I repubblicani pensavano di uscire trionfanti dalle elezioni di Midterm, ma i dem hanno retto bene. E ad uscirne rafforzato è stato anche il governatore della Florida Ron DeSantis, possibile avversario dell’ex presidente alle primarie

Le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti sono una sorta di referendum sulla Casa Bianca, con il partito di opposizione che tradizionalmente (è sempre accaduto negli ultimi venti anni) conquista o riconquista il Congresso. Martedì 8 novembre i leader repubblicani hanno atteso l’esito del voto nella convinzione (suffragata dai sondaggi e dalla grande maggioranza degli opinionisti) che la tradizione sarebbe stata ampiamente rispettata e che l’unica incertezza era su quanto ampia sarebbe stata la “valanga rossa” (il colore del Grand Old Party).

 

Non è andata così. Con l’affluire dei risultati si è visto come Mid Term abbia scosso le aspettative del Gop e sorpreso gli stessi democratici, i cui timori di un crollo totale al Congresso si sono rivelati infondati. I repubblicani diventano maggioranza alla Camera dei Rappresentanti (stando a proiezioni e primi risultati, per quelli definitivi serviranno giorni) ma meno nettamente di quanto sparavano, e al Senato le cose sono andate diversamente, anche grazie al seggio conquistato dai democratici nella “battaglia della Pennsylvania” dove erano scesi in campo ben tre presidenti (Obama, Trump e Biden), anche se forse bisognerà attendere il ballottaggio di dicembre in Georgia per avere certezze.

Usa
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9/11/2022

Per Joe Biden i prossimi due anni saranno difficili. La perdita della Camera lo renderà un po’ “anatra zoppa” (come da lessico politico Usa), far passare leggi a lui care sarà più complicato ma al Senato potrebbe avere una sponda importante per gestire galleggiando gli ultimi due anni di mandato. Due anni che serviranno ai democratici anche per selezionare un possibile candidato forte (sulla ricandidatura di Biden ci sono molti dubbi, legati all’età, alle condizioni fisiche e alla bassa popolarità) per le presidenziali del 2024.

 

La corsa alla prossima Casa Bianca sarà fra due anni, le primarie inizieranno nel febbraio 2024, ma la campagna elettorale di fatto avrà inizio già martedì prossimo, quando Donald Trump annuncerà la sua candidatura. Per l’ex presidente i risultati delle elezioni di metà mandato sono in chiaroscuro. Ha avuto un grande successo sul numero dei candidati suoi fans (oltre cento) che sono stati eletti al Congresso, il suo protetto J.D. Vance ha vinto il seggio del Senato in Ohio (uno Stato decisivo) ma ha subito una cocente sconfitta in Pennsylvania e ha visto vincere in Georgia il Governatore e il Segretario di Stato repubblicani che lui considera nemici giurati per non aver obbedito ai suoi ordini e dichiarato nulle le elezioni del 2020. Soprattutto ha visto rivincere in Florida il Governatore Ron DeSantis (da lui ignorato e a volte insultato), il repubblicano che non ha mai nascosto le sue mire presidenziali e che viene considerato come il suo più accreditato rivale per le primarie del Grand Old Party.

 

Con questi risultati l’America resta profondamente divisa, già proiettata sul 2024, ma in grado di resistere all’ondata conservatrice su temi come i diritti, il clima, le questioni di genere. In diversi referendum locali gli elettori (grazie ad un’alta affluenza delle donne) hanno difeso il diritto all’aborto e hanno chiesto più restrizioni sulla vendita di armi. In Florida, grazie alla mobilitazione giovanile è stato eletto un democratico 25enne, primo deputato della generazione Z ad entrare al Congresso.