Turchia
Il pugno di ferro di Erdogan contro diritti e opposizioni per recuperare consensi
Dopo aver deciso l’uscita dalla Convenzione di Istanbul, il presidente turco cerca di eliminare dalla scena il partito filocurdo Hdp: interdetti 687 membri, rischia la messa al bando. Il deputato Gergerlioğlu arrestato dentro il Parlamento e portato via in pigiama
La catena della repressione in Turchia sembra non avere limite. Dopo la richiesta della messa al bando del terzo maggior partito del paese, il Partito democratico dei popoli (HDP), di sinistra libertaria e filocurda, vi è stata l’interdizione di 687 suoi membri dall’esercizio dell’attività politica perché accusati di sostegno al terrorismo. Poi il governo turco ha annunciato l’uscita, per decreto presidenziale, dalla Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e sulla lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, ratificata dalla Turchia il 14 marzo del 2012 dopo averla sottoscritta l’11 maggio del 2011.
La Corte costituzionale esaminerà il caso della richiesta di chiusura dell’HDP il 31 marzo e nello stesso giorno verrà esaminata la domanda di Ömer Faruk Gergerlioğlu, parlamentare di questo partito a cui è stato tolto il seggio e che ora rischia di finire in prigione.
Erdoğan sembra convinto, col suo alleato Devlet Bahçeli, che potrà arrestare la sua emorragia di consensi coltivando l’elettorato di estrema destra nazionalista e quello dell’islamismo più radicale ed eliminando dalla scena politica ed elettorale il più insidioso partito d'opposizione, l’HDP.
Il presidente turco, come è noto, dal 2018 non ha la maggioranza assoluta in Parlamento: dunque ha bisogno del suo prezioso alleato di estrema destra e gli ha offerto su un piatto d'argento la testa dell'HDP. Era stato infatti il leader del Partito del movimento nazionalista (MHP), Devlet Bahçeli in persona, a inoltrare presso la Corte suprema la richiesta di messa in stato d’accusa dell’HDP; ora la Corte costituzionale dovrà decidere, a maggioranza dei due terzi, se scioglierlo o meno.
Se lo facesse, l’HDP sarebbe l'ottavo partito filocurdo ad essere chiuso.
Secondo l’atto d'accusa si chiede lo scioglimento dell'HDP a norma dell'articolo 68 della Costituzione, perché ritenuto antidemocratico in quanto accusato di rappresentare il braccio politico del partito fuorilegge dei lavoratori del Kurdistan (PKK) ritenuto un’organizzazione terroristica oltre che dalla Turchia anche dagli Stati Uniti e dell’Unione europea.
Bahçeli sembra il "leader ombra" della Turchia, dopo aver "intrappolato" Erdoğan in un angolo con accanto gruppi di potere politico-affaristici, corrotti e vicini a ideologi dell’estremismo di destra-nazionalista, come quella dei Lupi Grigi con basi ideologiche nell’estrema destra panturanica, xenofoba e antioccidentale.
Il leader turco appare sempre più allo sbando, in piena difficoltà, soprattutto per la grave crisi economica che sta attraversando la Turchia.
Logorato e indebolito da diciotto anni di potere, il Presidente è anche alle prese con una faida interna al suo partito che ha vissuto già due scissioni con la fuoriuscita di leader storici e fondatori e non sembra più in grado di concepire e dettare una sua agenda e una sua strategia.
Ecco perché si affida, oltre che al MHP, anche al piccolo partito anti NATO, Vatan Partisi (Partito della Patria) e a circoli del nazionalismo estremo, a quelli islamisti e agli eurasisti che guardano alla Russia e alla Cina. Tutte correnti, che seppur elettoralmente marginali, hanno non poca influenza nella società turca, dal momento che, dopo il tentato golpe del 2016, sono tornate ad occupare posizioni di rilievo, in particolare nelle Forze armate, e controllano gangli vitali delle istituzioni del Paese.
I primi giorni di primavera in Turchia sono stati segnati da scene che ricordano i terribili anni '90 quando la repressione contro i curdi assunse proporzioni impressionanti.
L’arresto avvenuto in Parlamento del deputato dell’HDP, Ömer Faruk Gergerlioğlu, ha ricordato la detenzione di parlamentari curdi eletti tra le file dell’allora Partito socialdemocratico (SHP) colpevoli di aver giurato in Parlamento in lingua curda il 6 novembre 1991.
Tra questi vi furono Orhan Doğan, Leyla Zana, premio Sakharov nel 1995, che persero lo status di parlamentari e il 2 marzo del 1994 furono arrestati.
Dopo 27 anni un altro parlamentare eletto nel partito di sinistra filocurda viene arrestato in Parlamento e ciò rivela come l'approccio della Turchia alla questione curda sia rimasta dopo tanti anni immutato.
Gergerlioğlu, fervente musulmano, tenace attivista dei diritti umani, si è visto privato del suo seggio parlamentare il 17 marzo, per aver condiviso nel 2016 sui social media un articolo sul PKK. Sebbene il suo post non includesse alcun incitamento alla violenza, a febbraio la corte d'appello ha confermato la condanna del 2018 a due anni e sei mesi di prigione con l’accusa di «aver svolto propaganda per un'organizzazione terroristica».
Con una mossa senza precedenti, Gergerlioğlu ha deciso di adottare una forma di lotta nonviolenta e si è rifiutato di abbandonare gli uffici del Parlamento occupando la stanza del gruppo parlamentare del suo partito.
«Nessuno può cacciarmi via dal Parlamento perché sono stato mandato qui da novantamila elettori», ha dichiarato alla stampa Gergerlioğlu.
Ha trascorso quattro notti nel suo ufficio parlamentare, ma all'alba del 21 marzo, un folto gruppo di agenti di polizia ha fatto irruzione nella sua stanza e lo ha arrestato. Gergerlioğlu era in pigiama e da osservante musulmano si preparava alla preghiera del mattino.
Non indossava scarpe né abiti e non gli è stato permesso di vestirsi.
"Fatemi prima pregare, poi mi vesto e vengo con voi", aveva implorato, ma le sue richieste sono state respinte.
È stato portato nel quartier generale della polizia in pantofole e canottiera.
Dopo qualche ora è stato liberato ed è in libertà condizionale.
Il 2 marzo 1994, Orhan Doğan fu arrestato assieme ad altri deputati curdi in modo analogo: la polizia entrò in Parlamento, circondò il gruppo di parlamentari, li trascinò fuori e li caricò con forza nella volante. La foto di quell’arresto con la polizia nell’aula parlamentare diventò in seguito un simbolo dell'approccio della Turchia alla questione curda.
E ora, 27 anni dopo, anche questa foto di Ömer Faruk Gergerlioğlu, in pantofole e in canottiera, mostra che dopo più di un quarto di secolo, l’approccio turco alla questione curda non è per nulla cambiato.
Gergerlioğlu è uno dei più prestigiosi attivisti per i diritti umani del paese, vittima della persecuzione post tentato golpe del 2016, quando fu raggiunto dai famigerati decreti KHK varati durante lo stato di emergenza, la sua carriera di prestigioso medico pneumologo fu distrutta. Licenziato dall’ospedale e ridotto in condizione di indigenza, fu accusato di sovversione contro i poteri dello stato per un suo tweet in cui proponeva la ripresa del dialogo col PKK. Ha impegnato tutta la sua vita al servizio dei diritti dell’uomo. Sua moglie si è ammalata gravemente e l’HDP nel 2018 lo ha candidato alle elezioni parlamentari, dove è risultato eletto.
La sua attività filantropica si era concentrata sui diritti dei detenuti, fino a rappresentarne la voce, la voce dei senza voce, dei prigionieri, dei dimenticati nelle carceri turche.
È stato anche perseguitato per aver denunciato, sempre su Twitter, episodi di tortura avvenuti prevalentemente contro alcune detenute nelle carceri e nei commissariati di polizia.
Per questo pende su di lui anche l’accusa di aver fomentato l’odio e di aver diffamato le istituzioni dello stato.
L’arresto di Gergerlioğlu era scattato dopo le dichiarazioni del leader del MHP Bahçeli che lo aveva additato come «un separatista impegnato in attività illegali, uno spregevole individuo da rimuovere dal Parlamento con urgenza».
Oggi, centinaia di membri dell'HDP sono dietro le sbarre con accuse legate al terrorismo, una pratica, questa, preferita dal governo per mettere a tacere i curdi.