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L’impianto nucleare, che si trova a una decina di chilometri dalla città, somiglia così tanto a quello esploso nel 1986 in Ucraina che è stato scelto dalla Hbo per girarci la miniserie intitolata appunto “Chernobyl”: simili l’ambiente, le macchine, le stanze, i corridoi. Qui però, per fortuna, le cose sono andate meglio: nessun incidente, anzi la centrale ha continuato a funzionare per anni anche dopo la catastrofe della sua gemella; e, dissolta l’Unione Sovietica, forniva ancora il 70 per cento della domanda di energia della Lituania indipendente, vendendone anche a Bielorussia e Lettonia. Era poi una fonte di lavoro importante, con stipendi più alti della media, tanto da attirare operai, tecnici e professionisti da tutta l’ex Urss e non solo: tanto che ancor oggi la città è un melting-pot etnico, con una popolazione di 42 nazionalità diverse tra cui minoranze come i Tatari o i discendenti dell’antica tribù baltica dei Selonici.
Dieci anni fa, tuttavia, il governo di Vilnius ha capitolato di fronte alla richiesta dell’Unione Europea (in cui il Paese era da poco entrato) di chiudere quel mausoleo dell’energia risalente ai tempi del comunismo e così simile al simbolo della maggiore tragedia atomica mai avvenuta. Rimasta inattiva, la centrale è però ancora lì: migliaia di persone che ci lavoravano se ne sono andate da Visaginas (è emigrato circa un terzo della popolazione, rispetto agli “anni d’oro”), altre invece sono rimaste per la dismissione, che non è operazione semplice e durerà un’altra decina di anni.«Avevamo una madre, la centrale nucleare, e ora non ce l’abbiamo più. Per una città che ha solo 40 anni di vita, che è come un bambino, questo è un bel problema», ci spiega Alex, 36enne artista e fondatore del centro culturale Tochka (Il Punto), il principale luogo di ritrovo giovanile in città, adornato da graffiti e opere d’arte di vario genere. «Gli abitanti di Visaginas si sono sentiti abbandonati dal governo di Vilnius dopo la chiusura dell’impianto e tutta la nostra vita adesso è in questo vuoto. Sì, siamo una città che vive ogni giorno il senso di vuoto».
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Oleg, un ingegnere informatico trentenne trasferitosi a Vilnius, ricorda con orgoglio gli anni in cui l’impatto della centrale nucleare si faceva sentire positivamente anche sul costo della vita, a Visaginas: «Nel periodo di massimo sviluppo c’erano molti vantaggi per noi residenti qui: i costi dell’elettricità e del riscaldamento, ad esempio, erano più bassi e la città ha avuto l’accesso a Internet prima di qualsiasi altro posto in Lituania», dice. Anche lo stipendio medio dei lavoratori della centrale era più del doppio rispetto al resto del paese in tutto l’ultimo decennio del secolo scorso. La qualità dello studio delle materie scientifiche era infine molto alta, grazie alla presenza di molti scienziati e professori che avevano iniziato anche a insegnare nelle scuole locali.
Ora la centrale è spenta, mostro di cemento dormiente, appoggiato al lago Drukšiai le cui acque servivano al raffreddamento dei reattori. Appena più a est, il confine con la Bielorussia, a nord quello con la Lettonia. Tutto intorno, una distesa infinita di boschi, aree protette, altri laghi glaciali dal colore blu intenso, con tracce molto rare di presenza umana.
Di qui, l’idea di provare a rovesciare il destino di Visaginas facendone una meta turistica naturalistica ed ecosostenibile. A questo pensa ad esempio Anton, uno dei tanti “millennial” che hanno vissuto in contemporanea la chiusura della centrale nucleare e la crisi economica. «Dopo la fine delle scuole superiori, come tanti, ho lasciato Visaginas per andare a vivere all’estero e sono emigrato a Manchester. Nel 2015 però sono tornato per tentare un’attività turistica qui assieme a mia moglie. Abbiamo aperto una guest house e ho proposto per la prima volta visite guidate nella natura che circonda la città», racconta Anton. La regione si adatta benissimo a molte diverse attività, sia d’estate sia d’inverno: dalle escursioni fra le foreste di pini ai più avventurosi percorsi con le fat bike tra le colline fino ai tour in canoa in uno dei tanti laghi della regione storica dell’Aukštaitija (che letteralmente significa “terre alte”). E la speranza dei ragazzi di Visaginas ora è questa, magari aiutata anche da un altro tipo di turismo: quello di chi viene a visitare la ex centrale dopo aver visto la serie tv che è stata girata qui.Altro aspetto della “città atomica” - che ha contribuito a renderla viva anche negli anni più difficili - è la passione per lo sport. In un comune di 18 mila abitanti è impressionante il numero di discipline che vengono praticate e l’84 per cento del bilancio cittadino è destinato a questo: tutte le scuole materne, ad esempio, hanno piscine gratuite. L’uomo-simbolo dello sport di Visaginas è Jevgenij Shuklin, trentatreenne campione canoista (e consigliere comunale della città) che ha vinto più di cinquanta medaglie tra mondiali, europei e altre competizioni. Jevjenij è ottimista per il futuro della sua città: «Assieme ad altri giovani professionisti abbiamo creato il movimento politico “Visaginas siamo noi” che ha l’obiettivo di proporre idee innovative. La nostra città è la più giovane della Lituania e secondo me c’è ancora un enorme potenziale grazie a un buon numero di professionisti e scienziati che vivono tuttora qui. E c’è una vitalità che inizia a esprimersi proprio ora che siamo rimasti orfani della centrale».
Già, la centrale. Ancora duemila persone lavorano allo smaltimento delle scorie e allo smantellamento dei due reattori. E c’è un progetto comunale che prevede il recupero dei suoi spazi per farne un enorme data center: sul posto possono essere installate fino a 50 mila matrici di archiviazione dati che renderebbero la Lituania uno dei più avanzati fornitori di servizi di immagazzinamento di dati in Europa. Del resto questo è un Paese che da almeno vent’anni ha sposato entusiasta la rivoluzione digitale, non esiste posto che sia privo di connessione e gli ingenti investimenti nelle tecnologie hanno portato la Lituania tra i leader mondiali nella fornitura di connessione wireless pubblica veloce.Ecosostenibilità, foreste, laghi, sport, ricerca scientifica, data center e digitalizzazione: così Visaginas cerca di rinascere e di trovare un’identità lontano dallo spettro nucleare. E dimenticando il contatore di radiazioni rimasto lì, davanti al municipio, a ricordare i tempi oscuri della “città atomica”.