Dopo avergli vietato di fare sport, il governo dei talebani ha fissato i paletti per lo studio. Nella conferenza stampa di domenica 12 settembre il ministro dell'Istruzione Abdul Baqi Haqqani ha detto che le donne potranno continuare ad andare all'università. Ma i corsi non saranno misti e, guarda un po', saranno tenuti solo da docenti di sesso femminile. Haqqani ha poi aggiunto che bisognerà coprire il capo, senza fornire però ulteriori specifiche.
Il giorno prima alcune donne avevano preso parte a una manifestazione a sostegno delle limitazioni poi annunciate dai talebani, sfilando avvolte in burqa neri fino all'università di Kabul. «Supportiamo l'Emirato islamico dell'Afghanistan», avevano scritto sui cartelli. Alcune stringevano tra le mani anche la bandiera bianca e nera degli esponenti del regime.
L'iniziativa ha dato vita a un'altra protesta, anch'essa fatta dalle donne e con al centro l'abbigliamento, però diffusa nell'agorà virtuale. Grazie all'hashtag #DoNotTouchMyClothes, decine e decine di afghane hanno postato sui social network foto che le ritraevano con i loro vestiti tradizionali. Realizzati con stoffe colorate, corpetti variopinti e tessuti di pregio. A indicare che no, la storia del Paese non ha nulla a che fare con le vesti nere da cui a malapena si intravedono gli occhi.
«Questa è la nostra cultura», ha twittato Bahar Jalali, fondatrice del primo programma di studi di genere in Afghanistan e promotrice dell'iniziativa. Sono le parole che ha scelto per commentare l'immagine che la ritrae con uno stupendo abito rosso e verde. «Ho pubblicato la foto per informare, educare e contrastare la cattiva informazione che propagandano i talebani», ha poi aggiunto.
Ha fatto la stessa cosa anche Peymana Assad, una politica del partito Laburista nata però a Kabul: «Il nostro modo di vestire non c'entra nulla con quello che il regime vuole imporci di indossare», ha dichiarato.
Molte altre hanno seguito l'iniziativa, rispondendo così alle imposizioni dei talebani. E rivendicando le proprie tradizioni, come nel caso della giornalista Tahmina Aziz: «Metto questo abito con orgoglio, non ha nulla a che fare con le immagini che avete visto nei giorni scorsi».
Quella di indossare vestiti colorati non è una scelta isolata. La professoressa Weeda Mehran dell'Università di Exeter – nel Regno Unito – ha infatti dichiarato al quotidiano britannico Telegraph che i burqa sono più che altro «una copia di altri gruppi terroristici come al-Qaeda e Isis poi esportati dagli estremisti».
«È importante ricordare che la nostra cultura va oltre l'abbigliamento. È fatta anche di poesia, musica, arte e sport», ha scritto Aziz sul suo profilo Twitter. Attività che il governo talebano ha già vietato o limitato. E purtroppo non sarà una campagna social a riportarle in vita.