Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite potrebbe non rinnovare l’accesso agli aiuti umanitari, fondamentali per i profughi nel nord del paese. Medici Senza Frontiere: «Abbiamo cibo e medicine solo per altri tre mesi»

L’incubo della guerra in Siria non sembra aver fine. Non bastavano i combattimenti, le bombe, i morti e gli sfollati. Nei prossimi mesi potrebbero essere non meno di quattro milioni le persone che rischiano di perdere gli aiuti umanitari internazionali, fondamentali per il loro sostentamento, nel nord-ovest del paese. Uomini, donne e bambini che potrebbero rimanere senza cibo e medicine. Il 10 luglio, infatti, scade la risoluzione sugli aiuti transfrontalieri (UNSCR 2533) che garantisce l’accesso agli aiuti tramite un valico di frontiera. E il suo rinnovo è in bilico. L’allarme lo lancia Medici Senza Frontiere in un documento dal titolo “Milioni di vite in gioco”.

 

In maniera annuale, dal 2014 al 2019, erano stati autorizzati quattro varchi: Bab al-Salama, Al-Yarubiyah, Al-Ramtha e Bab al-Hawa. Nel dicembre di due anni fa, però, Russia e Cina hanno messo il proprio veto nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha il compito di valutare e garantire la risoluzione. Così facendo, ben tre di questi passaggi ufficiali sono stati chiusi, con la sola esclusione di quello di Bab al-Hawa, rimasto attivo. Il Consiglio è tenuto a decidere se rinnovarne ancora l’accesso, ma il tempo stringe e la data del 10 luglio si avvicina. 

 

Il pericolo è quello di far peggiorare una crisi umanitaria senza precedenti che in Siria va avanti da più di dieci anni. E nel mezzo di una pandemia gli aiuti interdetti avrebbero un impatto ancora più grave. Le strutture sanitarie e i centri ospedalieri faticherebbero a ricevere i medicinali necessari alle cure quotidiane ma anche quelle relative al Covid-19: le riserve di bombole di ossigeno, i ventilatori, le mascherine e gli stessi vaccini che lentamente stanno raggiungendo anche quelle parti di mondo spesso dimenticate. 

 

Un quadro che viene illustrato in maniera tragica da Abdulrahman M., Coordinatore del progetto MSF in Siria: «Il valico di frontiera di Bab al-Hawa è attualmente l’unica via di sopravvivenza per il governatorato di Idlib, nel nord ovest della Siria. Con la chiusura di questo valico si metterebbe a rischio la vita di molte persone. […] non saremmo più in grado di curare i pazienti e le forniture di cui disponiamo attualmente possono bastare solo per altri tre mesi». Ma, come scritto in precedenza, il problema non sono solo i medicinali, ma proprio i beni di prima necessità. «Se si bloccheranno anche i rifornimenti di cibo e acqua potabile, malattie ed epidemie colpiranno la popolazione locale e gli sfollati interni, […] oggi completamente dipendenti dagli aiuti umanitari».

 

Il paese è in ginocchio anche a causa delle sanzioni che colpiscono la popolazione in tutte le aree. Per le Nazioni Unite, l’80% della popolazione rimane al di sotto della soglia di povertà mentre la percentuale di bambini che dipendono fagli aiuti umanitari raggiunge il 90%. E lo sforzo di MSF nella zona è fondamentale, supportando otto ospedali, 12 centri di primo soccorso, cinque ambulanze e 14 cliniche mobili che servono più di 80 campi di sfollati. Per questo l’organizzazione chiede ai membri permanenti e non permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di rinnovare la risoluzione e di ripristinare due degli altri valichi precedentemente attivi: Bab al-Salam e Al-Yarubiyah. 

Tra qualche giorno si saprà se il mondo girerà nuovamente le spalle, ignorando e lasciando inascoltato il grido di milioni di vite umane.