Il potere e i capitali dei colossi della Silicon Valley influenzeranno la presidenza, che non può ignorare però la concorrenza cinese in questo settore

Joe Biden
Nel 2014, l’allora vicepresidente Biden sfidò i cadetti dell’accademia aeronautica: «Ditemi un solo progetto innovativo, un solo cambiamento innovativo, un solo prodotto innovativo venuto dalla Cina».

Non sappiamo se Biden abbia fatto quelle affermazioni per distrazione o per ragioni tattiche. Di sicuro sappiamo che, da presidente, si confronta con un altro mondo. Oggi la tecnologia è l’arena principale dello scontro tra Pechino e Washington, oltre a essere al centro di un conflitto interno, politico e sociale.

Lo scontro con la Cina non è materia di contrasto per un Congresso dove Biden non avrà le mani libere. Da presidente potrebbe appropriarsi di alcuni progetti di legge già in discussione negli ultimi anni, per sostenere la ricerca di base e il trasferimento tecnologico. Per rivendicare un’impronta, l’amministrazione potrebbe proporre alcuni piani di settore. In primo luogo, le biotecnologie: verso “il” vaccino, dopo l’annuncio di Pfizer e BioNTech, ma non solo. Non dobbiamo dimenticare l’importanza della lotta al cancro per la storia personale di Biden, con l’enorme impatto della perdita del figlio Beau e le azioni sulla ricerca medica avviate già con Obama. Biden proverà a sostenere la leadership biotecnologica degli Stati Uniti, a tutto tondo.

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Questo deve essere lo sforzo nazionale, il “moonshot”, come si dice riprendendo l’immaginario dell’impresa spaziale. Lo stesso spazio sarà un ambito di riferimento, nella nuova era che Biden si trova davanti: pensiamo agli avanzamenti di SpaceX, che quest’anno ha riportato con la bandiera americana gli astronauti sulla Stazione Spaziale Internazionale. Trump nel suo mandato ha avviato le forze spaziali degli Stati Uniti, in uno scenario di crescente militarizzazione. Biden non dissolverà le nuove forze spaziali ma concentrerà le sue energie e la sua retorica sulla new space economy, la promessa di un’economia trainata dai servizi spaziali. Punterà soprattutto sull’osservazione della terra per accompagnare la transizione energetica. Anche sulla sostenibilità, la figura di Elon Musk sarà centrale. Viviamo già in un mondo in cui Tesla è la prima impresa automobilistica per capitalizzazione e dove i giganti petroliferi americani indietreggiano rispetto alle imprese delle rinnovabili. Ma gli Stati Uniti debbono governare meglio la filiera dell’energia e dell’elettrificazione, altrimenti la “base industriale della sostenibilità” sarà dominata dalla Cina e da altre potenze asiatiche. Prepariamoci ai discorsi in cui Biden legherà le batterie alla sicurezza nazionale.

Infine, quali saranno i rapporti con le principali aziende digitali degli Stati Uniti, le cosiddette Big Tech? Secondo un’analisi di Wired, il 95 per cento dei contributi elettorali dei dipendenti di Alphabet, Amazon, Apple, Facebook, Microsoft e Oracle sono andati ai Democratici. Il rapporto con Big Tech caratterizzerà le diverse anime democratiche, in modo conflittuale. Soprattutto per quanto riguarda le indagini antitrust su abusi ed eccessi del potere dei giganti digitali. Si scontreranno i nemici (i nuovi “trustbusters”) e i moderati, che puntano a piccoli correttivi per non inimicarsi i “giganti”. 

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6/11/2020
La potenza di fuoco (in soldi e capacità) delle aziende digitali degli Stati Uniti non può essere sottovalutata da nessuno. Biden avrà il dilemma di attaccare questo potere senza eroderlo. Chi propone un approccio all’antitrust capace di spezzare i monopoli come avvenuto con AT&T negli anni ’80, come il giurista Tim Wu, sottovaluta che stavolta è diverso, perché c’è la Cina di mezzo. È difficile pensare che Biden, che sull’attrazione dei talenti internazionali praticherà una politica in discontinuità rispetto a Trump, voglia sferrare un attacco decisivo alla Silicon Valley. Potrebbe limitarsi ad aspettare, nei quattro anni che ha davanti. Oppure, potrebbe offrire lo “scalpo” di una forte azione verso uno dei simboli di Big Tech (Facebook?), per appagare i Democratici che sostengono più di lui la rinascita dell’antitrust.