Le aziende straniere potranno intervenire sulla regolamentazione dei servizi degli Stati sovrani: dalle telecomunicazioni al commercio elettronico e alla finanza. Il nodo cruciale della protezione dei dati personali

E' un accordo commerciale che ridisegnerà l'accesso ai servizi fondamentali dei cittadini italiani ed europei, di quelli americani e di paesi che vanno dalla Costa Rica al Giappone. Punta alla liberalizzazione del mercato dei servizi di ventitré potenze, su pressione di lobby e multinazionali. Dalle telecomunicazioni al commercio elettronico alla finanza, il cuore dell'economia dei paesi sviluppati verrà rimodellato. Ma l'opinione pubblica non ne avrebbe saputo nulla, se non a cose fatte, se l'organizzazione di Julian Assange non l'avesse rivelato per la prima volta due anni fa.

Oggi WikiLeaks torna a colpire, rivelando una nuova ondata di documenti riservati su questo trattato in collaborazione esclusiva con “l'Espresso” e con un team di giornali internazionali, tra cui il quotidiano francese Libération.

L'accordo è il TiSA (Trade in Services Agreement) e insieme al TTIP, il cosiddetto trattato di libero scambio Europa-Usa, è parte integrante di quel grande gioco di negoziazioni commerciali in cui è impegnata l'Europa da tre anni e che puntano a ridefinire l'economia mondiale in chiave sempre più liberista, su pressione di grandi aziende e multinazionali che non si accontentano più di aggirare le regole con cui gli stati tutelano i propri cittadini, lavoratori e consumatori, ma vogliono entrare nel processo decisionale delle nazioni, influenzandolo alla luce del sole e sfidandolo in tribunali speciali come gli “Isds”, riservati esclusivamente agli investitori internazionali.

Come il TTIP, di cui Greenpeace ha rivelato alcune porzioni appena tre settimane fa, il Tisa non è ancora in vigore: è in corso di negoziazione a Ginevra. E l'Italia partecipa ai negoziati attraverso la Commissione Europea, che tratta per tutti i ventotto paesi dell'Unione. Le nazioni che siedono al tavolo dei colloqui sono ventitré: Stati Uniti, Unione Europea, Australia, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Hong Kong, Taiwan, Islanda, Israele, Giappone, Corea, Liechtenstein, Mauritius, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Pakistan, Panama, Perù, Svizzera, Turchia. Interessi e appetiti in gioco sono enormi, perché solo negli Stati Uniti i servizi rappresentano il 75 percento dell'economia e quanto all'Europa è il più grande esportatore di servizi nel mondo con decine di milioni di posti di lavoro creati da questo settore.

NELLE SEGRETE STANZE

Visto l'impatto del Tisa su miliardi di persone, la riservatezza con cui si svolgono le trattative è uno degli aspetti controversi di questo accordo, come anche del TTIP. Considerata la gravissima crisi che attanaglia ormai da anni l'economia mondiale, distruggendo il lavoro e la vita di milioni di persone, era opportuno riscrivere le regole del mercato e dei servizi finanziari nelle segrete stanze della diplomazia? Di fatto, se non fosse stato per Greenpeace, nel caso del TTIP, e per WikiLeaks in quello del Tisa, l'opinione pubblica non avrebbe avuto alcun accesso diretto ai testi di questi trattati e quindi non avrebbe mai potuto farsi un'idea esatta di quello che viene discusso e delle diverse posizioni in gioco. Da qui l'importanza dei file pubblicati oggi dall'organizzazione di Assange, che oltre a capitoli cruciali dell'accordo, come quello sulle leggi e sui regolamenti nazionali o quello sulle aziende di stato, fanno emergere le agende con i programmi degli incontri negoziali mese per mese, i nomi dei negoziatori, il calendario di lavoro con le date, tra cui un appuntamento importante che si terrà proprio a partire da domani. Nei documenti rivelati oggi da WikiLeaks, figura anche una lettera dell'ambasciatore americano, Michael Punke, vice rappresentante per il Commercio degli Stati Uniti, che propone ai negoziatori le regole per la gestione riservata dei documenti del Tisa, che dovevano rimanere riservati per cinque anni a partire dalla data di entrata in vigore dell'accordo.

REGOLE NAZIONALI E AZIENDE DI STATO

Due dei capitoli che faranno più discutere, rivelati oggi dall'organizzazione di Julian Assange, sono quelli sulle leggi e sui regolamenti nazionali in materia di mercato dei servizi e quello sulle aziende di stato. Il primo lascia capire come il Tisa stia aprendo ad aziende e multinazionali straniere la possibilità di intervenire sul processo di regolamentazione dei servizi che ciascuno stato sovrano può darsi, in nome della protezione dei suoi interessi commerciali e sociali. Le nazioni parte dell'accordo potranno certamente darsi regole e approvare misure per disciplinare la fornitura dei servizi, ma dovranno pubblicare con il dovuto anticipo e in dettaglio queste regole. Quello che a prima vista può sembrare un giusto criterio di trasparenza per il mercato, può diventare un'occasione per le grandi aziende straniere di verificare in tempo l'impatto delle regole nazionali sui propri interessi e di intervenire su di esse.

Il testo del capitolo sulle aziende di stato precisa che queste entità dovranno «agire in accordo con considerazioni commerciali, quando si procurano o forniscono servizi». Sebbene sia previsto che le aziende di stato possano svolgere un servizio pubblico per le comunità in cui operano, e possano quindi rispondere a certe esigenze sociali tipo la fornitura di servizi accessibili anche alle classi più svantaggiate, devono comunque «accordare ai servizi di un altro stato membro [del Tisa, ndr] un trattamento non meno sfavorevole di quello che accordano ai loro» e quindi per esempio non possono dare la preferenza ai fornitori locali. A questo proposito, la professoressa Jane Kelsey della facoltà di legge della University of Auckland, in Nuova Zelanda, che ha fatto una dettagliata analisi tecnica dei capitoli del Tisa ad oggi rivelati da WikiLeaks, porta l'esempio di un'azienda di stato come può essere una tv pubblica e che in base a questo capitolo del Tisa potrà adempiere a un mandato sociale, ma non potrà dare la preferenza, ad esempio, all'acquisto di prodotti e servizi locali e della comunità in cui opera. Anche in questo capitolo sulle imprese di stato la trasparenza che, in teoria, ha una funzione benigna, può diventare un'arma a doppio taglio quando finisce nelle mani di stati e aziende concorrenti: entro sei mesi dall'entrata in vigore dell'accordo, ciascun partner del Tisa dovrà fornire agli altri una lista di tutte le sue aziende di stato con tutta una serie di informazioni su di esse, da dati banali sulla proprietà dell'impresa fino alle esenzioni e alle immunità conferite dalle leggi di quello stato alle società pubbliche nella lista.

LA PARTITA DEI DATI PERSONALI

Non meno delicati e controversi sono i capitoli del Tisa sui servizi finanziari, sul commercio elettronico e quello sulle “nuove regole applicabili a tutti i servizi”, che prevede come i paesi membri dell'accordo non possano richiedere a un'azienda straniera di avere una presenza locale sul territorio dello stato in cui vanno a vendere il servizio come condizione per la fornitura dello stesso. Di norma quella presenza può essere richiesta per beneficiare le comunità locali in termini di opportunità occupazionali, in quanto può creare posti di lavoro, e anche in termini di applicazione delle leggi che ogni stato usa legittimamente per tutelare cittadini e consumatori.

Il documento sull'e-commerce, infine, dimostra che il problema della tutela dei dati personali non è affatto risolto: il testo in discussione continua a non chiarire in che modo esattamente le informazioni più personali dei clienti che utilizzano servizi di e-commerce verranno tutelate. E fin dall'inizio delle trattative sul Tisa, i lobbisti americani che più spingono per l'accordo, la “Coalition of services industries”, non hanno fatto mistero di percepire le norme per la tutela dei dati come un grande intralcio ai loro affari, considerato che con l'avvento dell'e-commerce molti servizi vengono forniti proprio per via elettronica e quindi comportano necessariamente uno scambio importante di dati personali.

RIVELARE UGUALE AFFOSSARE?

I documenti rivelati oggi da WikiLeaks contribuiscono a tenere vivo quel minimo di dibattito pubblico sull'accordo Tisa che proprio domani entrerà in una fase importante. Come conferma a l'Espresso l'attuale relatrice dell'Unione Europea sul Tisa, Viviane Reding, «le negoziazioni stanno procedendo a passo veloce e le parti del negoziato sono impegnate a concludere le trattative entro quest'anno». L'amministrazione Usa era determinata a chiudere anche il TTIP entro la fine ormai prossima del mandato di Barack Obama, un obiettivo che però Daniel Bertossa, direttore delle politiche di “Public Services International” - una grande federazione globale di sindacati che rappresentano 20 milioni di lavoratori dei servizi pubblici di 150 paesi - giudica come veramente irrealistico. Anche sul Tisa, Bertossa è scettico che possa essere chiuso entro quest'anno, tanto da definire questa possibilità come «irrealisticamente ottimistica», aggiungendo però che «il nuovo round di negoziazioni che inizia questa settimana dovrebbe farci capire che progressi si stanno facendo: siamo in una fase importante».

Dopo la rivelazione da parte di Greenpeace di alcuni capitoli del TTIP, c'è chi ha gridato al complotto: i testi venivano resi pubblici per affossare le trattative, secondo i critici di Greenpeace. Le rivelazioni di WikiLeaks sul Tisa hanno suscitato reazioni e commenti analoghi. E poco importa discutere quello che si ha davanti: un trattato che potrà cambiare la vita e il lavoro di miliardi di persone e di cui si sarebbe saputo veramente poco senza le fughe di documenti di WikiLeaks. La polemica è, come sempre, su quello che c'è dietro, non sugli appetiti pantagruelici dei signori del mercato che abbiamo davanti.