettare il mondo multipolare in cui viviamo, in cui è necessario che la Russia sia un partner. Per questo dovremmo porre fine alle sanzione contro Mosca che stanno distruggendo interi settori della nostra economia».

Come porre rimedio agli interventi militari che lei giudica errati?
«Dobbiamo essere pragmatici, riconoscere per esempio che in Siria è meglio governi Bashar al Assad con un regime laico piuttosto che lo Stato Islamico, di cui la Francia è uno dei bersagli principali nonché il primo fornitore europeo di foreign fighters. Dobbiamo lavorare al fianco del governo siriano e dei suoi alleati russi. Ne va della sicurezza dei nostri cittadini». 

La maggior parte dei rifugiati siriani, però, fugge proprio dai bombardamenti delle truppe di Assad.
«Un gran numero di migranti non scappa in realtà né dalla Siria né da zone di guerra, ma sfrutta i flussi per venire in Europa dopo avere ascoltato l’invito di Angela Merkel. Le violenze di Colonia sono state compiute soprattutto da finti rifugiati magrebini. Anche alcuni terroristi in azione a Parigi il 13 novembre si erano introdotti mimetizzandosi tra i profughi. Sarebbe criminale lasciar perdurare questo sistema». 

Maréchal-Le Pen, la sua prima foto diffusa pubblicamente la ritrae tra le braccia di suo nonno. Che rapporto ha con lui?
«Molto stretto. Non sarei dove sono senza di lui. Sono un po’ come Obelix, sono caduta nella pentola della politica quando ero piccola, anche se i miei genitori mi hanno tenuto lontana dai riflettori. È a mio nonno che devo la passione politica. È lui che mi ha fatto capire l’importanza di pormi come esempio per coloro che esitano o hanno paura di lottare per il Paese».

Si sente dunque il successore politico di Jean-Marie Le Pen?
«Sì. Anche se posso avere diversi punti di divergenza con lui, sono consapevole di quello che gli devo. Ha portato avanti la lotta da solo contro tutti per decenni. Non so se avrei avuto il suo coraggio».

Suo nonno non ha mai rinunciato a posizioni radicali e conservatrici. Possiamo dunque dire che lei rappresenti la frangia più conservatrice del Front National?
«Se essere conservatrice significa conservare il meglio del nostro passato senza per quello essere anti-moderni allora sì, sono una conservatrice. Come disse Fréderic Mistral: “Gli alberi con le radici più profonde sono quelli che crescono più alti”».